Marco Buticchi - Profezia
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- Название:Profezia
- Автор:
- Издательство:Longanesi
- Жанр:
- Год:2000
- Город:Milano
- ISBN:978-88-304-1651-2
- Рейтинг книги:4 / 5. Голосов: 1
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Il lunedì prima sarebbe andato nel negozio di liquori di Little Italy e avrebbe effettuato una giocata normale. Poi si sarebbe servito del suo terminale «clonato» per trasmettere la scheda con tutte le combinazioni, utilizzando gli stessi numeri identificativi del tagliando rilasciatogli dalla ricevitoria.
Dopo di che avrebbe avuto tutto il tempo di cancellare la giocata «legale» dalla memoria del computer della US Gambling, sostituendola con quella falsa. Avrebbe poi creato alcuni errori ad hoc nella trasmissione, in modo da non permettere al computer dello spoglio di leggere immediatamente la schedina. Quindi l’apparecchiatura avrebbe riconosciuto una combinazione vincente, ma senza riuscire a «vedere» la giocata.
A quel punto gli addetti federali presenti a ogni estrazione avrebbero richiesto l’intervento di un tecnico dei computer. E a lui, per vincere una fortuna, sarebbe bastato inserire un dischetto già preparato con i numeri appena estratti e i dati della schedina giocata nel negozio di liquori.
Il programma che aveva elaborato avrebbe addomesticato i dati sul disco ottico dello spoglio come quelli nella memoria del computer centrale. Infine avrebbe falsificato il tagliando servendosi del terminale «clonato» nella sua abitazione e, tramite una semplice connessione telefonica, avrebbe modificato la giocata effettuata nella ricevitoria, facendola risultare del tutto identica alla schedina vincente.
Sentendo squillare il telefono, Pat trasalì. Nessuno conosceva il suo attuale domicilio, tranne l’azienda per cui lavorava e, come sempre, sua madre.
«Ti ho beccato anche questa volta», si sentì dire da Derrick Grant. «Tua madre è veramente preziosa. Come va? È tanto che non ci sentiamo.»
«Me la cavo, Derrick. Ma a che cosa devo…»
«Ti propongo una rimpatriata tra vecchi amici. Una splendida crociera nel Mediterraneo con la Queen of Atlantis , hai in mente? Vengono anche Maggie, suo marito e Annie. Più il sottoscritto, ovviamente. Ti va l’idea?»
Pat rimase un attimo in silenzio. L’idea gli andava, eccome. Se il suo piano funzionava, era meglio togliersi dai piedi per un po’. Quanto all’eventualità che non funzionasse… be’, preferiva non pensarci.
Castello di Valnure. Giugno 1999
Paola sarebbe arrivata quella sera, e Gerardo pregustava con impazienza il piacere della sua presenza.
Sapeva di essere buffo, così indaffarato in cucina, con un grembiule di Giacomo, ma da quando il suo sfortunato maggiordomo era stato ucciso, non aveva più voluto personale fisso in casa, accorgendosi presto che riusciva a farcela lo stesso. Gli bastava la moglie del portiere, che saliva ogni mattina a fare le pulizie, lavare e stirare.
Il rumore dell’auto nel vialetto lo fece affacciare alla finestra. Paola portava un abito leggero color corda che esaltava le sue forme.
A metà della cena lo mise al corrente di un suo progetto. «Mi hanno offerto un ingaggio su una nave da crociera.»
«Ti sembra opportuno, adesso che ti vogliono diverse televisioni?»
«Be’, Gerardo, è la Queen of Atlantis , la nave passeggeri più grande e lussuosa del mondo. E dovrei esibirmi poche volte durante una magnifica crociera di quindici giorni nel Mediterraneo. Mi pagano benissimo.»
« Queen of Atlantis… Ah, sì, ne ho letto qualcosa», replicò Gerardo, facendo una breve pausa, pensoso, e poi continuando: «Sì, forse, non è una cattiva idea».
«Non ho ancora deciso niente. Ho preso tempo. Dovrei imbarcarmi a Venezia e sbarcherei quindici giorni dopo a Genova.»
«Fammi sapere. Una breve vacanza non mi farebbe male.»
«Vuoi dire che verresti anche tu?» chiese Paola sgranando gli occhi. Quindi si alzò di scatto dalla tavola e gli gettò le braccia al collo.
«Se non ti dispiace. Penso che qualche giorno di relax mi farebbe staccare dal peso dell’amministrazione di ristoranti.»
«Dispiacermi? Stai scherzando?» esclamò Paola, accarezzandogli la nuca con dolcezza. «Ne sarei felice. Ti farò sapere entro pochi giorni che cosa ho deciso. Devo soltanto avere conferma dello spostamento di alcune registrazioni per una televisione.»
Mediterraneo. Maggio 1313
Luigi di Valnure era salpato con una tozza imbarcazione da carico, lunga poco meno di trenta passi e larga dodici, con un albero massiccio e una vela sudicia, rammendata in più punti.
La comandava Aniello, un abile marinaio-mercante di Amalfi rimasto fedele all’Ordine, unitosi alla flotta fuggita da La Rochelle e restato in Scozia. Un uomo fidato, gli aveva detto Bertrand. Aniello era infatti il suo occhio discreto sugli avvenimenti del mondo: aveva continuato a raggiungere il Mediterraneo per i suoi commerci e portava in Scozia tutte le notizie che riusciva a raccogliere.
La nave diede finalmente fondo alla foce di un fiume, che l’amalfitano spiegò a Luigi essere il Magra. Valicando le montagne che si vedevano in lontananza, il giovane avrebbe raggiunto con la sua famiglia la pianura tra Parma e Piacenza.
Aniello e la sua nave, intanto, avrebbero effettuato qualche operazione di piccolo cabotaggio costiero, tornando nel luogo dello sbarco esattamente dopo trenta giorni. Luigi avrebbe avuto così il tempo di raggiungere il castello di famiglia con Shirinaze e Lorenzo e, dopo averli affidati al padre, ripartire per la sua missione a Rodi.
Prima di spronare il cavallo, Luigi guardò Shirinaze. La terribile esperienza vissuta l’aveva indurita, ma il suo spirito era molto migliorato dalle prime notti di libertà, quando passava lunghe ore a piangere. Davanti a lei sulla sella c’era Lorenzo, con il suo visino incorniciato da riccioli neri. Luigi si chiese come avrebbe fatto a vivere senza di loro.
I due cavalli si avviarono lentamente sulla Via Francigena dei pellegrini.
Al sesto giorno di viaggio, vedendo il castello comparire finalmente nella bruma mattutina, Luigi si sentì invadere da un’intensa euforia. Istintivamente spronò il cavallo che, dopo giorni al passo o al trotto lento, sembrava non aspettare altro.
Il ponte levatoio era abbassato. Le guardie che presidiavano l’ingresso li fermarono. «Chi siete e che cosa volete?» chiese il loro capo, scrutando quasi con sdegno il colore della donna e del bambino.
«Sono Luigi di Valnure, e questa è la mia famiglia. Chiama mio padre.»
Pochi istanti più tardi si udì un gran trambusto, e la voce ancora tonante del conte di Valnure che gridava: «Mio figlio Luigi? Dov’è? Che io lo abbracci!»
Subito dopo Lorenzo di Valnure uscì nella corte, correndo verso il figlio, che cinse in un abbraccio carico di affetto paterno. Quindi si rivolse alla donna e al piccolo, senza manifestare alcuna emozione per il colore della loro pelle.
«Ecco dunque tua moglie e il mio nipotino, che porta il mio nome. Capisci la mia lingua, Shirinaze?»
«Certo, signore, la parlo, anche se meno bene del francese», rispose la bella giovane mora, ancora timorosa delle reazioni del suocero e in preda a un forte tremore.
Al punto che, quando lo vide dirigersi verso di lei, strinse istintivamente a sé il bambino. Invece il conte spalancò le braccia con un’espressione carica di affetto.
«Dio sia lodato», esclamò Lorenzo con voce rotta dall’emozione, prendendo dalle sue braccia il piccolo e stringendolo a sé. «Quanto ho atteso questo momento. Siate i benvenuti nella nostra famiglia.»
Porto Cervo. Sardegna. Giugno 1999
Seduto al tavolo della veranda, Iosif Bykov teneva lo sguardo fisso sulla bottiglia di champagne. Erano trascorsi cinque giorni dalla visita del banchiere, ma non era ancora riuscito a placare il furore. Non sopportava di subire un ricatto, ma purtroppo Fosh aveva il coltello dalla parte del manico. Era costretto ad assecondarlo. Infatti lo stava aspettando.
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