Marco Buticchi - Profezia
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- Название:Profezia
- Автор:
- Издательство:Longanesi
- Жанр:
- Год:2000
- Город:Milano
- ISBN:978-88-304-1651-2
- Рейтинг книги:4 / 5. Голосов: 1
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I dati erano trasmessi via modem dai terminali attraverso le normali linee telefoniche, e il computer centrale era in grado d’immagazzinarli in pochi secondi, gestendo simultaneamente trentaseimila trasmissioni. L’intera massa delle giocate veniva scaricata in poco più di venti minuti. Dopo di che i cinquanta giga di memoria operativa del computer centrale procedevano allo spoglio e all’individuazione delle schede vincenti.
I giocatori dovevano indovinare sette numeri su settanta, con un indice di probabilità di uno su circa un miliardo e duecento milioni. E le vincite potevano essere colossali: poche settimane prima, in California, un manovale messicano si era infatti visto piovere addosso trentuno milioni di dollari.
Pat Silver si era lasciato crescere i capelli e due vistosi baffi alla tartara che gli nascondevano buona parte della zona inferiore del viso. Sembrava la reincarnazione di un hippy anni ’60. Ricevuto finalmente il permesso, entrò con gli altri tecnici nella sala dove l’apparecchiatura stava eseguendo alcune operazioni di prova.
Aperta la valigetta in metallo, si mise a lavorare alacremente. La posta in gioco era altissima. Pochi giorni dopo, definitivamente lasciata la sede della US Gambling Lotteries, sarebbe potuto essere milionario. O ricercato dalla polizia.
Stoccolma. Giugno 1999
La temperatura era mite. Un sole caldo illuminava il fine primavera svedese. La Queen of Atlantis era affiancata al molo passeggeri. Molto più alta di tutti i palazzi circostanti, sembrava un grattacielo capitato per caso in un porto del mare del Nord. Il comandante Di Bono sorrise tra sé compiaciuto, come sempre gli accadeva quando guardava la sua nave.
Sembrava quasi che fosse la terraferma a tenersi ancorata a quel colosso di quattordici piani. Sulla banchina c’era un andirivieni di automezzi che imbarcavano i viveri e i materiali necessari a un simile colosso. Di Bono si considerava fortunato: nel corso della crociera inaugurale attorno al mondo non aveva quasi mai incontrato maltempo, nemmeno durante la traversata atlantica.
Pochi ospiti potevano permettersi di rimanere a bordo tutti i centoventi giorni dell’intera crociera. La maggioranza raggiungeva la nave nel corso di una delle dieci tappe, com’era avvenuto a Stoccolma.
Lionel Goose era ancora stupito di essersi potuto permettere quel genere di vacanza. Non perché, a sessantadue anni, non disponesse dei centomila dollari per pagarsi la crociera completa attorno al mondo, ma perché aveva sempre creduto che non sarebbe mai riuscito a smettere di occuparsi del supermercato che aveva fondato nella Back Bay di Boston.
Sua moglie non la pensava diversamente: l’azienda poteva funzionare soltanto con la loro presenza; i figli erano ancora troppo inesperti. Lisa era una signora bionda e tonda, di forme che un tempo dovevano essere state piacenti. Aveva un viso gioviale dal sorriso spontaneo.
Lionel non aveva mai avuto paura di morire; non in Vietnam, per esempio. Ma quando gli avevano diagnosticato un cancro, era stato preso dal terrore. Erano seguiti due anni di cure estenuanti e traumatiche, al punto che si era più volte chiesto se non fosse meglio rinunciare e cedere al male.
«Se mai dovessi uscirne», aveva detto un giorno alla moglie, «ti porto a fare il giro del mondo su un transatlantico di lusso.»
E ne era uscito. Non completamente, ma i medici gli avevano assicurato che il suo male si era ridotto. Insomma, gli avevano garantito ancora qualche anno di vita.
Così, trentun giorni prima i Goose si erano imbarcati sulla Queen of Atlantis a New York, dove sarebbero dovuti tornare esattamente quattro mesi più tardi.
In quel momento nessuno dei due si sarebbe mai potuto immaginare l’incredibile avventura che avrebbero vissuto.
Aeroporto internazionale Costa Smeralda. Giugno 1999
Didier Fosh scese la scaletta del Lear Jet e fu costretto a portare la mano ai pochi capelli per ripararsi dal torrido vento di maestrale.
Il forte aroma di mirto e dell’estate ormai prossima si mescolava a quello acre del carburante. C’era un’auto ad attenderlo. Si sistemò sul sedile posteriore, godendo il sollievo dell’aria condizionata.
Le ginestre in fiore coloravano di un giallo intenso un paesaggio per il resto quasi monocromo. L’auto si avviò per una strada tortuosa, tra rocce granitiche quasi da paesaggio lunare. Si vedevano baie incantevoli su un mare turchese.
Fosh non ricordava nemmeno più quante volte fosse venuto lì per conto del suo Institut Bancaire de Lausanne. Aveva seguito tutte quelle che definiva «colonizzazioni» di quell’esclusiva zona di vacanze. Prima per curare gli interessi dei potenti italiani, molto attenti a nascondere al fisco i propri affari. E la sua piccola banca era una maestra nel settore. Erano poi venuti gli arabi, che con i loro petroldollari avevano acquistato a peso d’oro dagli italiani le sontuose ville della Costa Smeralda. Chi avrebbe potuto mettere a profitto il loro immenso potere economico meglio dell’Institut Bancaire de Lausanne?
Infine era stata la volta dei nuovi ricchi dell’Est, con i loro interessi al limite tra l’illegalità e le sconfinate possibilità in un’economia in tumultuoso sviluppo. Ed era proprio nella casa di vacanze di un russo che Fosh si stava recando, per concludere l’affare più importante e rischioso della sua carriera.
Aspettandolo, Iosif Bykov uscì nel patio della villa che dava sul golfo di Cala di Volpe, portando con sé un bicchiere di Martini e vodka. Il trascorrere degli anni non aveva addolcito il suo sguardo.
Godendo lo splendido panorama, sorrise pensando alla baracca nella steppa siberiana. Un ricordo ormai lontano. Ne aveva fatta di strada, da allora. Aveva distrutto a colpi di Kalashnikov ogni ostacolo e vendicato ogni torto subito. Tra di essi, l’omicidio del suo unico amico e socio, Chalva Tanzic.
Delta del Nilo. 1313
Ibn ben Mostoufi scrutò il mare aperto oltre il braccio del Grande Fiume. Cominciava a sentire il peso degli anni e della solitudine impostagli dall’impossibilità di avere figli. Maledisse ancora una volta il mare in tempesta che gli aveva portato via la sua Shirinaze, morta tra i flutti o, peggio, venduta come schiava.
L’emiro era un uomo molto ricco: poteva permettersi quattro mogli e almeno trenta concubine. Quando i medici gli avevano detto che la terribile setticemia aveva leso le sue capacità di riproduzione, non si era dato per vinto. Aveva provato e riprovato, nella speranza che una donna del suo harem potesse dargli un figlio. Ma si era dovuto rassegnare alla triste realtà. Alla sua vita sarebbe mancato il vero motivo per essere vissuta; il suo percorso terreno non avrebbe avuto la naturale continuazione di un figlio.
Per Shirinaze aveva pianto, come non ricordava di aver mai fatto in vita sua, e ogni volta che pensava a lei i suoi occhi s’inumidivano ancora.
Mille volte aveva sfidato temerariamente il mare, sperando che riuscisse a dargli l’ultima pace. Ma il malvagio non aveva voluto: lo aveva soltanto reso sempre più ricco.
Stoccolma. Giugno 1999
Lionel Goose era sul terrazzino della sua suite al quattordicesimo piano della Queen of Atlantis. Aveva sempre pensato che il sole del mare del Nord fosse freddo e malinconico, invece lo stava riempiendo di un confortante calore. Quante cose non sapeva, quando era chiuso nel suo supermercato a verificare prezzi e codici a barre.
Voltatosi, tornò nella camera da letto. Seduta alla toilette per il trucco, sua moglie si stava preparando per quella serata speciale. Lionel la guardò: e la trovò ancora bella. La lunga vita in comune impediva loro di vedere i segni del tempo. L’amava come il primo giorno, niente al mondo sarebbe riuscito a separarli. Tranne quell’inesorabile male.»
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