Marco Buticchi - Profezia

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Ma dopo più di un mese il timore si era attenuato, cedendo alla serenità della loro vita.

«Vado al lago a bagnarmi con Lorenzo», disse Shirinaze un mattino.

E Luigi rimase solo a intrecciare foglie per riparare la tettoia danneggiata dal forte vento di quella notte.

Aveva quasi terminato, quando ebbe un sinistro presentimento, che lo fece precipitare verso il promontorio che chiudeva la baia. Quando giunse sulla sommità, il presentimento si fece realtà: nell’acqua cristallina dondolava la nave di de Ceillac. Sulla spiaggia vide una scialuppa: qualcuno era sceso a terra.

Corse a perdifiato, incurante delle sferzate degli arbusti che lo ferivano in tutto il corpo. Stringeva in mano l’arco che si era costruito, pregando in cuor suo che gli uomini di de Ceillac non fossero andati alla fonte di acqua potabile.

Shirinaze si spogliò e abbandonò gli abiti ormai logori vicino a un cespuglio. Preso per mano il piccolo Lorenzo, s’immerse lentamente nell’acqua cristallina.

Mentre reggeva con entrambe le mani il bambino che cercava d’imparare a nuotare, vide qualcosa che la terrorizzò.

Soffocò il grido. Sulla sponda del laghetto sette uomini avevano posato a terra le botti e la stavano guardando come un branco di lupi famelici.

Le furono addosso in un baleno. Due la presero per le braccia, mentre un terzo si occupava di Lorenzo.

La trascinarono alla riva e la depositarono nuda di fronte a quello che sembrava il loro capo.

«Guarda chi si rivede», esclamò questi. «La moglie saracena del nobile Luigi.»

Il suo sguardo lussurioso scorse per alcuni istanti sul bel corpo brunito, poi l’uomo riprese: «Purtroppo a bordo non ci sono donne, e i miei uomini ne sentono molto la mancanza. Da alcuni mesi, ormai…»

La presa ai polsi si fece ancor più forte. Shirinaze cercò di divincolarsi, sapendo che cosa l’aspettava, ma era immobilizzata.

«Potrei sapere dov’è tuo marito?» continuò l’uomo.

«E… è morto», riuscì a rispondere lei, mentre già uno dei marinai la afferrava alle caviglie.

Luigi seppe mantenere tutta la sua freddezza. Nascosto tra i cespugli, incoccò la prima freccia e prese la mira senza che la fermezza della mano tradisse ciò che provava. Due uomini gli davano la schiena. Sotto di loro Shirinaze cercava invano di opporsi al supplizio.

Il dardo partì con un rumore secco, conficcandosi nella schiena di uno dei due marinai. E prima che gli uomini potessero capire da dove proveniva l’attacco, una seconda freccia ne colpì a morte un altro.

I cinque rimasti si guardarono attorno impauriti, con le mani sulle spade. Finalmente videro Luigi tra i cespugli e gli si precipitarono addosso con un urlo agghiacciante. Il giovane ebbe soltanto il tempo di scoccare una terza freccia, che però si perse nella boscaglia. In un baleno si trovò una lama alla gola, e due degli uomini di de Ceillac lo immobilizzarono.

Luigi tentò un’ultima reazione disperata quando sentì il piccolo Lorenzo piangere, ma una salva di calci al ventre gli tolse il respiro. Gli fu passata una robusta corda attorno ai polsi, e poco dopo lo stesso trattamento toccò a Shirinaze e al piccolo.

«Adesso che cosa ne facciamo, Denis?» chiese uno degli uomini al capo.

«Uccidiamoli subito. Prima che possano rivelare a de Ceillac quello che stavamo per fare alla negra», intervenne un altro.

«No», replicò l’uomo chiamato Denis. «Li porteremo con noi. La loro parola varrà la nostra, tanto più che la donna non reca tracce di violenza. De Ceillac non ci punirà di sicuro per aver catturato l’assassino di due dei nostri e per aver condotto con noi questo bel fiorellino bruno.»

I tre prigionieri erano stati condotti a bordo e chiusi in una stiva dall’aria irrespirabile. Quando sentì che il boccaporto veniva sollevato, Luigi non sapeva quanto tempo potesse essere trascorso. La luce di una lanterna squarciò il buio, illuminando l’espressione minacciosa di Denis.

«Conte di Valnure», disse con un ghigno ironico. «Il Gran Maestro de Ceillac chiede di conferire con Vostra Signoria.»

Luigi salì la ripida scaletta in legno e, uscito all’aperto, respirò a pieni polmoni l’aria fresca. Ma due uomini armati lo spinsero subito verso l’alloggio di colui che si era proclamato Gran Maestro.

«Dunque siete diventato un assassino, nobile Luigi», disse Raymond de Ceillac dopo averlo scrutato per alcuni istanti con occhi di ghiaccio. «Non credevo davvero che un giovane tanto leale fosse capace di uccidere due suoi confratelli aggredendoli alle spalle. Ma dovevo forse immaginare che quella… quella donna… quella infedele…»

«Stavano cercando di usare violenza a mia moglie», lo interruppe coraggiosamente Luigi.

«Sapevo che sareste ricorso a questa falsità. Me lo avevano preannunciato i miei uomini. Stavano soltanto cercando di parlare con quella che voi chiamate moglie.»

«Shirinaze ha ricevuto i sacramenti da bambina, quando si è convertita alla nostra religione.»

«Una conversione di comodo, certo. Mi sono sforzato a lungo di trattare da cristiana quella… quella negra. Ma adesso sarà trattata alla stregua di un’indigena ribelle, e come lei il figlio avuto da voi nel peccato.»

Luigi cercò di replicare che erano stati sposati da un ecclesiastico del Tempio, ma capì che era inutile, mentre l’altro continuava: «Quanto a voi, sarete tenuto in segregazione, e soltanto se il vostro comportamento sarà ineccepibile potrò decidere di farvi grazia della pena che meritate: la morte».

La nave di Bertrand de Rochebrune partì il giorno stabilito, lasciando al sicuro in Scozia le altre due.

Aveva a bordo circa trecento marinai e poco più di cento tra Cavalieri e sergenti. Sarebbero sbarcati sulle amiche coste portoghesi e avrebbero proseguito per la Francia via terra dopo essersi divisi in piccoli gruppi. L’appuntamento era fissato per i primi d’ottobre presso un santuario sconsacrato nei boschi attorno a Vienne.

Ma raggiungere la Francia fu un’impresa molto più ardua del previsto.

Febbraio 1999

Sara Terracini aveva davanti a sé una tela di piccole dimensioni ma di enorme valore. Il suo laboratorio aveva appena terminato di restaurarla, e di lì a poco sarebbe stata riconsegnata al museo di provenienza. Erano trascorsi soltanto quattro giorni da quando Oswald Breil si era messo in contatto con lei.

Sentì lo scampanellio del computer, e pochi istanti più tardi in una finestra del monitor comparve la faccia del suo minuscolo amico, che le rivolse soltanto un rapido saluto prima che si aprisse una seconda finestra con la scritta:

‹ENCRYPT›.

Sara azionò subito i comandi per comunicare in linguaggio criptato, digitando senza preamboli: ‹HAI NOVITÀ?›

‹SÌ, QUALCOSA. MA SOLTANTO PICCOLI INDIZI, AVUTI DA CERTI AMICL›

Dio ti benedica, Oswald, sei sempre prezioso, pensò Sara, mettendosi in una posizione più comoda.

‹RICORDI IL CARDINALE FEBI?› lesse sul video.

‹SÌ, QUALCOSA… IL CUSTODE DELLE FINANZE VATICANE NEGLI ANNI 70, NO?›

‹ESATTO. MORÌ D’INFARTO ALL’INIZIO DI OTTOBRE DEL 78, POCHI GIORNI DOPO LA SCOMPARSA DI PAPA ALBINO LUCIANI. ANCHE PER QUESTO LA NOTIZIA PASSÒ QUASI INOSSERVATA. SI DISSE CHE ERA MORTO PER UN ATTACCO CARDIACO, MA FU TROVATO IN UNA POSIZIONE PERLOMENO SINGOLARE: CON LA DESTRA IN TASCA, MENTRE I COLPITI DA INFARTO PORTANO ISTINTIVAMENTE LE MANI AL PETTO, O TUTT’AL PIÙ LE ABBANDONANO LUNGO IL CORPO. INVECE LUI STRINGEVA IN MANO UN CORDONCINO ROSSO IMPREZIOSITO DA UN FILO D’ORO E ANNODATO CON UNA GASSA D’AMANTE.›

‹UNA GASSA D’AMANTE? CHE COSA PENSI POSSA SIGNIFICARE?›

‹UN MOMENTO, NON HO ANCORA FINITO. RICORDI QUANDO UN MISTERIOSO ROGO MANDÒ IN CENERE BUONA PARTE DELLA CAPPELLA DEL GUARINI A TORINO, E LA SINDONE FU SALVATA IN EXTREMIS? ERA L’11 APRILE 1997. NEI PRESSI DEL PRESUNTO FOCOLAIO DELL’INCENDIO È STATO TROVATO UN CORDONCINO DEL TUTTO SIMILE.›

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