Marco Buticchi - Profezia

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«Quale vicenda?»

«Rennes-le-Château, un paesino della Linguadoca, che pare sia depositario di molti segreti e tesori nascosti, tra i quali, forse, anche quello dei Templari, oltre a quello del Tempio di Gerusalemme.»

«È una storia che conosco bene: sono ormai mesi che mi documento sulle ipotesi più fantasiose circa la fine dei Templari. E quel parroco di Rennes-le-Château, che sul finire del secolo scorso sembrò colpito da una improvvisa quanto misteriosa ricchezza, le voci sulla sua scoperta di un tesoro… Ma la vicenda che sta a cuore a me è un’altra.»

Agosto 1311

La palizzata che circondava la cittadina non bastava a contenere gli assalti degli indigeni. Le frecce infuocate piovevano da ogni parte, incendiando i tetti delle case di legno.

Lasciato il compito della difesa ai suoi, Raymond de Ceillac si era rifugiato con un manipolo di fedelissimi nell’unica costruzione in pietra del villaggio: un’alta torre squadrata simile al «maschio» di un castello templare.

Luigi di Valnure aveva resistito in prima linea fino a quando non aveva capito che ogni difesa era inutile, dopo di che si era precipitato alla sua abitazione, una delle poche a non essere ancora in fiamme, e aveva preso con sé Shirinaze e il piccolo Lorenzo.

Usciti da una breccia della palizzata durante un attimo di tregua, erano scappati nell’erba alta fino a sfinirsi, fermandosi finalmente su una rupe da dove potevano osservare senza pericolo gli sviluppi della battaglia.

Videro gli indigeni dilagare nel villaggio e trucidare chiunque si parasse loro davanti. Osservarono in un silenzio inorridito le case che si riducevano a mucchi di cenere. Finché non fu assaltata anche la torre. Ne videro uscire un centinaio di armati, che riuscirono a farsi largo, a raggiungere la spiaggia, dove erano in secca diverse scialuppe, e a prendere il mare verso l’unica delle quattro navi che si era salvata dall’incendio perché ancorata in rada.

La seguirono con lo sguardo finché non scomparve oltre lo sperone di roccia che delimitava la baia. Nessuno dei due aveva detto una sola parola. Gonfi di angoscia, si stavano chiedendo entrambi che cosa ne sarebbe stato di loro e, soprattutto, di loro figlio.

Ma non si persero d’animo. Dopo essersi concessi un brevissimo riposo, ripartirono verso la costa, dove si accinsero a costruire una zattera per raggiungere una vicina isola. Luigi sapeva che, circondata da un’insidiosa barriera corallina, per gli indigeni era una zona severamente vietata, popolata dagli spiriti degli antenati.

Infaticabilmente aiutato dalla moglie, usò la spada per recidere alcuni tronchi, che legò tra loro con foglie di palma intrecciate. Dopo due estenuanti giornate di lavoro, la zattera fu finalmente sulla battigia di spiaggia corallina.

Luigi la spinse verso il largo e finalmente vi si issò anche lui, spiegando la vela quadra ricavata dalla mantella di Shirinaze. Diede di piglio ai due lunghi remi modellati con la spada in due tronchi pressoché identici, e la zattera cominciò ad allontanarsi lentamente dalla spiaggia.

Le staffette del barone St Clair fecero ritorno a una a una. Erano state inviate in cerca dei Cavalieri sfuggiti alla persecuzione, ma le notizie che portavano non erano rincuoranti: la maggioranza di essi riteneva sciolto il voto, e soltanto sette od ottocento si erano dichiarati disposti a seguire Bertrand nell’improbo tentativo di liberare il Gran Maestro e gli altri confratelli.

Dispacci riservati di Bertrand de Rochebrune li avevano convocati in una località segreta presso Vienne, dove stava per aprirsi il Concilio incaricato di giudicare l’Ordine. Dovevano raggiungerla alla spicciolata senza dare nell’occhio, armati e, se possibile, a cavallo.

Roma. Febbraio 1999

I due astucci e il loro contenuto erano stati sottoposti a una serie di esami e poi immersi in una soluzione per separare le pergamene dalle custodie, a cui il tempo le aveva fuse. Quindi era iniziata la paziente opera per recuperare al meglio i documenti, dopo averli asciugati in uno speciale forno. Le tracce d’inchiostro erano cancellate in più punti.

Gerardo di Valnure manifestò le sue perplessità a Sara Terracini, che per tutta risposta gli indicò un’apparecchiatura simile a una macchina per raggi X.

«È uno spettroscopio di fluorescenza: serve a vedere le tracce lasciate dall’inchiostro», gli spiegò. Quindi prese con tutta la cautela dovuta i documenti e li inserì in una specie di fotocopiatrice.

«È un sofisticato scanner che combina raggi laser e infrarossi a betaradiografia. Ciò che riesce a leggere dovrebbe comparire presto sul mio monitor.»

L’attesa si rivelò più lunga del previsto, ma alla fine la macchina diede il suo responso. Sara digitò con mani esperte sulla tastiera, finché i caratteri gotici non apparvero nitidi sullo schermo.

«Ci siamo», esclamò, mentre Gerardo cominciava a tradurre a voce alta il francese antico del testo.

« Io, Hugues de Payns, Gran Maestro dell’Ordine dei Poveri Cavalieri di Cristo, sento avvicinarsi l’ora di ricongiungermi al Signore e pertanto ho deciso di vergare questo documento. Non già per lasciare ad altri ricchezze terrene, di cui noi Templari ci spogliamo come vuole la Regola, ma per indirizzare sulla retta via chi si assumerà dopo di me questo arduo compito e per prevenire errori che potrebbero annullare ogni nostra fatica.

« Il mio massimo timore riguarda le possibili evoluzioni del nostro Ordine. Sapranno i futuri cavalieri mantenere gli impegni di castità, povertà e obbedienza previsti dalla regola che ci siamo imposti? Oppure cederanno a vizio e corruzione? Ma, quand’anche rettitudine e onestà cristiana permanessero, vedo altri possibili pericoli. L’Ordine dei Poveri Cavalieri di Cristo si rafforzerà e trarrà sostentamento e potenza dalle sue stesse fondamenta, diventando una pedina indispensabile per chi ha il potere. E quando Satana s’impossesserà del Trono di Pietro, i sacri simboli cadranno nella polvere e l’influenza del Maligno schiaccerà la potenza dei Cavalieri del Tempio. State in guardia, fratelli. Mosè ha fatto uccidere migliaia di ebrei senza consultare Aronne, cui spettava pronunciare la sentenza. Così dicono le Sacre Scritture. Chi verrà dopo di me dovrà lottare per strappare il Trono di Pietro a Satana, e chi ha peccato perirà fra atroci tormenti. Chi verrà dopo di me dovrà lottare sino alla morte per avere salva la vita eterna. »

E finalmente Gerardo scandì le parole con cui si concludeva quello che sembrava essere l’ultimo saluto del primo Gran Maestro del Tempio: « Nos perituri mortem salutamus ».

«Stupefacente», esclamò Sara.

La decifrazione della seconda pergamena risultò più difficile: l’apparecchio non riusciva a riconoscere molti caratteri, e per avere un risultato soddisfacente fu necessaria una serie di approssimazioni.

«Mi tremano quasi le mani», disse Gerardo scorrendo le parole, questa volta vergate nell’italiano volgare del Medio Evo. «Questo è un messaggio scritto da un mio antenato secoli fa.»

«Già, ma che cosa avrà inteso dire scrivendo: ‘ Mi trovo in una terra remota, un avamposto segreto dei Cavalieri del Tempio, che non posso svelare’

«Non sono sicuro, ma mi sto convincendo che i Templari in fuga dalla Francia nel 1307 abbiano raggiunto il continente americano.»

«Una teoria fantasiosa, che ho letto anch’io non ricordo dove. Hai qualche prova?»

«Nessuna tangibile, soltanto una serie d’indizi, e per di più labili.»

«Vediamo che cosa ne dice la nostra enciclopedia vivente», replicò Sara, sollevando la cornetta del telefono interno.

«Toni», disse poi, «ti dispiacerebbe fare un salto da me?»

Toni Marradesi arrivò subito e, concluse le presentazioni, Sara gli chiese: «Che cosa ti dice l’ipotesi di una possibile fuga di Templari verso il continente americano quasi due secoli prima di Cristoforo Colombo?»

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