Marco Buticchi - Profezia

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«Dicevi sul serio quando parlavi di ammettere mio figlio nell’Ordine?» chiese quest’ultimo quando si furono accomodati a tavola.

«Perché no? Non appena Luigi avrà raggiunto l’età, potrà venire con me e imparare l’arte della cavalleria. Sembra forte e intelligente.»

«Infatti, e non sai quanto poco mi sorrida l’idea di chiuderlo in un convento, come sarebbe destinato dalla legge ereditaria. Sembra molto più interessato alla vita avventurosa che a quella monastica. Ma suo fratello maggiore erediterà il titolo, e lui dovrà scegliere tra diventare un prelato o un Cavaliere del Tempio.»

«Come del resto ho dovuto fare io a sedici anni. Sono a tua disposizione, cugino.»

La sera seguente, dopo un lunghissimo sonno ristoratore, Bertrand fu sollecitato a raccontare gli ultimi giorni di San Giovanni d’Acri e la sua fuga. Prima di essere spedito affettuosamente ma perentoriamente a dormire, il piccolo Luigi lo ascoltò con una luce quasi febbricitante nello sguardo.

«Il Gran Maestro», si concluse la narrazione di Bertrand, «mi ha affidato un cofanetto, raccomandandomi, qualora fosse morto nell’assedio, di consegnarlo al suo successore.» «Un cofanetto? Che cosa contiene?» «Ho la chiave, ma non ho mai pensato di aprirlo.» «Su, apriamolo. Guillaume de Beaujeu è morto, e credo sia giusto tu sappia che cos’hai messo in salvo per il suo successore. Potrai difenderlo con maggior cognizione di causa.»

Bertrand rimase qualche istante meditabondo. Il Gran Maestro non gli aveva detto di non aprire il cofanetto, ma soltanto di consegnarlo integro al suo successore. Annuendo con espressione intenta, si alzò e andò a prenderlo.

Lo aprirono in preda a un’intensa curiosità. Non vi trovarono ricchezze o gioie, ma una cartellina in pelle con tre fogli di pergamena manoscritti. Recavano il sigillo di Hugues de Payns, fondatore dell’Ordine, morto il 24 maggio 1136.

Haifa. 3 novembre 1998

«Ti prego, Giacomo», disse Gerardo di Valnure dal suo letto d’ospedale, «ho bisogno che tu svolga alcune indagini per me. Credo di avere scoperto qualcosa d’importante, ma il quadro non mi è ancora chiaro.»

«Certo, signore, compatibilmente con le mie possibilità.»

«Niente di eccezionale, Giacomo. Soltanto alcune ricerche nella biblioteca del museo di Akko. Dovresti scoprire quale testamento di persona influente ci fosse nella città antica, anche se dei documenti originari non esiste ormai quasi più niente. Ma non si sa mai.»

«Cercherò di fare del mio meglio, signore.»

«Bravo. Tra tre giorni mi dimetteranno, e partiremo. Dopo di che potrò fare ricerche più approfondite.»

Poche ore più tardi Estelle Dufraisne era nel suo ufficio al museo con l’uomo dai lineamenti duri.

«Quindi il nostro conte italiano non si è dato per vinto», disse questi.

«No, ha mandato una persona di sua fiducia a cercare qualcosa circa un non meglio identificato ‘Testamento’.»

«E sei sicura che da queste parti non ci sia niente al riguardo?»

«Niente, tranne l’iscrizione che Gerardo di Valnure ha già visto.»

«È un osso duro. Sebbene abbia rischiato la pelle, continua a ficcare il naso.»

«Te l’avevo detto. È l’impressione che mi ha dato quando è venuto qui.»

«Comunque fra un paio di giorni lo dimetteranno, e tornerà in Italia. Speriamo che si metta tranquillo, altrimenti dovremo agire, e questa volta il Gran Maestro non ci concederà di sbagliare.»

«Non credo che quell’uomo mollerà la presa tanto facilmente.»

«Be’, chi è causa del suo mal…»

«… pianga se stesso», concluse freddamente Estelle Dufraisne.

Castello di Valnure. 27 giugno 1291

« Io, Hugues de Payns, Gran Maestro dell’Ordine dei Poveri Cavalieri di Cristo, sento avvicinarsi l’ora di ricongiungermi al Signore e pertanto ho deciso di vergare questo documento. Non già per lasciare ad altri ricchezze terrene, di cui noi Templari ci spogliamo come vuole la Regola, ma per indirizzare sulla retta via chi si assumerà dopo di me questo arduo compito e per prevenire errori che potrebbero annullare ogni nostra fatica. »

Bertrand pronunciò ad alta voce queste parole, traducendole dal latino. Gli tremavano le mani: stava leggendo le ultime volontà del fondatore dell’Ordine. «Hugues de Payns rimase in Terrasanta fino a poco prima della morte», spiegò dopo aver appoggiato sullo scrigno le pagine consunte. «Si dice», proseguì, «che nei primi nove anni della loro permanenza presso il re di Gerusalemme, lui e i suoi Cavalieri abbiano effettuato molti scavi. Secondo una leggenda, infatti, la reggia sarebbe stata edificata sopra il Tempio di Salomone. Nessuno sa però con precisione che cosa cercassero, e sono sorte molte voci.»

Ripreso il manoscritto, Bertrand continuò a leggere: « Il mio massimo timore riguarda le possibili evoluzioni del nostro Ordine. Sapranno i futuri Cavalieri mantenere gli impegni di castità, povertà e obbedienza previsti dalla Regola che ci siamo imposti? Oppure cederanno a vizio e corruzione? Ma, quand’anche rettitudine e onestà cristiana permanessero, vedo altri possibili pericoli. L’Ordine dei Poveri Cavalieri di Cristo si rafforzerà e trarrà sostentamento e potenza dalle sue stesse fondamenta, diventando una pedina indispensabile per chi ha il potere. E quando Satana s’impossesserà del Trono di Pietro, i sacri simboli cadranno nella polvere e l’influenza del Maligno schiaccerà la potenza dei Cavalieri del Tempio. State in guardia, fratelli. Mosè ha fatto uccidere migliaia di ebrei senza consultare Aronne, cui spettava pronunciare la sentenza. Così dicono le Sacre Scritture. Chi verrà dopo di me dovrà lottare per strappare il Trono di Pietro a Satana, e chi ha peccato perirà fra atroci tormenti. Chi verrà dopo di me dovrà lottare sino alla morte per avere salva la vita eterna ». Bertrand fece una breve pausa, poi scandì le parole con cui si chiudeva il testamento spirituale del primo Gran Maestro: « Nos perituri mortem salutamus ».

Lorenzo di Valnure prese il documento e lo esaminò con attenzione, soffermandosi in particolare sul suo precario stato di conservazione.

«Un documento così importante non può andare perduto», disse. «È opportuno effettuarne alcune copie, caso mai l’originale dovesse subire un ulteriore degrado. Conosco un ottimo amanuense, al vicino convento. Perché ti rimetta dalle ferite occorreranno almeno dieci giorni. Quanto basta perché il monaco possa fare diverse copie.»

«Sono d’accordo. Ne basterebbero due, delle quali vorrei che una fosse custodita da te. Il viaggio per la Francia è insidioso. Se dovesse accadermi qualcosa, la consegnerai al Gran Maestro dei Templari, come ho giurato a Guillaume de Beaujeu.»

«Così sarà, Bertrand. Hai la mia parola.»

Nel castello di Valnure i giorni trascorrevano sereni, e Bertrand dedicava buona parte del suo tempo a insegnare il francese a Shirinaze. La ferita alla spalla stava guarendo, e il momento di riprendere il viaggio si avvicinava rapidamente.

Finalmente, una calda mattina di luglio, la carovana si ricompose nella corte del castello. Il conte di Valnure abbracciò Bertrand.

«Dio ti accompagni, cugino.»

«Ti sono grato per tutto ciò che hai fatto per noi, Lorenzo.»

L’amanuense era riuscito a effettuare tre copie del manoscritto originale. Come avevano deciso, Bertrand ne consegnò una al cugino, e tenne per sé le altre due con l’originale.

Lo stesso castello. Novembre 1998

Gerardo di Valnure cominciava a muovere i primi passi con l’aiuto di due stampelle. Si aggirava nella sua dimora come una tigre in gabbia.

«Bertrand de Rochebrune», continuava a ripetersi, «Bertrand de Rochebrune…» Un nome che gli risultava stranamente familiare.

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