Marco Buticchi - Profezia
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- Название:Profezia
- Автор:
- Издательство:Longanesi
- Жанр:
- Год:2000
- Город:Milano
- ISBN:978-88-304-1651-2
- Рейтинг книги:4 / 5. Голосов: 1
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La sua attenzione era stata richiamata da un medaglione poco più grande di una moneta, esposto in un banco di numismatica. Lo aveva preso per osservarlo più da vicino.
Era in argento massiccio, coniato in maniera artigianale, consunto e scarsamente leggibile per un occhio non addestrato. Su un lato portava inciso il classico simbolo templare: due crociati in sella allo stesso destriero. E sul retro Gerardo aveva immediatamente riconosciuto il nodo stilizzato: una gassa d’amante.
«Le interessa, signore?» gli aveva chiesto l’antiquario, un omino curvo sull’ottantina.
«Sì, bella, bella», aveva commentato in tono fintamente distratto, cercando di dissimulare il suo profondo interesse per la medaglia, in modo che l’antiquario non ne aumentasse il prezzo.
«È uno degli ultimi pezzi che mi sono rimasti della collezione di antiche medaglie dei marchesi di Recanati.»
«Ce n’erano altri con lo stesso soggetto?»
«No, quello è il solo che raffiguri due Templari», aveva risposto l’anziano numismatico, dando l’impressione di sapere bene quale fosse il soggetto dell’iscrizione e, di conseguenza, quale ne fosse il valore.
«L’attuale Porto Recanati era un crocevia importante per i traffici dell’Adriatico», aveva continuato, «una tappa quasi obbligata per le navi che rientravano dalla Terrasanta. Per questo sono arrivate qui le pietre della Casa della Santa Vergine, ora a Loreto.»
«Ah», aveva commentato Gerardo di Valnure, continuando a fingere scarso interesse. «Quanto costa?»
Si era sentito chiedere una piccola fortuna, ma, dopo un’estenuante trattativa, la medaglia era finalmente stata sua.
Così era iniziata la sua nuova ricerca. E adesso, sulla costa nei pressi di Akko, la medaglia, opportunamente pulita e trattata, rifletteva il sole caldo del Mediterraneo meridionale.
Mediterraneo meridionale. 25 maggio 1291
La galea aveva fatto una breve sosta a Cipro per poi proseguire verso Venezia, suo porto di destinazione. In quei sette giorni Bertrand aveva stretto una cordiale amicizia con il comandante, un veterano che aveva solcato tante volte quei mari trasportando i crociati. Di nome Alvise Magri, navigava da molto tempo per un nobile veneziano che aveva donato quella galea all’Ordine del Tempio.
Patron Magri e lui trascorrevano lunghe ore sul ponte a discorrere di vicende marinare, a cui Bertrand de Rochebrune, ultimogenito di una nobile famiglia delle Alpi Marittime, sembrava molto interessato. Il comandante gli indicava le caratteristiche più importanti di quella nave agile e veloce e gli spiegava i segreti della navigazione.
«Questo nodo mi riesce con particolare facilità», commentò un giorno Bertrand.
«È un nodo importante per ogni marinaio», replicò patron Magri, «saldo e facile da sciogliere.»
«In ricordo di questa avventura, voglio che una figura simile a questa adorni il mio sigillo personale», disse d’impulso Bertrand, indicando la gassa d’amante che aveva appena annodato. «Una volta tornato a casa cercherò un bravo incisore.»
«Non avete bisogno di aspettare fino ad allora. Il nostro fabbro lavorava per la zecca del Doge. Può realizzarvi un sigillo o addirittura un conio.»
Nel frattempo la piccola Shirinaze si era ammalata, per cui Bertrand le aveva concesso di dormire in un angolo del suo alloggio, situato nel padiglione a poppa della nave.
Il giovane Cavaliere s’interrogava spesso con ansia sulla sorte dei suoi compagni rimasti nella città assediata, ma non nutriva speranze. Avevano sicuramente capitolato ed erano morti. Per vincere il senso di angoscia e impotenza, spostava subito il pensiero al cofanetto nascosto nel suo alloggio, provando un intenso sollievo: era vivo e avrebbe potuto adempiere al giuramento fatto al Gran Maestro Guillaume de Beaujeu.
Quando Bertrand rientrò nel suo alloggio, era notte fonda. Si accorse che Shirinaze era scossa da brividi di febbre e la coprì con il suo mantello crociato, inginocchiandosi accanto a lei e pregando che il buon Dio non la portasse via. Si sentiva profondamente legato a quella piccola dai grandi occhi bruni e dalla carnagione scura. Le aveva praticamente ridato la vita, la considerava quasi una figlia.
Il mattino seguente incontrò come sempre sul ponte il comandante, che gli chiese subito notizie della piccola.
«Non sta bene», rispose, «ha le convulsioni per la febbre alta. Temo che si stia aggravando.»
«Se riusciremo a mantenere questa velocità, fra tre o quattro giorni dovremmo raggiungere un porto dell’Adriatico, dove conosco un convento di monaci che potranno Drestarle le cure necessarie. Vi siete affezionato, eh, Bertrand?»
«È tanto piccola e innocente. Che colpa ha di tutto questo? Sono sicuro che diventerà un’ottima cristiana. Ormai mi sento responsabile del suo futuro. E prego Dio di concederglielo.»
Akko. 20 ottobre 1998
Le origini della città si perdono in tempi remoti. La sua prima descrizione appare in antichi testi egizi del XVI secolo avanti Cristo. S’incunea nel mare come uno sperone di roccia, costituendo uno dei porti naturali più sicuri del Mediterraneo e per certo il più sicuro della Terrasanta.
Per conquistare quel baluardo sul mare erano state combattute tante aspre battaglie. Vi erano entrati gli eserciti di Giulio Cesare e gli Omayyadi di Damasco. Gli arabi l’avevano presa nel 636, convertendola all’Islam. I crociati se ne erano impossessati nel 1104, facendone il porto principale in Terrasanta e la residenza dei loro re. A parte una piccola parentesi, la città era poi rimasta sotto il dominio cristiano sino al 1291.
Vicende storiche che Gerardo di Valnure conosceva a memoria. Si stava aggirando per le cosiddette Sale dei Crociati, studiando con estrema attenzione le colonne nella speranza di trovare qualche iscrizione utile, incisa come d’uso da un crociato durante l’ansiosa attesa dell’ordine d’attacco.
La città crociata era stata riportata alla luce soltanto di recente. Attraversando la parte più antica degli scavi, Gerardo raggiunse lo stretto cunicolo che portava al refettorio e permetteva di arrivare al porto passando sotto i bastioni. Se chi gli interessava era riuscito a fuggire da San Giovanni d’Acri assediata, lo aveva fatto passando di lì.
Quando, concluso il percorso sotterraneo, Gerardo si trovò di nuovo all’aperto, fu costretto a socchiudere gli occhi. Nel porticciolo stazionavano alcune imbarcazioni da diporto, e più lontano, verso il mare aperto, vide alcune barche da pesca. Si figurò la scena di settecento anni prima. Le galee alla fonda, le macchine da guerra, i fuochi dei bivacchi e, chiuse tra le solide mura, migliaia di persone in sgomenta attesa dell’attacco di al-Ashraf. Gli sembrava di averla lì, davanti agli occhi.
Invece, per quanti sforzi imponesse alla sua immaginazione, non riusciva a venire a capo del mistero che lo interessava. Puntò a passo risoluto verso il museo, a poca distanza dalla città antica. Poteva esservi celato qualche indizio.
La direttrice, l’archeologa francese Estelle Dufraisne, gli fece fare una decina di minuti di anticamera, prima di riceverlo con un atteggiamento chiaramente infastidito.
«In che cosa posso esserle utile, signor di Valnure?»
«Sto effettuando una ricerca.»
«Sul Sacro Graal? Sull’Arca dell’Alleanza? Sappia che sono letteralmente assediata da questo genere di ‘ricercatori’. Ma io mi occupo solamente di ricerche storiche serie, non di fantastoria», replicò bruscamente la donna.
«Egregia signora Dufraisne», ribatté Gerardo in tono risentito, «ho all’attivo alcuni testi sul Medio Evo, e una ventina d’anni di ricerche storiche più che serie. E non mi sono mai fatto incantare dalle fantastorie sul Sacro Graal o sull’Arca Perduta. Mi baso su ciò che vedo, e ciò che vedo è questo.»
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