Marco Buticchi - L'anello dei re

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Un attentato a New York semina il panico tra la popolazione, ma si tratta solo di un primo caso di una serie di agguati verso la popolazione musulmana. Il rivendicatore si firma “Giusto in nome di Dio” e imprime sulle sue lettere il sigillo a 6 punte del re Salomone. Si alternano quindi le vicende dei possessori dell’anello. Dalla Venezia del 1300 si passa al fronte carsico della Grande Guerra e poi fino alla dittatura di Ceausescu in Romania.Questi flash-back si alternano alla ricerca del “Giusto” da parte di Oswald Breil e Cassandra Ziegler. Dopo numerosi colpi di scena , intrighi di potere, di cui sono protagonisti anche personaggi realmente esistiti, i protagonisti riescono a scoprire la vera identità del “Giusto” e evitare l’ennesimo massacro.

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Diverso era l’atteggiamento della moglie Elena, che in molti reputavano la vera mente della politica rumena, ma anche il braccio armato di Nicolae. Sin dal primo momento in cui l’avevo incontrata, avevo provato un’antipatia epidermica che, ne ero certo, la first lady ricambiava.

Elena Petrescu era di un anno più giovane del marito. Aveva abbandonato la scuola in tenera età: anche il lavoro di una bambina era importante per una famiglia molto povera. Aveva conosciuto Nicolae nel 1930 e nove anni più tardi si erano sposati.

Il marito, che mostrava nei suoi confronti una vera e propria venerazione, aveva in serbo per lei le cariche più prestigiose: appena giunto al potere, Ceausescu assegnò alla moglie incarichi di grande importanza. In pubblico Elena Petrescu era abile a recitare il ruolo di comprimaria e rimanere in disparte, apparentemente timida ed elegantissima nei suoi lussuosi tailleur di Chanel. Si diceva che i metodi adottati dalla polizia segreta rumena, la famigerata Securitate, fossero farina del suo sacco. E si trattava di metodi che poco avevano da invidiare al Ghepeu di Stalin o alla Gestapo di Hitler.

Commentando lo strapotere della polizia segreta, nell’entourage dei Ceausescu si faceva un gran ripetere che quella era la migliore forza di una «Romania che farà da sé!» Si trattava dello slogan di Gheorghiu-Dej, fatto proprio da Ceausescu e teso a sottolineare, in maniera meno traumatica possibile, la mira all’indipendenza di Bucarest da Mosca.

«In un modo o nell’altro bisognerà pure combattere i servi dei bolscevichi che occupano la Bessarabia!» sostenevano i più convinti nel giustificare i sistemi della Securitate. «Non si può pensare di tacitare persone come la Pauker solo con le buone maniere.»

Anna Pauker era stata una dirigente politica, paladina filosovietica, pronta a consegnare chiunque al plotone di esecuzione, compreso un marito colpevole di essere sospettato di attività antisovietica. L’eredità che Dej aveva lasciato all’ex ciabattino Nicolae Ceausescu era stata l’eliminazione di ogni esponente del fronte filosovietico, di cui anche la Pauker aveva fatto parte. L’impresa di mantenere nei confronti di Mosca una posizione critica e, nei limiti del possibile, neutrale, si era rivelata più facile del previsto per Ceausecu, liberato dal peso di una pericolosa opposizione interna. E contro il rinascere di qualsiasi moto antigovernativo vigilava il regime del terrore instaurato dalla Securitate.

Il lavoro da me svolto come copertura mi poneva in una posizione di vantaggio, rispetto a qualsiasi cittadino straniero di stanza a Bucarest: oltre ai privilegi di cui godevo grazie alla confidenza che si era instaurata tra me e Ceausescu, ero il solo a conoscere buona parte degli spostamenti dei fondi «paralleli». Non mi illudevo che tutti i conti segreti del leader e della sua compagna transitassero per il mio ufficio, ma ero convinto che una buona parte dei loro «depositi familiari» fosse affidata al segreto dei conti cifrati nella banca svizzera da me rappresentata. E gli affari dei Ceausescu di cui mi occupavo corrispondevano a cifre da capogiro. Spesso venivo invitato dal leader a partecipare a cruente battute di caccia all’orso nel casino di Dealul Negru (Colle Nero).

Il copione era sempre identico: giungevamo in zona con un elicottero, quindi venivamo condotti alla residenza. Al mattino ci si trasferiva sul luogo dell’appostamento e lì iniziava la mattanza: nelle circa quattrocento aree venatorie della Romania dove si trovavano gli orsi, gli addetti provvedevano costantemente a rifornire gli animali del nutrimento supplementare. Le «stazioni di ristoro» per orsi erano composte da una mangiatoia e una rastrelliera a cui venivano appesi brandelli di carne e altre prelibatezze.

Ceausescu si appostava in un’altana sopraelevata dotata di un paio di stanze, bagno, cucinino e frigorifero. Faceva fuoco sugli animali rimanendo seduto in poltrona e, a volte, arrivava a uccidere sino a venti orsi al giorno.

Io restavo a guardare: quel tiro a segno contro un animale indifeso non faceva per me. Eunica cosa che mi induceva a trascorrere intere giornate in una stanzetta mimetizzata nel mezzo della foresta erano le confidenze a cui si lasciava andare il conducator in quei momenti. Ognuna di queste, ricomposta come in un puzzle, avrebbe potuto rappresentare la sola strada in grado di condurmi fino al simbolo del nostro popolo: il sigillo del Re dei Re.

«Vorrei parlarle ancora di un personaggio molto importante per il mio paese, messo al bando tra gli occidentali a causa dell’opera di uno scrittore dotato di grande fantasia. Sto parlando di Vlad Dracula: un eroe che ho intenzione di riabilitare agli occhi del mondo intero», mi disse un giorno, mentre eravamo impegnati in una logorante attesa della preda sorseggiando rari tè indiani accompagnati da prelibati dolci serviti su vassoi d’argento. «Ciò che noi sappiamo di Dracula, o meglio, ciò che il mondo conosce, corrisponde alla figura del vampiro di Bram Stoker. Il protagonista degli incubi di migliaia di lettori. In alcuni casi, invece, il Vlad realmente esistito è considerato come uno spietato assassino, passato alla storia con l’appellativo di Tepes, l’Impalatore. Dracula fu invece un sovrano integerrimo. Non nego sia stato inflessibile e severo, ma come non esserlo a quei tempi, con la minaccia dell’Islam alle porte? Fu lui che impedì ai musulmani, con invalicabili barriere, di invadere l’Europa. Il mondo occidentale deve anche a Vlad Tepes la preservazione delle proprie frontiere e la sopravvivenza della civiltà cristiana. Non creda che questa sia una rilettura della Storia da parte di un uomo di governo accecato dal sentimento patriottico: Dracula fu una pedina importante nello scacchiere europeo di quell’epoca.»

«Anche Dracula faceva parte del disciolto Ordine del Drago, non è vero?»

«L’Ordine del Drago non è mai stato sciolto, dottor Breil. Molte persone tuttora ne fanno parte e ancora oggi si adoperano affinché il loro mondo non cada nelle mani sbagliate…»

« E col Mio permesso risuscitasti il morto… » ripeté ancora una volta Cassandra Ziegler rivolta a Oswald Breil.

Così si concludeva l’ultima missiva del Giusto.

«Quale segreto si nasconde dietro a queste parole?»

«Ragioniamo con calma», disse Oswald premendosi le mani sulle tempie. Quindi, aprendo una copia del Corano, disse, prima di incominciare a leggere: «Quella frase fa parte di un versetto del Corano che recita: E quando Allah dirà: ‘O Gesù figlio di Maria, ricorda la Mia grazia su di te e su tua madre e quando ti rafforzai con lo Spirito di Santità! Tanto che parlasti agli uomini dalla culla e in età matura. E quando ti insegnai il Libro e la saggezza e la Torà e il Vangelo, quando forgiasti con la creta la figura di un uccello, quindi vi soffiasti sopra e col Mio permesso divenne un uccello. Guaristi, col Mio permesso, il cieco nato e il lebbroso. E col Mio permesso risuscitasti il morto. E quando ti difesi dai Figli d’Israele allorché giungesti con le prove. Quelli di loro che non credevano, dissero: “Questa è evidente magia” ’ ».

«Si tratta della quinta sura del Corano, ‘La Tavola Imbandita’. È uno dei tanti passi coranici in cui si fa riferimento alla vita di Cristo. Naturalmente il morto resuscitato è Lazzaro, che Cristo riporta in vita con il permesso di Allah misericordioso.»

Cassandra lesse per l’ennesima volta la copia della lettera. L’originale, come sempre, era già stato inviato alla CIA, titolare delle indagini: « Quando giungerete dove il morto è vissuto per poi morire, riceverete nuove informazioni. ‘E col Mio permesso risuscitasti il morto’… »

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