Impacchettò l’inaspettato finale e lo spedì lungo le autostrade telematiche del mondo, sapendo che Breil avrebbe ricevuto il suo messaggio e avrebbe trepidato, così come aveva fatto lei, man mano che la conclusione di quella lunga storia avesse preso corpo ai suoi occhi.
Ma il suo compito non era finito: il piccolo uomo le aveva commissionato un altro incarico.
«Hai mai sentito parlare di ELS?» le aveva chiesto Oswald.
Dopo alcune ore di lavoro attorno al testo, le sembrò di avere scoperto quale potesse essere la «chiave».
Nei linguaggi cifrati veniva definita «chiave» una parola, numero o formula in base alla quale era possibile decrittare un testo.
«Non fermiamoci proprio adesso, Sara», disse a se stessa la giovane ricercatrice, nel tentativo di farsi forza e di vincere la stanchezza. «E speriamo che, per una volta, la presenza di Oswald non debba essere associata alla solita scia di guai che si porta appresso ovunque vada.»
L’intuito le diceva che la sua speranza si sarebbe rivelata un’utopia. La cometa di Oswald Breil non poteva transitare senza alterare, nel bene o nel male, i destini del mondo, e quello di Sara Terracini in particolare.
Valacchia, 1474
I lunghi anni di prigionia, la solitudine, il distacco dal mondo avevano profondamente cambiato il principe Dracula. Pur non avendo perso né il coraggio né la fierezza, Vlad III era diventato un uomo più pacato e nel suo cuore ora trovavano posto sentimenti nuovi, in contrasto con la crudeltà e la sete di vendetta che ne avevano fatto il terrore dei suoi nemici.
Il pensiero di Dracula corse all’anello che aveva assicurato attorno al collo di suo figlio e sorrise: per ironia della sorte, la rocca che faceva parte dei possedimenti del re Matthias nei pressi della città di Buda e nella quale era stato rinchiuso, si chiamava la Rocca di Salomone.
Il chiavistello venne aperto dall’esterno. Un carceriere gli legò le mani, mentre un secondo lo teneva a bada con una picca.
«Te lo chiedo un’ultima volta, Vlad: la libertà, il principato di Valacchia e la mano di mia nipote», disse il re, «in cambio dell’abbandono del rito ortodosso e della tua conversione a quello cattolico romano.»
«Mio signore, sono trascorsi dieci lunghi anni in cui ho languito nelle vostre prigioni, senza un regolare processo e infamato dall’accusa di tradimento. Non vi ho mai tradito, né mai sono sceso a patti col nemico, meno che mai con i turchi.»
«Ci sono tre lettere firmate di tuo pugno che provano il contrario.»
«Voi sapete bene quanto me che si tratta di falsi, sire. Io vi sono sempre stato fedele.»
«E sia, ma per riavere ricchezza, potere e libertà dovrai rinnegare l’ortodossia», incalzò Matthias.
«Sono pronto a convertirmi alla fede cattolica, mio re», disse Dracula chinando il capo.
Il re fu di parola. La conversione di Dracula valeva forse di più di una vittoria sul campo: nelle strategie di governo e nei giochi di alleanze, tale successo rassicurava il re d’Ungheria. L’appoggio del papa era indispensabile per Matthias e la conquista, in nome della Chiesa romana, della Valacchia sarebbe stata un’ottima credenziale.
La liberazione del principe Dracula avrebbe poi fatto tacere le proteste che si erano levate da più parti: ortodosso o no, Dracula era da molti riconosciuto come un accanito difensore delle frontiere del cristianesimo.
Vlad e la giovane seconda moglie, di discendenza regale, si trasferirono in una lussuosa casa di Buda, in attesa del momento propizio per prendere nuovamente possesso del trono di Valacchia.
«A cosa stai pensando, mio signore?» chiese un giorno la principessa ormai prossima al parto.
«Ti giuro che amerò e proteggerò questo mio figlio a costo della mia stessa vita.»
«Perché dici questo, marito mio?»
«Sono stato costretto ad abbandonare un figlio durante la mia fuga da Poenari.»
«Lo so. E immagino la tua sofferenza, ma se credi che possa farti piacere, potresti raccontarmi com’è accaduto. A volte parlare può servire a liberarsi dei sensi di colpa.»
Brevemente Dracula riassunse le fasi concitate della sua fuga.
«Non mi sembra che tu debba sentirti responsabile per ciò che è accaduto. Ti sei comportato come il migliore dei padri cercando di regalare la libertà a tuo figlio. Sei sicuro che egli sia morto?»
«Ne sono certo: come potrebbe un bambino che a stento cammina sopravvivere ai rigori e ai pericoli della foresta?» Vlad fece una pausa, quindi continuò. «Qualora riuscissi a tornare nella mia terra e a salire di nuovo sul trono, tu e i nostri figli non vi muoverete da Buda. Sono troppi i pericoli a cui andreste incontro come miei familiari. Non voglio esporvi alle infide trame dei miei tanti oppositori.»
«Ma chi potranno essere mai gli oppositori di un principe, nelle cui vene scorre il nobile sangue dei regnanti di Valacchia e che, dopo la sua conversione al cattolicesimo, gode dell’appoggio del re d’Ungheria?»
«Potrei citarne molti, ma ti ricorderò soltanto i più dichiarati, moglie mia: i boiari, i sassoni, le stirpi dei Basarab e dei Dinesti e, non ultimi, i soldati agli ordini del sultano di Turchia. Ti sembrano sufficienti?»
«Iosua!» chiamò l’uomo, con un tono rude che mal celava l’amore e la forza del sentimento paterno. «Le vacche stanno ululando come lupi affamati. Hai provveduto a mungerle?»
«No, padre, stavo per farlo», rispose il giovane, poco più che quattordicenne, mostrando il secchio di legno nel quale raccogliere il latte.
L’uomo aveva guardato Iosua con affetto e orgoglio: quello era di sicuro il migliore dei suoi cinque figli. Iosua era sveglio, obbediente, pronto e aitante. Non mancava mai di soddisfare ogni sua aspettativa.
L’uomo sollevò il pagliericcio sul quale dormiva, spostò un mattone del pavimento proprio sotto al letto ed estrasse la catena. Rimase a guardare affascinato l’Anello dei Re. Non aveva mai avuto dubbi sulle origini del piccolo da lui trovato nella foresta. Adesso che in molti parlavano dell’imminente ritorno di Dracula sul trono, la sua onestà gli avrebbe imposto di presentarsi dinanzi al sovrano e restituire a lui l’anello e, a malincuore, anche il figlio che aveva allevato e amato teneramente.
Matthias, Dracula e suo cugino Stephen di Moldavia decisero di dimenticare il passato fatto di tradimenti e antichi rancori e sancirono per iscritto un patto nell’estate del 1475. I tre condottieri, uniti, avrebbero dato compimento alle loro crociate contro gli invasori saraceni. La preparazione militare e la perseveranza di Dracula e dei suoi alleati nel respingere i continui assalti dei turchi riuscirono a confinare gli infedeli al di là del placido Danubio.
Era l’estate del 1476 quando il metropolita di Arges investiva nuovamente Dracula della carica di principe di Valacchia.
«Perché hai chiesto udienza?» chiese Dracula invitando con un gesto il contadino e il ragazzo al suo fianco a rialzare la testa.
«Quello che ho da dirti, mio signore, è una cosa molto privata e preferirei non ci fosse nessuno ad ascoltare.»
Dracula stava per adirarsi per quella mancanza di rispetto, poi pensò che non rischiava nulla: l’uomo aveva un aspetto mite e sembrava animato dalle migliori intenzioni. Decise quindi di assecondare il desiderio del contadino e fece uscire tutti dalla sala. Rimasti soli, lo invitò a parlare.
«Io sono Mihail e questo è mio figlio Iosua, signore. Coltivo la terra dai tempi in cui tuo padre governava queste regioni.»
«Continua, Mihail», lo incoraggiò il principe.
«Iosua non è davvero mio figlio, egli è un trovatello.»
«È cosa nobile prendersi cura dei bambini abbandonati, Mihail.»
«Quando io ho trovato il piccolo, che si era perso nella foresta vicino al castello di Poenari, aveva questa al collo.»
Читать дальше