Marco Buticchi - L'anello dei re

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Un attentato a New York semina il panico tra la popolazione, ma si tratta solo di un primo caso di una serie di agguati verso la popolazione musulmana. Il rivendicatore si firma “Giusto in nome di Dio” e imprime sulle sue lettere il sigillo a 6 punte del re Salomone. Si alternano quindi le vicende dei possessori dell’anello. Dalla Venezia del 1300 si passa al fronte carsico della Grande Guerra e poi fino alla dittatura di Ceausescu in Romania.Questi flash-back si alternano alla ricerca del “Giusto” da parte di Oswald Breil e Cassandra Ziegler. Dopo numerosi colpi di scena , intrighi di potere, di cui sono protagonisti anche personaggi realmente esistiti, i protagonisti riescono a scoprire la vera identità del “Giusto” e evitare l’ennesimo massacro.

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‹CONOSCO BENE QUESTO TUO DIFETTUCCIO. DAMMI UNA CHIAVE E VEDRÒ DI SCOPRIRE L’ARCANO! ›

‹GIÀ, UNA CHIAVE, GENERALMENTE UN NUMERO O UNA PROGRESSIONE DI NUMERI CHE INDICANO, ALL’INTERNO DI UN TESTO, QUALI LETTERE UTILIZZARE PER COMPORRE LA PAROLA O IL MESSAGGIO SEGRETO

SHALOM , OSWALD, E… ACCIDENTI A ME CHE CI CASCO SEMPRE. MI METTO SUBITO AL LAVORO, ANZI… ACCIDENTI A TE!›

Senza nemmeno aspettare che Breil rispondesse al saluto, Sara Terracini chiuse la comunicazione.

Erano le sette del mattino quando Oswald uscì sul porticato prospiciente la villa degli Habar e raccolse il giornale appena depositato davanti all’uscio. Dopo l’arresto di Deidra Blasey aveva esaminato con attenzione la lista dei sospettati a cui erano giunti per eliminazione: si aspettava quella notizia.

Bussò alla porta della stanza di Cassandra. Dato che non ottenne risposta, Oswald entrò in punta di piedi. La donna dormiva profondamente.

Le lenzuola erano scivolate ai piedi del letto. Le gambe lunghe e flessuose sembravano sculture nella penombra della stanza.

«Ehm… Cassandra…» disse Oswald con una punta di imbarazzo. «Cassandra, svegliati!»

«Ma che ore sono, Oswald?»

«Sono passate da poco le sette. Ti avrei lasciata dormire ancora se non avessi visto questo.» Così dicendo, Oswald aprì la prima pagina del giornale davanti ai begli occhi azzurri e assonnati della donna.

«Arrestato il complice del Giusto in nome di Dio, si tratta del sergente Kingston, assistente del colonnello Blasey. Anche sulle sue mani gli esami di laboratorio hanno evidenziato tracce di T4. Il sottufficiale ha sempre seguito la donna in tutti i suoi spostamenti.»

«E certo che c’erano tracce di esplosivo: quei due poveracci se lo sarebbero anche mangiato il T4, pur di scongiurare il pericolo di un’esplosione nello stadio gremito», esclamò Cassandra.

«Temo si tratti di un altro tentativo di depistaggio del nostro amico Glakas. Vado sino all’edicola per comprare altri giornali.»

Oswald uscì nella fresca aria di settembre che calava dalle Montagne Rocciose.

Aveva fatto solo pochi passi che un uomo lo avvicinò. Contemporaneamente un cameraman si piazzò davanti a loro, l’uomo allungò un microfono sotto la bocca di Breil e fece partire il servizio.

«Buongiorno da Jordan Cruner per la K.C. News. Stiamo camminando al fianco di Oswald Breil. Per chi non lo conoscesse, ricordo che ha ricoperto le massime cariche nei servizi segreti israeliani e che è stato membro del governo e primo ministro del suo paese. Da qualche tempo lo troviamo spesso presente sulla scena degli atti terroristici del Giusto. Ieri è stato vittima di un attentato mentre si trovava in compagnia della dottoressa Ziegler, recentemente sollevata dal suo incarico dirigenziale all’interno dell’FBI. Per fortuna siete entrambi sfuggiti all’esplosione della vostra auto. Vuole raccontare qualche particolare ai nostri telespettatori, dottor Breil?»

«Sono in corso indagini che non mi autorizzano a rilasciare alcuna dichiarazione», rispose Breil continuando a camminare.

Jordan Cruner lo seguiva con il suo passo dinoccolato, lievemente zoppicante.

«La sua presenza a fianco degli uomini… pardon… delle donne dei servizi governativi può significare qualche cosa in particolare… che so, indagini congiunte tra i servizi del suo paese e i nostri?»

«Sono un comune cittadino e da tempo non rivesto alcun incarico ufficiale né in Israele né altrove.»

«E come spiega la sua presenza a Cipro con Cassandra Ziegler e con colei che è stata accusata di essere l’attentatore che si fa chiamare il Giusto in nome di Dio?»

Oswald era arrivato all’edicola, dribblò abilmente il cronista e il cameraman e, acquistati i giornali che gli interessavano, riprese la strada di casa, mentre Jordan Cruner si fermava all’angolo per relazionare i suoi telespettatori in merito all’evolversi delle indagini. L’argomento era sulla bocca di tutti: l’arresto del Giusto in nome di Dio e del suo complice, sergente Kingston, era una notizia da prima pagina.

61

Dagli appuntì raccolti da Asher Breil

a Cortina d’Ampezzo, 1967

Il locale notturno su Sands Avenue, nel centro di Las Vegas, era gremito. L’aria era satura di un fumo denso e azzurrognolo, attraverso il quale il fascio di luce dell’occhio di bue faceva fatica a passare.

Ben diverse però erano le platee oceaniche a cui un tempo era abituato il grande attore. Ormai gli spettatori andavano a vederlo con lo stesso spirito con cui si osservano le fiere allo zoo: l’ammirazione aveva lasciato il posto alla curiosità e a un malcelato senso di compassione.

Il cerchio di luce si fece più largo e nella sala scese il silenzio. Quindi uno speaker cominciò a parlare con voce grave e profonda: «’Ho ucciso uomini e donne, vecchie e bambini di Oblucitza e Novoselo, dove il Danubio si getta nel mare fino a Rahova. Abbiamo ucciso 23.884 turchi e bulgari, senza contare coloro che sono arsi vivi nelle case a cui abbiamo appiccato il fuoco e quelli le cui teste non sono state mozzate dai nostri soldati…’ Da una lettera di Dracula datata 11 febbraio 1462 e indirizzata a Matthias Corvinus, re d’Ungheria».

Lo speaker a questo punto uscì dalle quinte e, continuando a parlare, si incamminò con passi lenti e calcolati sul palcoscenico: «Forse non tutti sanno che la creatura infernale è realmente esistita: Vlad III Dracula, signore di Valacchia, chiamato Tepes, l’Impalatore, ha calpestato la terra, prima che questa si aprisse e lo inghiottisse tra le fiamme degli inferi. Nacque a Sighisoara nel 1431 e morì in battaglia, nei pressi di Bucarest, nel 1476. Le sue spoglie, prive della testa che venne inviata come trofeo al sultano, furono sepolte nel monastero che sorge sull’isola di Snagov. Nel 1931, una volta individuata la tomba del principe valacco una spedizione di archeologi aprì il sepolcro. All’interno venne rinvenuto soltanto lo scheletro di un animale.

«Gli aneddoti sulla malvagità dell’Impalatore si sono diffusi per secoli tra le popolazioni germaniche e russe».

Ogni volta che il narratore faceva una pausa, una musica inquietante contribuiva ad accrescere la suspense.

«Si narra che una volta, mentre Dracula banchettava nei pressi del campo dove giacevano impalati i suoi condannati, un importante ospite gli chiese se l’olezzo dei cadaveri non turbasse il suo desinare. Dracula ordinò che l’impertinente venisse conficcato sul palo più alto, in modo che potesse godere appieno dei profumi provenienti dai suoi compagni di sventura.»

Il fascio di luce divenne rosso, l’atmosfera pareva dipinta col colore del sangue vivo.

«Una volta Dracula riunì tutti i poveri e i mendicanti in una grande sala e offrì loro una sontuosa cena. Al termine Vlad l’Impalatore chiese loro se volevano che lui li sollevasse dall’indigenza e dalla povertà. Un coro di sì si levò dalla folla dei poveretti. A un comando di Dracula, le guardie sprangarono le porte dall’esterno e appiccarono il fuoco alla sala gremita.»

Dei pipistrelli, manovrati da fili invisibili, incominciarono a volteggiare per la sala, mentre dagli altoparlanti proveniva il fastidioso squittio degli animali: «Alcuni ambasciatori del sultano turco giunsero un giorno alla corte di Dracula. Questi rimase ad ascoltarli con attenzione e quindi chiese loro perché non si fossero tolti il turbante al suo cospetto. Essi risposero che era usanza delle loro genti tenere il capo coperto in ogni circostanza. Dracula comandò che i turbanti venissero inchiodati alle teste degli ambasciatori, in modo che non potessero più venire meno agli usi delle loro terre».

Il fumo artificiale si alzava dal centro del palco, dove un marchingegno idraulico stava sollevando una bara mirabilmente intagliata. Il narratore continuò: «Molti sarebbero ancora gli aneddoti sul principe delle Tenebre, ma io vorrei tornare al mistero della sua morte. Trovata vuota la tomba, in molti si interrogarono sul luogo ove potesse trovarsi il corpo di Vlad. Si diceva altresì che, assieme alle spoglie del principe, era stato tumulato l’ingente tesoro della sua famiglia. Venne quindi rinvenuta e aperta una seconda tomba, sempre sull’isola di Snagov e a pochi passi dalla prima. In essa giaceva il corpo di un uomo. Dai resti degli abiti venne appurato che si poteva trattare di un notabile dell’epoca. Al dito portava due anelli. Alcuni studiosi della storia della Romania e conoscitori dell’Ordine del Drago, un ordine cavalleresco a cui anche Dracula apparteneva, nell’esaminare gli anelli dissero che uno dei due era attribuibile ai membri dell’Ordine e che l’altro era un semplice gioiello di ricca fattura. Mancava però un anello, quello che Vlad era solito indossare sempre. Un antichissimo anello d’oro le cui oscure origini si perdevano nella notte dei tempi… Il fatto che l’anello non fosse al dito del cadavere riesumato significava che quello non poteva essere il corpo di Vlad III Dracula. Ed è così, dal momento che Dracula il Vampiro è ancora tra noi…»

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