«Come potrei ignorare un problema che mette a repentaglio la vita di tanti innocenti?»
«Vuoi che ti accompagni all’aeroporto?»
«Non ce n’è bisogno. Ma mi dispiace di lasciarti tornare da sola.»
«Avrò sicuramente paura senza la tua protezione, Oswald. Il centro di Washington dista da qui ben tredici chilometri!»
«Ti accompagno alla macchina, così recupero la mia valigia. Poi prenderò un taxi.»
L’auto di Cassandra si trovava nel parcheggio riservato ai visitatori, poco distante dal palazzo.
Non appena furono vicino all’automobile, la donna prese dalla borsa la chiave con il telecomando di apertura.
«Aspetta!» le gridò Breil.
«Che cosa succede, Oswald?»
«La tua auto ha un sistema automatico di chiusura dei cristalli? Quei marchingegni tipo sistemi d’allarme che chiudono automaticamente i vetri quando sono stati dimenticati aperti?»
«L’unica diavoleria elettronica è il sistema telecomandato di accensione. Mi hanno detto che questa macchina era destinata ai mercati dell’Alaska e che per questo era stato predisposto un optional in più. Non l’ho mai usato, ma dicono che sia utile quando le temperature sono molto rigide e si vuole riscaldare l’abitacolo prima di salirvi. Perché me lo chiedi?»
«Non so: ero sicuro d’aver lasciato due dita del mio finestrino aperto, cosa che faccio sempre quando esco da un’auto sulla quale dovrò risalire entro breve tempo. Guarda: il finestrino è chiuso. Hai con te il telecomando per la messa in moto a distanza?»
«Sì, certo, è questo pulsantino rosso sulla chiave.»
Dall’ufficio di Glakas si vedeva il parcheggio ospiti. Il dirigente della CIA si affacciò, come buona parte dei suoi colleghi, subito dopo che una violenta esplosione ebbe scosso l’intero edificio.
Oswald tolse il braccio con cui aveva protetto il capo di Cassandra, stesa a terra di fianco a lui, quindi si alzò in piedi e si volse verso il palazzo alle sue spalle. Vide chiaramente la sagoma di George Glakas dietro la finestra dell’ufficio d’angolo al quarto piano.
Quello che rimaneva dell’auto di Cassandra ardeva con gli sportelli sradicati dalla violenza della detonazione: la dinamica dell’attentato era la stessa di quella con cui era stato tolto di mezzo l’agente Firenall a Cipro.
«E adesso qualcuno ci racconterà una bella storia di complici o di concierge di un hotel che piazzano bombe nelle auto, mentre il Giusto si trova in una galera federale», disse Breil, guardando fisso in direzione della finestra.
La versione ufficiale fu addirittura più semplice: gli uomini della CIA che li interrogarono per oltre due ore insistevano sul fatto che persone come loro avessero molti nemici pronti a fargli la pelle e che l’ordigno, con ogni probabilità, non era stato piazzato mentre l’auto si trovava all’interno del parcheggio, ma prima. A riprova della loro teoria gli agenti avevano visionato assieme a Oswald e Cassandra la registrazione di una telecamera a circuito chiuso che riprendeva il parcheggio da una tale distanza da rendere irrilevante qualsiasi immagine.
Oswald aveva perso il primo aereo e non voleva perdere il secondo.
«Credo che non sia opportuno che tu rimanga a Washington, Cassandra.»
« Mazal tov , Oswald! Grazie a Dio, Oswald… non ti è successo nulla. Ho appena sentito alla televisione la notizia. E anche lei, signorina, per fortuna non si è fatta nulla. Se non erro è stata la sua auto a saltare in aria.» Lilith Habar accolse sia Breil che Cassandra con i suoi modi ospitali e la solita allegria.
«Quell’orso di mio marito passa tutto il giorno davanti alla tv, da quando è stato messo in pensione. Ma questa volta sei riuscito a farlo sobbalzare sulla seggiola. Era talmente agitato che non è riuscito nemmeno a spiegarmi che cosa stava succedendo. Adesso che siete qui, però, sono più tranquilla. Per Cassandra ho preparato la stanza degli ospiti, tu invece dormirai sul divano, Oswald.»
«Grazie, Mame-loshen , e scusami tanto per questo disagio.»
«Ma quale disagio: un po’ di compagnia è quello che mi ci vuole, dato che il mio appassionato marito me ne dedica ben poca.»
Cassandra si ritirò nella stanza che Lilith aveva preparato per lei, stremata da una giornata che avrebbe messo a dura prova chiunque.
Oswald, invece, sedette dinanzi allo schermo del computer portatile e attivò la connessione: la posta in arrivo conteneva voluminosi file inviatigli da Sara.
George Glakas si allontanò dalla finestra per rispondere al telefono.
«Stai perdendo colpo su colpo, non capisco che cosa mi spinga a parlare ancora con te.»
«Il fatto è che siamo sulla stessa barca, caro mio, e che quei due figli di puttana l’hanno fatta franca anche questa volta», disse la voce metallica. «Ricordi chi mi ha procurato l’esplosivo per l’attentato allo stadio? Con quello che mi è avanzato farò una bella festa nei prossimi giorni. Tu sei colpevole quanto me, con l’aggravante che il tuo ruolo ufficiale, caro Glakas, dovrebbe essere quello di liberare il mondo dalla gente come me e non di metterle a disposizione plastico ad alto potenziale. Anzi, ti volevo appunto comunicare che per la prossima fornitura dovrai superare te stesso… no, ma forse è ancora prematuro parlarne. Ti ringrazio per aver indirizzato i sospetti e le indagini su quella marine cicciona. Ma pensavo che sareste arrivati prima a lei. »
«Che cosa vuoi dire?»
«Che sono molto più furbo di quanto tu non creda, Glakas. Deidra Blasey è una delle volpi che ho fatto correre per confondere il fiuto dei segugi. Mi rifarò vivo.»
Oswald Breil lesse le ultime parole che suo padre aveva scritto per lui e che, per una serie di circostanze, gli erano giunte dopo quasi quarant’anni. In quelle pagine si trovava con ogni probabilità la verità sull’incidente che aveva ucciso i suoi genitori.
Guardò l’orologio: in Italia dovevano essere le prime ore del mattino. Non poteva pretendere che Sara Terracini fosse ancora sveglia: le avrebbe mandato una mail, anche se sapeva che, per la risposta, avrebbe dovuto attendere alcune ore.
‹GRAZIE, AMICA MIA. NON CREDO TU POSSA IMMAGINARE QUANTO IL TUO LAVORO MI SIA STATO UTILE. FINALMENTE, FORSE, RIUSCIRÒ A FAR LUCE SU UN INCIDENTE CHE HA SEGNATO LA MIA VITA. HAI MAI SENTITO PARLARE DI ELS (EQUIDISTANT LETTER SEQUENCES)?›
Oswald stava per spegnere il computer: qualche ora di sonno non gli avrebbe potuto fare che bene. Lo scampanellio lo avvertì che qualcuno gli aveva inviato un messaggio.
‹EQUIDISTANT LETTER SEQUENCES???› furono le sole parole che Sara aveva scritto nella speranza che il piccolo uomo fosse ancora in linea.
‹MA TU NON DORMI MAI, DOTTORESSA TERRACINI?›
‹NO, DA QUANDO LA SORTE HA FATTO SÌ CHE IO TI CONOSCESSI, BREIL. HO APPENA PORTATO A TERMINE UNO DEI DUE «COMPITI A CASA» CHE MI HAI AFFIDATO. STO ANCORA LAVORANDO SUGLI APPUNTI CHE TUO PADRE HA RACCOLTO DURANTE LA CONVERSAZIONE CON IL GENERALE ITALIANO. MA BANDO AI CONVENEVOLI: PERCHÉ PARLI DI SEQUENZE DI LETTERE EQUIDISTANTI?›
‹UN TALE RABBINO H.M.D. WEISSMANDEL PUBBLICÒ PER PRIMO NEL 1958 UNO STUDIO IN CUI SI TENDEVA A DIMOSTRARE CHE NEL PENTATEUCO SI CELASSERO DEI MISTERI SEGRETL›
‹CONOSCO QUELLA STORIA E SO ANCHE CHE RECENTEMENTE UN CERTO DROSNIN HA SCRITTO UN LIBRO — CODICE GENESI — IN CUI SOSTIENE CHE NEI PRIMI CINQUE LIBRI DELLA BIBBIA, IL PENTATEUCO APPUNTO, SIANO PREVISTI ALCUNI DEGLI AVVENIMENTI CHE HANNO CONDIZIONATO LA NOSTRA STORIA, INCLUSO L’OMICIDIO DI RABIN E LA DISTRUZIONE DELLE TORRI GEMELLE A NEW YORK. CI STO ARRIVANDO, OSWALD…›
‹IO VIVEVO A TEL AVIV E PRESTO MI SAREI DOVUTO TRASFERIRE ANCH’IO IN ROMANIA PER SEGUIRE I MIEI. RICORDO CHE UNA DELLE ULTIME DISCUSSIONI CHE HO AVUTO CON MIO PADRE RIGUARDAVA PROPRIO L’OPERA DI WEISSMANDEL E LE ELS. NON C’ERA MOTIVO LOGICO PER NOMINARE IL PENTATEUCO SUL FINIRE DI UNA LETTERA A UN FIGLIO, A MENO CHE MIO PADRE NON AVESSE INTENZIONE DI TRASMETTERMI UN MESSAGGIO SEGRETO. DEL RESTO È LUI CHE MI HA LASCIATO IN EREDITÀ LA PASSIONE PER OGNI TIPO DI LINGUAGGIO CRIPTATO O ALFABETO SEGRETO…›
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