Marco Buticchi - L'anello dei re

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Un attentato a New York semina il panico tra la popolazione, ma si tratta solo di un primo caso di una serie di agguati verso la popolazione musulmana. Il rivendicatore si firma “Giusto in nome di Dio” e imprime sulle sue lettere il sigillo a 6 punte del re Salomone. Si alternano quindi le vicende dei possessori dell’anello. Dalla Venezia del 1300 si passa al fronte carsico della Grande Guerra e poi fino alla dittatura di Ceausescu in Romania.Questi flash-back si alternano alla ricerca del “Giusto” da parte di Oswald Breil e Cassandra Ziegler. Dopo numerosi colpi di scena , intrighi di potere, di cui sono protagonisti anche personaggi realmente esistiti, i protagonisti riescono a scoprire la vera identità del “Giusto” e evitare l’ennesimo massacro.

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I turchi avanzavano incerti: nelle truppe si era diffusa la leggenda di un esercito nemico invincibile e formato da fantasmi immortali e ferocissimi.

Dracula, tenendo a freno l’irruenza del suo destriero nero e lucente, aveva ordinato: «Dovete abbandonare il villaggio e rifugiarvi sulle montagne».

«Perdonatemi, altezza, ma noi qui abbiamo tutto quello che possediamo», gli aveva risposto il boiaro che reggeva la cittadina. «Molti di noi preferiscono resistere e combattere per tentare di salvare le loro case e le loro famiglie.»

«Da quella direzione», aveva detto Dracula indicando la strada che portava al Danubio, «stanno arrivando oltre trentamila soldati turchi agli ordini di Mehmed. E voi sperate che i vostri sporchi e inesperti uomini e le fragili mura di questa città possano fermarli? Avete ancora qualche ora di tempo. Radunate i cittadini, dite loro di portare con sé tutto ciò che possono e mettetevi in salvo. È un ordine. Voi sapete dopo quali e quanti supplizi i turchi uccidono i loro prigionieri, non è vero?»

Così come aveva fatto per ogni altro villaggio o città incontrati nel corso della sua ritirata, Dracula, una volta che gli abitanti si erano allontanati, aveva appiccato il fuoco alle case e aveva avvelenato l’acqua dei pozzi.

«I turchi dovranno incontrare soltanto terra bruciata lungo il loro cammino», diceva il principe mentre i bagliori dell’incendio ne illuminavano gli occhi freddi come il ghiaccio.

E così era stato: l’esercito invasore, sempre più demoralizzato e stanco, si era visto costretto a marce forzate per approvvigionarsi d’acqua e di viveri che si erano ormai resi irreperibili. Le avanguardie di soldati turchi incaricate della ricerca, inoltre, costituivano la più appetibile preda per gli attacchi dei guerriglieri di Dracula.

Ma il peggio doveva ancora venire: la sottile mente del principe aveva in serbo alcune sorprese per piegare definitivamente il nemico.

La tenda del sultano si trovava al centro dell’accampamento. Era riconoscibile dall’esterno per le sue dimensioni e per la ricercatezza delle finiture. I soldati musulmani avevano marciato per sette giorni senza trovare un pozzo che non fosse contaminato, né viveri freschi, e l’esercito stremato godeva finalmente di alcune ore di riposo. Il caldo, in quell’estate del 1462, rappresentava un altro nemico da combattere: molti turchi erano morti a seguito del propagarsi di malattie dovute alla malnutrizione, alla mancanza d’acqua e al clima torrido. Ma finalmente la meta sembrava a portata di mano: la capitale Tirgoviste distava ormai pochi giorni di marcia.

Ancora una volta il branco famelico di lupi assalì i turchi all’improvviso. Dracula, alla guida di un piccolo manipolo, piombò sull’accampamento armi in pugno. L’intento del principe era quello di raggiungere la tenda del sultano e assassinarlo.

Come furie i valacchi lanciavano i destrieri negli spazi tra le tende e si accanivano contro ogni soldato nemico che osava pararsi loro dinanzi.

Mehmed II era un abile combattente, ma fu colto di sorpresa: i suoi nemici stavano raggiungendo il centro del campo.

«Presto, armatevi e difendiamoci!» disse il sultano, impugnando la scimitarra e ponendosi alla guida dei suoi che sbandavano in preda al terrore.

Quell’incitamento fu da sprone alla riscossa: seguendo il loro condottiero, i turchi organizzarono la difesa, riuscendo infine a respingere l’assalto a pochi passi dalla tenda di Mehmed. Il prezzo che pagarono fu però altissimo: un migliaio di soldati persero la vita e innumerevoli furono i feriti.

Tra i valacchi caddero un centinaio di cavalieri.

«Avanti, parla: quali sono i piani del tuo principe Dracula?» aveva chiesto il gran visir Machumet a un cavaliere che i suoi uomini avevano catturato.

L’altro rimase in silenzio, mentre una folla di soldati si raccoglieva intorno a loro per vedere come si sarebbe concluso l’interrogatorio. Il cerchio si aprì, il sultano Mehmed sopraggiunse per rivolgere alcune domande al prigioniero.

«Il gran visir ti ha chiesto di rivelarci i piani di Dracula e in cambio avrai salva la vita. Mi hai compreso?»

Il fedele soldato di Vlad continuò a tacere.

«Vediamo se questo riuscirà a scioglierti la lingua», disse il visir mentre due enormi soldati si avvicinavano tenendo una grossa sega di quelle utilizzate per abbattere gli alberi. «Ti farò segare in due se non parli.»

Per tutta risposta il cavaliere si sdraiò, invitando il gran visir a dare subito l’ordine di ucciderlo.

Non un lamento uscì dalla sua bocca mentre veniva tagliato in due pezzi all’altezza dello stomaco.

Buona parte dell’esercito turco aveva assistito ammutolito all’eroismo con cui il soldato aveva affrontato una morte atroce: quel comportamento aveva rafforzato nei musulmani il timore di trovarsi di fronte a una leggendaria armata di invincibili.

L’attacco era fallito: il sultano era ancora vivo, ma Dracula era certo che gli animi dei nemici avessero subito un fiero colpo.

Quando Mehmed, vestito con i paramenti regali, entrò in Tirgoviste, dovette combattere contro il nulla: la capitale era deserta, i pozzi avvelenati e le poche riserve di cibo rimaste erano state date alle fiamme.

Mehmed fece un giro completo su se stesso, una volta all’interno delle mura.

«Dove ti nascondi, creatura infernale?» gridò il sultano, mentre, nel silenzio della città abbandonata, risuonava solo l’eco della sua voce.

Qualche palazzo era stato risparmiato dalle fiamme. I turchi vi entravano, allettati dal miraggio di un ricco bottino, ma ne uscivano poco dopo a mani vuote: ogni sacra reliquia o tesoro era stato portato via dai cittadini in fuga.

Come una furia il sultano balzò nuovamente a cavallo e urlò, rivolto ai suoi uomini: «In marcia! Dobbiamo scovarlo, non può essere lontano!»

La gola si trovava poco lontano, a nord di Tirgoviste: da sempre era stata eletta a luogo ideale per le imboscate degli uomini di Dracula. Mehmed intuiva il pericolo che poteva nascondere quel luogo angusto e perciò aveva ordinato ai suoi di muoversi con circospezione. Quando le vedette andate in avanscoperta tornarono indietro, fu come se avessero appena incontrato il demonio: frustavano a sangue i cavalli per mettere quanta più distanza potevano tra loro e il signore degli inferi.

Lo spettacolo dinanzi al quale i turchi, data la posizione in cui ormai si trovavano, sarebbero stati obbligati a passare era macabro e spaventoso: la gola era lunga un migliaio di metri. Il terreno era stato trasformato in una sorta di fitto bosco di pali sui quali erano stati infilzati vivi uomini, donne o bambini, poi orribilmente mutilati dagli uccelli e sfigurati dal procedere della decomposizione.

Molti erano lì da tempo, e all’interno delle loro gabbie toraciche avevano nidificato i merli o altri volatili.

Mehmed distolse lo sguardo dalla scena. In quel cimitero gli oltre ventimila cadaveri fungevano da monito: così erano finiti coloro che avevano osato tradire Dracula.

Il fetore era insopportabile.

In una piccola zona rialzata erano stati impalati i prigionieri turchi catturati dai valacchi nel corso della campagna militare di Mehmed.

Pochi giorni più tardi l’esercito turco aveva annunciato la sua ritirata.

«Si dice che il numero dei condannati a morte tramite l’impalazione per ordine del principe di Valacchia sia superiore a duecentomila», aveva detto al sultano il gran visir, mentre si accingevano a rientrare nei territori assoggettati alla Turchia al di là del Danubio.

«Quello che dobbiamo scovare è il lato debole di Dracula: la sua ferocia potrebbe essere la leva sulla quale agire per ottenere qualche risultato», aveva detto il sultano con aria pensosa. «Stai meditando di fomentare una rivolta, mio signore?» «La pace interna è da sempre una chimera per le turbolente regioni dell’Europa orientale. Noi conosciamo forse meglio degli occidentali quanto potere abbiano la diffusione del dubbio e il timore del tradimento tra le file del nemico. Un potere sicuramente maggiore di quello che ha appena mostrato il nostro esercito in armi. Non credo dovremo andare molto lontano per trovare chi farà da miccia per accendere le polveri.»

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