Marco Buticchi - L'anello dei re

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Un attentato a New York semina il panico tra la popolazione, ma si tratta solo di un primo caso di una serie di agguati verso la popolazione musulmana. Il rivendicatore si firma “Giusto in nome di Dio” e imprime sulle sue lettere il sigillo a 6 punte del re Salomone. Si alternano quindi le vicende dei possessori dell’anello. Dalla Venezia del 1300 si passa al fronte carsico della Grande Guerra e poi fino alla dittatura di Ceausescu in Romania.Questi flash-back si alternano alla ricerca del “Giusto” da parte di Oswald Breil e Cassandra Ziegler. Dopo numerosi colpi di scena , intrighi di potere, di cui sono protagonisti anche personaggi realmente esistiti, i protagonisti riescono a scoprire la vera identità del “Giusto” e evitare l’ennesimo massacro.

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«Le spiegherò volentieri il motivo della nostra visita, preside Jamal», disse Oswald non appena ebbe terminato la conversazione con il Giusto, «se lei mi promette che manterrà la calma e che la farà mantenere ai suoi alunni, qualsiasi cosa succeda. Ormai è troppo tardi per evacuare l’edificio. Che Dio ci aiuti.»

Dopo aver illustrato dettagliatamente la situazione, Oswald chiese: «Quante persone alloggiano all’interno del campus?»

«Adesso ci sono circa centocinquanta alunni, venticinque professori e una dozzina di inservienti. Ma per domani mattina aspettiamo un grande afflusso di alunni e genitori per il buffet annuale della vigilia del Ramadan.»

«Dobbiamo cercare di trovare gli ordigni prima di allora, anche se so per esperienza che non sarà facile.»

Le prime ombre della sera si allungavano sulla città di Pasadena. Nessuno avrebbe mai potuto immaginare il dramma che si stava consumando all’interno delle mura della scuola islamica. L’annuncio della segreteria, diramato attraverso l’impianto di diffusione interna, con il quale veniva comunicata la temporanea disattivazione delle linee telefoniche per guasti tecnici, non provocò clamore né curiosità.

«Diamoci da fare, gente: mancano soltanto poche ore», disse Oswald.

Le «poche ore» erano trascorse quando Oswald, Cassandra e Jamal si erano accasciati, sfiniti, nell’ufficio del preside.

Il giorno si era presentato troppo presto, come sempre avviene quando si spera che la notte non finisca mai: e quelle tre persone affrante avrebbero voluto che la notte si fosse protratta all’infinito.

«Abbiamo scandagliato ogni angolo, ogni zona comune, ogni possibile nascondiglio e tutto ciò che abbiamo trovato sono soltanto questi!»

Cassandra gettò sulla scrivania i dodici microfoni miniaturizzati che avevano rinvenuto nel corso dell’ispezione.

«Sono convinta che non abbiamo nemmeno portato a termine la bonifica dalle microspie: quasi certamente ce ne saranno altre e il Giusto starà sghignazzando in questo momento, assistendo al nostro insuccesso e alla nostra frustrazione», continuò la donna.

Il preside Jamal si affacciò alla finestra che dava sul viale d’accesso: i primi ragazzi, accompagnati dai genitori, stavano entrando nell’edificio principale proprio in quel momento.

«Bonifica ambientale… bonifica ambientale…» Il preside si batté una mano sulla fronte, ma non proseguì oltre: Oswald gli faceva cenno di tacere.

Breil accese la radio e parlò sottovoce all’orecchio del preside.

«Che cosa voleva dire, Decha?»

«Che gli studenti dell’ultimo anno hanno costruito un rivelatore magnetico simile a quelli che vengono usati per individuare microspie e altro.»

«Bingo!» esclamò Oswald. «Proviamo a rifare un giro della scuola con quello strumento, forse riusciremo a captare qualche onda magnetica che proviene dal meccanismo di innesco dell’ordigno.»

Nelle due ore che seguirono il terzetto percorse ancora una volta i corridoi, tra gli sguardi perplessi di insegnanti e studenti. Alle loro domande veniva risposto che due tecnici dei telefoni stavano cercando di individuare, servendosi di una speciale apparecchiatura, l’origine del guasto che aveva provocato il blackout telefonico ancora in corso.

Oswald e Cassandra stavano rientrando in presidenza. Oswald aveva in mano un’altra ventina di microspie rinvenute nel corso della nuova ispezione. Purtroppo quello era stato l’unico esito positivo della sortita: nessun segnale aveva indicato dove erano stati nascosti gli ordigni.

Oswald prese per un braccio Cassandra e la costrinse a fermarsi. Dall’ufficio del preside la voce concitata di una donna stava dicendo: «Io ho il diritto di sapere, signor preside. Sono un’insegnante e titolare della sicurezza all’interno dell’istituto. O lei mi dice che cosa sta succedendo o io…»

«Si calmi, professoressa Adnan. Come le ho già detto si tratta di tecnici della compagnia telefonica che stanno cercando il guasto che…»

«La faccia finita, signor preside. È incredibile che nessuno abbia riconosciuto quei due e, a ogni modo, io li ho riconosciuti perfettamente. Anche se indossano delle ridicole tute da lavoro, guarda caso uguali a quelle dei nostri inservienti. Le loro facce sono su tutti i giornali del pianeta. Mi chiedo che cosa ci facciano dentro la nostra scuola un ex primo ministro israeliano e un’ex dirigente dell’FBI. O mi risponde lei o sarò costretta a chiamare la polizia con il mio cellulare…»

Oswald e Cassandra entrarono in quel momento nella stanza e fecero cenno alla donna di tacere. Quindi Oswald ispezionò ogni parete e suppellettile servendosi del marchingegno progettato dagli allievi.

Accertatosi che nella stanza non ci fossero più microfoni, Oswald disse: «Se la cavano davvero bene i vostri allievi in elettronica. Mi chiamo Oswald Breil, professoressa, anche se ho capito che non è necessario che mi presenti. Cassandra Ziegler e io siamo qui in via del tutto privata, nel senso che nessuno tra gli organi ufficiali ai quali ci siamo rivolti ci ha dato ascolto per tentare di scongiurare una nuova e terribile minaccia».

«Io invece sono Xaviera Adnan. Siamo nelle mani del Giusto, non è vero, dottor Breil?» chiese la professoressa, sgranando gli occhi scuri messi in risalto dal velo chiaro che le copriva i capelli e la fronte.

In quell’istante il telefono di Oswald suonò.

«Vedo che lei è un giocatore di grande perseveranza e talento, dottor Breil.»

«E io vedo che lei si diverte a torturarmi. Del resto mi è chiaro che lei è completamente pazzo!»

«Non le conviene indulgere in epiteti offensivi, altrimenti chi le parla potrebbe insinuare che lei è un nano. Comunque, pazzo o no, sappia che mancano esattamente quattro ore allo scadere del mio ultimatum.»

«Quattro ore, ci rimangono solo quattro ore», ripeté Breil appena chiusa la comunicazione.

Quindi si dedicarono a dare una risposta alla domanda che la professoressa aveva formulato prima che la telefonata li interrompesse.

«È inutile negarlo, professoressa: pare che il Giusto abbia collocato uno o più ordigni all’interno della East Horizon School.» Così dicendo Cassandra elencò la serie di divieti che il terrorista aveva loro imposto, pena l’immediato innesco delle cariche.

«Non so se sia stato il mio sesto senso o la mia lungimiranza ma, in veste di responsabile della sicurezza, ho studiato la possibilità di trovare delle alternative alle normali vie di fuga. Così mi sono fatta carico di stilare un piano di emergenza che forse ora ci potrà essere utile. Aspettate solo un istante.»

Oswald guardò l’orologio: erano le nove del mattino, la bomba sarebbe esplosa alle tredici. Anche ammesso che avessero trovato l’ordigno o gli ordigni, chi avrebbe potuto disinnescarli in tempo utile, visto che un’esperta in esplosivi come il colonnello Blasey ci aveva messo ore? Il piano della professoressa Adnan avrebbe potuto rivelarsi forse l’unico per salvare le sette-ottocento persone, tra genitori, studenti e professori, che in quel momento erano radunate nell’aula magna e che entro breve si sarebbero riversate ai tavoli del buffet.

Ci vollero pochi minuti prima che l’insegnante tornasse con una mappa dell’edificio e alcune cartine stradali della zona.

«Esattamente sotto all’aula magna passa il condotto fognario principale», stava dicendo Xaviera Adnan, indicando la planimetria della scuola. «Ho ispezionato io stessa la conduttura per diverse decine di metri. Dirige a nord, verso Bradford Street, e credo di poter dire che è interamente praticabile. Potremmo seguirla sino al primo tombino e far uscire le persone nei pressi di Bellefontaine o di Barclay, in un punto protetto alla vista di colui che sta certamente tenendo sotto controllo la scuola e le sue vie d’accesso.»

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