Robert Wilson - L'uomo di Siviglia

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L'uomo di Siviglia: краткое содержание, описание и аннотация

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Ossessioni. Ricordi rimossi, un'angoscia crescente, poi, all'improvviso, una scintilla che scatena un terrore sepolto in un angolo oscuro dell'anima. Raúl Jiménez, personaggio ambiguo legato al bel mondo di Siviglia, ma anche alla malavita e ai ricordi delle atrocità della Guerra civile, muore all'inizio della Semana Santa, il momento dell'anno più denso di religiosità e passione in una Spagna tutt'altro che solare, anzi, enigmatica e inquieta. L'ispettore capo Javier Falcón capisce ben presto di trovarsi di fronte a un crimine rituale, quasi iniziatico: l'assassino ha voluto impartire alla sua vittima una “lezione di vista”. Jiménez è stato legato e costretto a guardare una videocassetta, finché il suo cuore non ha ceduto…

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«Diventano l'espressione più abietta dell'odio di un uomo verso la moglie e la madre dei suoi figli, quale solo la mente di un mostro potrebbe produrre», affermò Javier.

I due uomini rimasero in silenzio mentre l'orrore di quell'opera riempiva la stanza. L'immagine ricostruita aveva rivelato una donna avvinghiata a due satiri che la stavano devastando, l'uno assalendola da dietro e l'altro riempiendole la bocca. Ma non era uno stupro. Nell'unico occhio visibile della donna si leggeva la partecipazione compiaciuta. Era nauseante. Javier passò davanti a El Zurdo, strappò i fogli dalla parete, li appallottolò e li scaraventò in un angolo vuoto del laboratorio.

«Che cosa mai può averlo indotto a creare una…?»

«Fatti un tiro di questo», suggerì El Zurdo.

«Non lo voglio.»

«Ti calmerà.»

«Non voglio calmarmi.»

«Senti… forse aveva scoperto che lei aveva una relazione con un altro.»

«Oh», esclamò Javier, «mentre lui era assolutamente innocente, vero? Lui non se ne andava in giro a sodomizzare ragazzini ogni volta che poteva…»

«Per le donne era diverso, a quei tempi», disse El Zurdo.

«E invece lui non era andato a uomini durante la notte di nozze , e prima che sua moglie morisse non aveva iniziato una relazione con la donna che poi avrebbe sposato.»

«Odiava le donne», affermò El Zurdo con aria sicura.

«Come? Non ho capito… che cosa?»

«Ho detto che odiava le donne.»

«Ma di che sta parlando, El Zurdo?»

«Di quello che ho detto… e non intendo quei genere di misoginia allora assolutamente normale, era un sentimento che si spingeva ben al di là di tutto ciò.»

«Si è sposato due volte, ha dipinto quattro nudi femminili tra i più sublimi che si siano mai visti e lei crede che odiasse le donne?» domandò Javier.

«Io non credo nulla», protestò El Zurdo. «Me lo ha detto lui.»

«Glielo ha detto lui ? E da quando esisteva tra voi un'intimità tale da indurre mio padre a parlarle di una cosa del genere?»

«Da quando eravamo diventati amanti.»

Si creò un lungo silenzio durante il quale Javier si lasciò cadere su una poltrona malandata, accasciato, consapevole di essere lì a bocca aperta, le guance afflosciate, le braccia assolutamente prive di forza.

«Quando?» domandò alla fine a voce bassa.

«Dal 1972 per undici o dodici anni, finché non cominciò ad avere paura dell'AIDS.»

«Allora… quella volta che venni qui con lui…?»

El Zurdo annuì. Trascorsero altri minuti penosi.

«E non trova che non esista ironia più grande?» domandò Javier.

«Perché ha dipinto quei nudi? Quello era solo il suo lavoro… non voleva dire che fosse anche la sua vita.»

«Da dove scaturiva… quell'odio?» domandò Javier. «Non riesco a capire cosa abbia potuto generarlo.»

«Da sua madre.»

Il cervello di Javier cominciò a scandire il tempo come un metronomo che contasse i secondi che mancavano alla follia.

«Nei suoi diari accenna a un 'incidente'», disse. «Una cosa accaduta quand'era ragazzo e che lo aveva indotto ad andarsene di casa e a entrare nella Legione. Credo che possa averne parlato con qualcuno, con mia madre, per esempio, ma non l'ha mai scritto. A lei lo ha detto?»

«Sì, me lo ha rivelato», rispose El Zurdo. «Te ne parlerò, se vuoi. Voglio dire… certe cose, più si allontanano nel tempo, meno sembrano importanti. Solo che decidono quale direzione prenderà la nostra vita in quel momento.»

«Me lo dica.»

«Che cosa sai dei genitori di Francisco?»

«Praticamente nulla.»

«Be', avevano un albergo a Tetuán negli anni '20 e '30. Erano molto conservatori, sua madre era cattolica praticante e suo padre beveva. Quando succedeva diventava cattivo e si sfogava sui figli e sugli impiegati. Non ti serve altro per capire che cosa sia successo.

«Una mattina suo padre scoprì Francisco a letto con uno dei ragazzi della casa e perse completamente la testa. Mentre Francisco si rannicchiava in un angolo della stanza, suo padre ammazzò il ragazzo a randellate sotto i suoi occhi. Soltanto quando quella furia tremenda si fu placata l'uomo si rese conto del suo gesto. In qualche modo si liberarono del cadavere e Francisco dovette rimanere nella stanza finché non ebbe lavato ogni goccia di sangue e imbiancato le pareti.»

El Zurdo si distese sulla sedia, allargando le braccia.

«E che cosa c'entra sua madre?» si stupì Falcón. «Aveva detto che…»

«Sua madre non gli rivolse più la parola, gli fece mancare completamente l'affetto materno e si comportò come se il figlio non esistesse. Per lui non veniva nemmeno apparecchiato il posto a tavola. Per quanto la riguardava, con le sue idee meschine e bigotte, il figlio aveva commesso qualcosa che non poteva essere perdonato.»

«Glielo ha detto lui questo?»

«Molto tempo fa. Più di vent'anni, direi.»

«Quando eravate amanti?»

«Sì. Passò molto tempo prima che tornasse agli uomini dopo una cosa come quella. Soltanto a Tangeri, dopo la Seconda guerra mondiale, ricominciò a… anche se aveva avuto una passione per un altro legionario morto in Russia, Pablito… ma non era nato nulla tra loro e, naturalmente, fu una donna a tradire Pablito…»

«Parla di lui nei diari. Mio padre faceva parte del plotone di esecuzione che fucilò la donna», disse Falcón. «Aveva mirato di proposito alla bocca.»

«Sai perché la nostra relazione è durata così a lungo?» disse El Zurdo. «Perché non ho mai tentato di capirlo, non gli ho mai chiesto niente. Certe persone rifuggono dall'intimità e tuo padre era una di queste. Le donne vogliono capire, vogliono conoscere il loro uomo e, quando scoprono chi è e non ne sono contente, fanno una di queste due cose: cercano di cambiarlo oppure lo abbandonano. Sono parole di tuo padre, non mie. Io non sono mai stato con una donna, i miei gusti sono più particolari.»

Andarono a La Cubista per colazione. Javier ordinò tonno, El Zurdo scelse un piatto a base di carne di maiale e bevve vino durante il silenzio tormentato di Javier, incoraggiandolo a fare lo stesso fino all'arrivo delle portate.

«Sai per quale altro motivo io piacevo a tuo padre?» disse El Zurdo. «Questa è una cosa strana. Gli piacevo perché copiavo. Curioso, no? Ammirava il mio lavoro, gli piaceva il fatto che capovolgessi le tele, lo interpretava come una mancanza di rispetto per gli originali, anche se gli avevo detto che lo facevo solo perché non volevo essere distratto dalla completezza dell'opera, non dovendo fare altro che cercare di copiarla con la massima precisione. Sai, qualche volta pensava che le mie copie fossero, in effetti, migliori degli originali. Perciò due collezionisti americani hanno sulle pareti le mie copie firmate da lui. L'arte, mi diceva, era così. Niente è originale.»

Falcón sorseggiò il vino, prese coltello e forchetta e cominciò a mangiare.

«Quando lo ha visto l'ultima volta?» domandò poi.

«Circa cinque anni fa. Abbiamo pranzato qui, era contento, aveva risolto il suo problema di solitudine.»

«Si sentiva solo?»

«Tutto il giorno, ogni giorno. L'uomo famoso nella sua grande casa buia.»

«Aveva amici, no?»

«Mi aveva detto che non ne aveva. L'unico amico lo aveva perso nel 1975.»

«Chi era?»

«Raúl Jiménez… ho sentito che è stato assassinato di recente», rispose El Zurdo.

«E perché avevano smesso di vedersi?»

«È interessante. Io non riuscivo a capire perché mai fosse tanto furioso con lui. Mi disse che si era imbattuto in Raúl un giorno qui a Siviglia. A quanto pare vivevano nella stessa città, sulle due rive del fiume, ma non lo avevano mai saputo. Erano andati a pranzo insieme e tuo padre gli aveva chiesto notizie della famiglia e lui gli aveva detto che stavano tutti bene. Avevano parlato della fama di tuo padre e del successo del suo amico negli affari, insomma di tutte le cazzate di cui possono parlare due vecchi amici, se non che tuo padre non gli aveva chiesto come mai non avesse cercato di mettersi in contatto con lui. Voglio dire, data la celebrità di tuo padre, Raúl doveva aver saputo che viveva a Siviglia da più di dieci anni. Ma questo si spiega con quanto era successo. Alla fine del pranzo Raúl gli aveva detto una cosa del tutto inaspettata, che non aveva niente a che fare con la loro conversazione. Forse avrai letto nei diari che tuo padre aveva lasciato la Legione ed era venuto qui per fare il pittore. Aveva del denaro da parte, i risparmi della sua paga di combattente in Russia.»

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