Antonio Ghislanzoni - L'arte di far debiti
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- Название:L'arte di far debiti
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Il racconto del mio piccolo puffista mi destava il più vivo interesse. Non avrei mai immaginato che a Parigi esistessero delle gargottes cotanto economiche da fornire un pranzo per otto soldi. Io già cominciava a comprendere il piano strategico del mio povero allievo; ma pure, ondʼessere informato di tutto, lo pregai di continuare la sua storia.
«Per dirtela in brevi parole – proseguì lʼamico – allʼindomani, verso le ore quattro, io mi recai in compagnia del mio splendido anfitrione nella gargotte du Chat-gris in via dei Mathurins . – Scendemmo una diecina di gradini – ci trovammo in una camera oscura, tutta ingombra di piccoli tavoli che attendevano dei commensali. – Su quei tavoli erano schierate delle catinelle ricolme di pane affettato – quel pane non aveva colore – ciascuna fetta rappresentava una specialità del prodotto. – Noi sedemmo ad uno dei tavoli collʼaria di due epuloni decaduti – Il mio romagnolo mi faceva notare che la sala era più che decente, che dalle casseruole lontane esalava un profumo squisito, che infine tutto era pel meglio nel migliore dei restaurants possibili.
«Frattanto entravano degli altri commensali. – Il padrone della gargotte andava in giro a complimentare i suoi clienti, distinguendo di una particolare attenzione alcuni individui della specie più vorace, i quali, a giudicarne dallo sguardo, minacciavano dʼinghiottire per antipasto i cucchiari e le forchette di stagno. – Quando tutti i posti furono occupati, il direttore dello stabilimento diede lʼannunzio del pasto. – Unʼenorme caldaia di brodo fu portata nel mezzo della sala ; gli abituati della gargotte accorsero intorno a quella colle loro zuppiere, e una donna di circa sessantanni, montata sovra una seggiola, diede principio alla solenne distribuzione del brodo. – Questa distribuzione si operava con un sistema tuttʼaffatto parigino. – La grande prètresse della cerimonia tuffava nella caldaia una lunga canna da clistero, e dopo averla riempita di quellʼonda senza, nome, la schizzava, a discrezione degli affamati, nelle ampie scodelle che stavano in giro. – Il mio romagnolo si levò in piedi come gli altri – io balzai dietro lui, e, raccolta la nostra porzione di liquido, tornammo a sedere presso la tavola per ruminare tranquillamente e a tutto piacere la nostra zuppa. Dopo quel pasto, venne servita una frittura di color tetro, bituminosa e salata, una frittura alla quale i più nobili visceri di tutto il regno animalesco avevano portato il loro tributo. – Quella frittura era abbondantissima – ragione per cui il mio romagnolo la trovò eccellente!
«Durante quel pasto, cominciarono le intimità, le confidenze reciproche. Lʼ amico mi pose al fatto dei suoi piccoli segreti che in parte io già conosceva, si fece a discutere meco i suoi piani, mi chiese dei consigli… Era il varco a cui io lo attendeva… Un uomo che domanda consigli sul modo dʼimpiegare i suoi capitali… è una vittima che si offre spontanea, è un piccione che vuoi essere spiumato ad ogni costo.
« – II consiglio chʼio vi posso dare – gli risposi trangugiando un morsello di frittura che forse il giorno innanzi era un turacciolo di bottiglia – il consiglio che io vi posso dare è quello di non accingervi in questo dannato paese a veruna speculazione, quando non siate ben certo che al termine di un mese ogni vostro quattrino debba moltiplicarsi nelle proporzioni che che ora sto per descrivervi.
«Ciò detto, io mi levai di tasca un portafogli, e colla matita gli dimostrai a tutto rigore di cifre qualmente da un sol quattrino si possa, in sedici giorni ricavare lʼinteresse di 325 lire, e in un mese di oltre un milione, a patto che il prodotto di questo prodotto vada ogni giorno raddoppiando.
«Il mio uomo era stordito dalla logica dei miei calcoli – egli fissava le cifre collʼocchio del basilisco – il suo collo si era allungato di due spanne. Malgrado la fiera tensione di tutte le membra, di tutti i sensi, il mio romagnolo non sapeva capacitarsi.
«Io dovetti spiegargli il mio sistema col denaro alla mano.
«Vedete, gli dissi, questo è un centesimo: se nel termine di 24 ore voi riuscite a raddoppiarlo, domani questo rappresenterà necessariamente il valore di due. Or bene, come avete raddoppiato lʼ uno , colla medesima facilità, voi otterrete che per lʼindomani si raddoppi anche il due – eccovi quattro centesimi, che il dì seguente diverranno otto , poi sedici , poi trentadue , poi sessantaquattro , e via via…
«Provatevi a tirare innanzi con questo metodo, e al termine di due anni, il vostro quattrino avrà prodotto una tal cifra di milioni da imbarazzare tutti i calcoli umani.
«Io non posso descriverti lʼeffetto di questo mio piano… puffistico !
«Ti basti sapere che il mio romagnolo, dopo aver pagato quel lauto pranzo di otto soldi per cadauno, volle anche costringermi ad accettare un caffè da cinque centesimi. Quellʼuomo è mio!.. Non mi lascia più… Ieri mattina è venuto a svegliarmi alle ore cinque… Ha voluto mostrarmi una parte deʼ suoi capitali – un portafoglio contenente dodici mila franchi in biglietti di banca, e una cinta di cuoio imbottita di napoleoni doppi…
«Due giorni ancora… e se il diavolo non ci mette la coda… la vittima farà spontaneamente la rassegna dei suoi beni nelle mani del tuo umile ed indegno scolaro… del tuo piccolo puffista !..»
Questa istoria dellʼamico mi diverti infinitamente, ed io non ho cessato mai di applaudire a me stesso dʼaver contribuito in quel giorno, col mio obolo da cinque franchi, ad agevolargli la riuscita di quellʼameno colpo puffistico . Due settimane dopo, il mio piccolo allievo era divenuto socio e amministratore del romagnolo taccagno – il quale, dopo avergli confidato tutto il suo patrimonio, lo aveva spinto a partire per le Antille onde intraprendervi con sollecitudine la coltivazione del cafè-sucrè . Il mio piccolo allievo era riuscito a persuadere la sua vittima, che mettendo i semi del caffè comune ad ammollirsi per ventiquattro ore in una infusione di melassa, questi semi avrebbero prodotto un caffè perfettamente raddolcito e tale da potersi servire senza zucchero.
Il romagnolo sta ancora attendendo i dispacci che gli annunzino dalle Antille i primi risultati di questa grandiosa non meno che immaginosa speculazione!
CAPITOLO IV
Tutto sta a trovare la corda sensibile . Il puff è come lʼamore. – Volete farvi amare da una donna? – Convien toccare e solleticare la sua corda sensibile . – Il medesimo processo si tiene per spremere lʼoro da una vittima .
Lʼaneddoto che più sopra ho riferito spiega in parte il meraviglioso segreto. La corda sensibile del vecchio romagnolo era lʼavarizia, e il mio piccolo allievo, fingendosi avaro a sua volta, raggiunse il suo nobile intento.
Studiate attentamente le tendenze e le passioni della vostra vittima , e innanzi tutto abbiate sempre in mente che la vanità costituisce il principale elemento del carattere umano. – Da questa verità fisiologica emerge necessariamente che lʼadulazione vuol riputarsi uno degli ausiliari più efficaci e potenti per bene iniziare e condurre a buon fine una operazione puffistica .
A Firenze, anni sono, io piantai uno splendido puff ad un ricco banchiere, il quale aveva la debolezza di credersi poeta. Nulla più detestabile deʼ suoi versi. Egli si piccava di improvvisare sonetti a rime obbligate, e una volta lanciato nella carriera, non vi era più modo di arrestarlo. Quellʼuomo era il terrore dei circoli – quandʼegli apriva lo scartafaccio per leggere le sue interminabili pappolate – quandʼegli, annunziandosi invasato dallʼestro, domandava enfaticamente delle rime, il vuoto si faceva intorno a lui e gli sfortunati chʼerano costretti ad ascoltarlo, si contorcevano sulle seggiole come i gatti a temporale imminente. – Orbene: io mi ebbi il coraggio di rimanere parecchie notti da solo a solo con lui a proporgli dei temi e delle rime e ad ascoltare le sue narcotiche stramberie. Quellʼuomo in brevissimo tempo prese ad adorarmi. Quandʼegli declamava i suoi versi, io spalancava certi occhiacci da mettere il brivido ai morti; io mi asciugava la fronte ad ogni tratto, io piangeva, sospirava, io balzava tratto tratto dalla seggiola e mi faceva a percorrere la sala come un invasato. Una volta questa commedia durò dalle sei della sera fino alle quattro del mattino. Il banchiere era spossato dalla lunga declamazione: dal mio canto io insisteva perchè mi compiacesse di un ultimo sonetto. – No! non è possibile… La mia vena è inaridita… le muse mi abbandonano…! rispondeva il banchiere fissando le rime con occhio torbido e sonnolento. – Come mai? questa sera vi siete stancato di buonʼora, gli dissi levando di tasca lʼorologio: si è appena finito di pranzare…! – Sono le quattro del mattino! rispose il banchiere ingenuamente, dopo aver consultato il suo cilindro dʼoro sfavillante di brillanti. – Le quattro del mattino! gridai io, balzando in piedi colla espressione del più vivo disappunto – possibile!.. ma io sono dunque rovinato!.. Ah! banchiere… il cuore me lo diceva che un giorno o lʼaltro, in grazia dei vostri versi, avrei commesso qualche storditaggine!.. Figuratevi che si tratta… – Ebbene: si tratta?.. domanda ansiosamente il mio uomo spaventato dal mio atteggiamento – si tratta? – Via! non vi allarmate, signor poeta! soggiungo io con voce più calma – il piacere che mi hanno dato i vostri versi, le emozioni di questa dolce e troppo breve serata valgon bene il sacrifizio di diecimila franchi… Cosa sono finalmente, per un mio pari diecimila franchi?.. Una bagatella… una inezia… Dʼaltronde non è detto che siano perduti… – Ma signore… se credete che io possa… – Non vi incomodate, banchiere… non datevi pena per questo incidente… Si trattava di un amico… voi sapete… di quel Lord Midletton, al quale due sere sono ho prestato una piccola somma sul giuoco… Non ho mai conosciuto un giuocatore più sfortunato di Lord Midletton… tanto è vero che in poche settimane di soggiorno a Firenze egli si è dissestato… Orbene, questa notte alle undici agli doveva partire per Londra e si era contenuto che io mi recassi da lui per ritirare la mia piccola somma. Vi confesso che in questo momento quel denaro non mi avrebbe dato incomodo… Il mio corrispondente di Bruxelles è in ritardo… ed è questa la prima volta che, per favorire un amico, mi accade di trovarmi in imbarazzo… Ma è probabile, anzi probabilissimo che lord Midletton abbia incaricato qualcuno di trasmettermi la somma… Domattina farò delle indagini, e nel caso… – E nel caso che queste indagini riuscissero a nulla, soggiunse la mia vittima collʼaccento solenne del banchiere danaroso, io voglio ben sperare che non dimenticherete esistere a Firenze un poeta eccezionale, nel cui scrigno vi è sempre un fondo di cinquecentomila franchi per far onore agli impegni della banca e per favorire qualche amico. – Spero che non ci sia questo bisogno, risposi, ma nel caso che lord Midletton mi avesse dimenticato io mi guarderò bene dal ricorrere ad altri che a voi. Ma badate che io sono più esigente di quello che voi forse immaginate. Io non mi ridurrò mai ad accettare il vostro grazioso prestito se con quello non mi accordate il favore che più volte vi ho dimandato, di pubblicare per le stampe il vostro immortale poema sulla Trasmigrazione delle anime
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