Antonio Ghislanzoni - L'arte di far debiti

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Io vi ho dato un esempio di vittima collettiva ; vi ho dimostrato come la efficienza del puffista di prima categoria possa esercitarsi contemporaneamente sopra molti individui, e conquistare delle città, delle intere provincie con poche mosse strategiche.

I puffisti di seconda e terza classe debbono andare più cauti nelle loro operazioni. Concesso ai primi di attaccare contemporaneamente quattro o cinque individui; ma al momento decisivo, al punto culminante della lotta, io li consiglio a voler imitare il ben riuscito stratagemma di quellʼultimo Orazio, il quale, rimasto solo a combattere i tre avversarii Curiazii, trovò modo, lʼuno dellʼaltro discostando, di vincerli tutti.

Il puffista di terza classe, quello che è chiamato a rappresentare il partito moderato della specie, non deve mirare che ad un solo individuo, e in quello concentrare tutte le facoltà della sua mente, a quello dirigere tutti gli sforzi della sua volontà. Ai timidi, ai prudenti, che si tengono paghi dei piccoli trionfi, noi daremo alcune norme infallibili per la buona scelta della vittima , indicando al tempo stesso le maniere più acconcie dʼimpadronirsene e di cavarne il miglior vantaggio possibile.

Abbiamo detto più sopra che ogni individuo della specie umana, il quale non appartenga alla categoria dei nullatenti, può divenire una vittima del puff !

A tale proposito io vi esporrò delle massime generali, che a taluni, ai meno versati nella gran scienza, sembreranno paradossi.

Lʼavaro più facilmente si lascia puffare che non il prodigo – lʼoblio di questo principio produce ordinariamente dei crudeli disinganni negli inesperti e mal consigliati puffisti !

Il fenomeno si spiega facilmente. – Al prodigo avviene di raro di trovarsi in possesso di denaro superfluo – e quando ciò gli avvenga, egli non è mai padrone dei proprii tesori, in quanto i suoi istinti liberali lo traggano a permutarli inconsideratamente in gozzoviglie e diletti. – Voi non avete tempo di scoprire le sue ricchezze, dʼideare il vostro piano di attacco, che già il prodigo si trova allʼasciutto, in neccessità di dover puffare anzichè in condizione da essere puffato !

Il caso contrario si verifica nellʼavaro. Questi i suoi tesori accumula ed accarezza – nel contemplare le proprie dovizie, nel moltiplicarle, è riposto il segreto della sua felicità. Quando voi vi accingete a scavare in codesta miniera, avete per voi la certezza chʼessa racchiude dellʼoro. Questo è un dato positivo sul quale potete contare. Che importa se lo scrigno è serrato a doppio chiavistello, se lʼoro è sprofondato in una bolgia di ferro? – Quel medesimo istinto di cupidigia pel quale fu indotto lʼavaro ad ammassare, a seppellire tante dovizie, quel medesimo istinto vi fornirà la chiave per aprire lo scrigno di lui. Fatevi avaro collʼavaro, e i suoi tesori vi apparterranno. – Vi narrerò, a tale proposito, una breve storiella. Essa varrà meglio di qualsivoglia argomento a dimostrarvi quanto ci sia di vero nella sentenza da me esposta.

Nellʼanno 1849 io mi trovava a Parigi, dove esercitavo sopra amplissimo campo la mia grande arte.

In sul finire di marzo, venne a trovarmi un antico collega di università, un puffista di terza categoria, ma dotato, per le piccole guerriglie, di un acume infallibile e di una tenacità di propositi degna di maggiori fortune. – Quel povero amico mi si presentò allʼ Hôtel des étrangers , dovʼero alloggiato, in abito alquanto dimesso; mi narrò dʼaver consumato dietro una sottana un patrimonio di ottomila franchi guadagnato a Lion colle sue piccole industrie ( puffistiche ). – Mi chiese cinque lire, promettendomi la restituzione per una delle… domeniche… prossime. – Ordinai al garzone dellʼ Hôtel di versare nelle mani dellʼamico quellʼatomo di moneta spicciola – e poi – stringendogli la mano, – gli domandai con quali intenzioni si fosse recato a Parigi.

– Per continuare il mio piccolo commercio, rispose quegli sorridendo.

– Già… cʼintendiamo…! il commercio dei piccoli puff ! E tu briccone hai voluto incominciare da me…

– Dal mio primo maestro… dallʼuomo, a cui debbo quelle prime nozioni…

– Con quegli abiti indosso, con quel redingot cascante e sbottonato, con quegli scarponi da montanaro, a Parigi non riuscirai a nulla. Io ti ho detto più volte che il primo anello della interminabile catena dei puff vuol essere battuto nella bottega di un sarto… Pensa dunque ad abbigliarti un poʼ meglio… ovvero… senti, briccone! pensiamo un poco…! voglio fare anchʼio qualche piccolo sacrifizio per un fratello… Gli abiti non mi costano nulla; i tailleurs delle loro maestà gli imperatori dʼAstria e del gran Mogol mi hanno fornito la guardaroba a prezzo… di affezione. – Vuoi tu approfittare di un abito completo da soirée che ha implorato questa mattina gli onori della mia anticamera…?

– Unʼabito da soirée ! – rispose con una smorfia sardonica il mio piccolo puffista – ma ti pare?.. questi non sono istromenti da par mio… Io lavoro assai meglio col mio rèdingot sdruscito e i miei grossi scarponi!

Io mi sentii umiliato da quella risposta, e da quel fare derisorio – e collo sguardo sollecitavo una spiegazione.

– Tu devi sapere, – rispose lʼamico indovinando la mia curiosità – tu devi sapere che io ho già trovato a Parigi la mia vittima – intendiamoci – la mia piccola vittima! – un vecchio usuraio romagnolo, il quale, dopo aver servito per ventidue anni il governo del papa in qualità di secondino, e poi in qualità di custode delle carceri ad Ancona, essendo riuscito a metter assieme coʼ suoi risparmii un capitale di circa quattordicimila lire, è venuto a Parigi tutto solo onde intraprendere qualche speculazione sicura . Tu non puoi immaginare quando taccagno e sordido colui sia. Da circa ventʼanni porta in capo un cilindro rossiccio chʼegli dice aver ereditato da suo zio – la sua marsina è rasa come il mento dʼun canonico, sudicia e cascante come una vecchia ragnatela piovuta dal camino. – Non puoi credere quanto io fossi desolato lʼaltro ieri nel dovermi presentare a lui con questo rèdingot che ai tuoi occhi apparisce cosi modesto! Quante storie ho dovuto contargli… quante favole, perchè il mio lusso non lʼadombrasse! Memore delle tue lezioni, io so che il segreto del mio successo deve consistere nel gareggiare di pitoccheria, di sordidezza con quello sporco animale!

Mio bravo e degno scolaro! … Ma sentiamo cosa hai fatto… e cosa intendi fare?

– Lʼaltro giorno, per esempio, lʼho invitato a pranzo…

– Cattivo principio!.. Un avaro profitta volentieri dei pranzi altrui, ma al tempo stesso concepisce il massimo disprezzo per chi usa la cortesia di invitarlo… Per ogni boccone chʼegli inghiotte, non può che ripetere in cuor suo: questo imbecille mi fa le spese della giornata… si può essere più bestia?.. dar da mangiare ad un altro!

– Io sapeva che il mio romagnolo avrebbe avuto questo pensiero… Ma io aveva preparato il mio piano… io mi era preposto di regalargli un tal pranzo, che egli, quel miserabile taccagno, avesse a rimanere sorpreso deʼmiei talenti economici!

– Briccone!.. Sentiamo… un poco…

– Lo condussi ad un piccolo restaurant nella contrada della Fontaine Moliere – un restaurant molto celebre a Parigi dove si pranza per sedici soldi… Tu certo non conosci quel luogo…

– Ci sono stato qualche volta… nei giorni più secchi … ma non me ne sovvengo… – Il mio romagnolo cominciò a far le meraviglie che in una città quale Parigi si potesse per la modica somma di sedici soldi avere un pranzo di due piatti, minestra, piccolo giardinetto, un bicchiere di vino od una bottiglia di birra, e pane a discrezione … Sopratutto egli rimase colpito del pane a discrezione !.. – Vedi, io gli diceva mettendomi a tavola, quando mi permetto uno di questi pranzi di lusso, non dimentico mai di indossare il mio grande rèdingot da quattordici saccoccie? Io non esco mai dal restaurant senza portar meco una provvigione di pane che mi basti per tutta la settimana. Di tal modo questo pranzo, che rappresenta un valore nominativo di sedici soldi, non viene a costarmi che sedici centesimi! – Il mio romagnolo, in udirmi, spalancò una bocca da ippopotamo… Da quella foce bavosa io vidi colare ad un tempo la sorpresa e lʼammirazione. Più tardi, mangiando, si venne a ragionare dei varii restaurants di Parigi, ove si danno pranzi al massimo buon mercato – promisi di condurlo il giorno seguente in una gargotte dove al prezzo di sedici soldi avremmo mangiato lautamente tutti e due. A tale annunzio il mio uomo divenne pallido dalla commozione – mi stese la mano come non aveva mai fatto, e col pianto sugli occhi, come chi violentemente reagisca contro la propria natura: – buon amico, mi disse, voi permetterete… non vorrete farmi il torto… domani… cosi alla buona… insomma io vi invito… a pranzo al restaurant … che ora avete nominato… a patto… come voi dicevate… che la spesa non oltrepassi gli otto soldi… per bocca!.. »

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