Mikhail Bulgakov - Il Maestro e Margherita
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— Cecuba, di trent’anni, — replicò affabile il procuratore.
L’ospite si mise una mano sul cuore, rifiutò di mangiare altro, affermò di essere sazio. Allora Pilato riempí la propria coppa, l’ospite lo imitò. Entrambi rovesciarono un po’ di vino nel vassoio, e il procuratore disse a voce alta, alzando la coppa:
— Per noi, per te, Cesare, padre dei romani, il piú caro e il piú buono degli uomini!
Dopo queste parole vuotarono la coppa e gli schiavi africani tolsero le pietanze dal tavolo lasciandovi la frutta e le caraffe. Di nuovo il procuratore li allontanò con un gesto, e rimase solo con il suo ospite nel porticato.
— E allora, — disse sommesso Pilato, — che cosa mi puoi riferire dell’umore che regna in questa città?
Senza volerlo, volse lo sguardo nella direzione in cui, oltre le terrazze del giardino, in basso, finivano di ardere le colonne e i tetti piatti, indorati dagli ultimi raggi.
— Io credo, procuratore, — rispose l’ospite, — che lo stato d’animo a Jerushalajim sia adesso soddisfacente.
— Si può allora garantire che non c’è minaccia di altri disordini?
— Si può garantire, — rispose l’ospite guardando soavemente il procuratore, — una cosa sola al mondo: la potenza del grande Cesare.
— I numi gli diano lunga vita! — disse subito Pilato, — e la pace universale! — Tacque, poi riprese: — Allora credi che si possa ritirare l’esercito?
— Ritengo che la coorte della Fulminante possa andarsene, — rispose l’ospite e aggiunse: — Sarebbe bene che, prima di partire, sfilasse per la città.
— Ottima idea, — approvò il procuratore, — dopodomani la farò partire, e me ne andrò anch’io; e ti giuro per il festino dei dodici dèi, giuro per i lari: darei chi sa che cosa per poterlo fare oggi stesso!
— Il procuratore non ama Jerushalajim? — chiese bonario l’ospite.
— Per carità! — esclamò il procuratore con un sorriso, non esiste un posto piú disperato sulla terra. Non parlo della natura — mi ammalo ogni volta che mi tocca venire qui — , fosse solo questo!… Ma queste feste!… Maghi, stregoni, incantatori, queste folle di pellegrini!… Fanatici, fanatici!… Prendi solo quel messia che di colpo si sono messi ad attendere per quest’anno! Ogni momento ti aspetti solo di dover assistere a uno sgradevolissimo spargimento di sangue. Tutto il tempo spostare le truppe, leggere denunce e delazioni, metà delle quali poi è diretta contro te stesso! Ammetti che è noioso. Oh, se non fosse per il servizio dell’imperatore!
— Già, le feste qui sono difficili, — acconsentí l’ospite.
— Mi auguro di tutto cuore che finiscano presto, — aggiunse Pilato con energia. — Avrò finalmente la possibilità di tornare a Cesarea. Non mi crederai, ma questo edificio opprimente costruito da Erode, — il procuratore fece un gesto della mano verso il porticato, cosí che divenne chiaro che stava parlando del palazzo, — mi rende veramente pazzo! Non riesco a dormirci. Il mondo non ha mai conosciuto un’architettura piú stravagante!… Sí, torniamo agli affari Anzitutto, quel maledetto Bar-Raban non ti preoccupa?
A questo punto l’ospite lanciò quel suo sguardo particolare verso la guancia del procuratore. Ma quello guardava lontano con gli occhi annoiati e una smorfia di disgusto, contemplando la zona della città che giaceva ai suoi piedi e si andava spegnendo nel tramonto. Si spense anche lo sguardo dell’ospite, e le sue palpebre si abbassarono.
— Direi che Bar è diventato innocuo come un agnello, — disse l’ospite, e le rughe comparvero sul suo volto rotondo — adesso per lui ribellarsi è sconveniente.
— Troppo celebre? — chiese Pilato con un sogghigno.
— Il procuratore, come sempre, afferra con finezza la questione.
— Ma ad ogni buon conto, — osservò preoccupato il procuratore, e il lungo dito sottile con una pietra nera incastonata nell’anello si alzò, — bisognerà…
— Oh, il procuratore può essere certo che finché ci sarò io in Giudea, Bar non farà un solo passo senza essere pedinato.
— Adesso sono tranquillo, come del resto lo sono sempre quando ci sei tu.
— Il procuratore è troppo buono!
— Adesso ti prego di parlarmi dell’esecuzione, — disse il procuratore.
— Che cosa di preciso interessa il procuratore?
— Non ci sono stati da parte della folla tentativi di manifestare indignazione? Questa è la cosa principale, naturalmente.
— Per nulla, — rispose l’ospite.
— Benissimo. Hai constatato tu stesso che la morte è sopravvenuta?
— Il procuratore può esserne certo.
— E dimmi… la bevanda è stata loro data prima che fossero appesi ai pali?
— Sí. Ma lui, — l’ospite chiuse gli occhi, — si è rifiutato di berla.
— Quale dei tre? — chiese Pilato.
— Scusami, egemone! — esclamò l’ospite. — Non ti ho detto il nome? Era Hanozri.
— Pazzo! — disse Pilato, facendo una smorfia. Sotto l’occhio sinistro gli tremò una vena. — Morire bruciato dal sole! Perché rifiutare ciò che è proposto conformemente alla legge? Con quali termini ha rifiutato?
— Ha detto, — rispose l’ospite, chiudendo di nuovo gli occhi, — che ringraziava e che non accusava perché gli toglievano la vita.
— Non accusava chi? — chiese con voce sorda Pilato.
— Questo, egemone, non l’ha detto…
— Non ha tentato di predicare qualcosa in presenza dei soldati?
— No, egemone, questa volta non era loquace. L’unica cosa che ha detto è che, tra i vizi umani, uno dei maggiori è, secondo lui, la codardia.
— A quale proposito lo disse? — l’ospite udí una voce improvvisamente incrinata.
— Non lo si poteva capire. Si comportava in modo strano, come del resto fa sempre.
— In che consisteva la stranezza?
— Tentava continuamente di fissare negli occhi ora uno ora un altro di coloro che lo circondavano, e per tutto il tempo sorrideva d’un sorriso smarrito.
— Nient’altro? — chiese la voce rauca.
— Nient’altro.
Il procuratore urtò la coppa mescendosi del vino. Dopo averla vuotata fino in fondo, disse:
— Si tratta di questo: anche se non siamo in grado di scoprire — almeno per ora — suoi ammiratori o seguaci, tuttavia non si può garantire che non ne esistano.
L’ospite ascoltava con attenzione, chinando la testa.
— Perciò, ad evitare sorprese di qualsiasi genere, — continuava il procuratore, — ti prego di far scomparire immediatamente e senza rumore dalla faccia della terra i corpi dei tre giustiziati e di seppellirli in segreto, in modo che non se ne senta piú parlare.
— Ubbidisco, egemone, — disse l’ospite, e si alzò dicendo: — Data la complessità e la responsabilità della cosa, permettimi di andare subito.
— No, siedi ancora un istante, — disse Pilato, fermandolo con un gesto, — ci sono ancora due questioni. La prima: le tue immense benemerenze nel difficilissimo lavoro di capo del servizio segreto presso il procuratore della Giudea mi danno la gradita possibilità di farne rapporto a Roma.
A queste parole, il volto dell’ospite divenne roseo; egli si alzò e fece un inchino al procuratore, dicendo:
— Non faccio che compiere il mio dovere al servizio dell’imperatore.
— Ma vorrei pregarti, — continuava l’egemone, — se ti proponessero un trasferimento con una promozione, di rifiutarlo e di restare qui. Non vorrei assolutamente separarmi da te. Ti ricompensino in qualche altro modo.
— Sono felice di servire sotto i tuoi ordini, egemone.
— Ne sono ben lieto. Ora, la seconda questione. Riguarda quel… come si chiama… Giuda di Kiriat.
Qui l’ospite lanciò al procuratore il suo sguardo, e subito, com’era doveroso, lo spense.
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