POLLO AL VAPORE MÈRE FILLIOUX
Bisogna usare un pollo della miglior qualità, come si usa il miglior acciaio per fabbricare utensili, una scelta molto intelligente. Infilare con un coltello affilato fette sottilissime di tartufo tra la pelle e la carne, e riempire la cavità del pollo di tartufi, prima di legarlo. Cuocere il pollo al vapore sopra un miscuglio di metà vino bianco e metà brodo di pollo, con sale, pepe e il succo di un limone. Il limone dà un buon profumo alla carne, ma soprattutto la mantiene bianca.
Il pollo di Mère Fillioux era gigantesco, ma così giovane che ci era voluta meno di un’ora per cuocerlo. Me lo disse lei stessa, quando venne al nostro tavolo per tagliarlo. Lo guardò con occhio critico, poi con espressione orgogliosa. Era una vera artista.
Alla fine zia Pauline ci portò a Perpignan, dove ci mettemmo al lavoro. Nel tranquillo albergo che avevamo scelto c’era una sala dei banchetti, chiusa durante la guerra. Mi misi d’accordo con il proprietario per usarla come deposito nel quale immagazzinare i materiali già arrivati alla stazione e da dove organizzarne la distribuzione. Avremmo sistemato un divisorio in un angolo in modo da ottenere un ufficio per ricevere i medici e le infermiere che sarebbero venuti da noi con l’elenco delle cose di cui avevano bisogno. L’albergo era delizioso. Vigevano le restrizioni del tempo di guerra, e bisognava adattarsi ad alcune privazioni, ma ciascun ospite era vezzeggiato da uno o più membri della famiglia, composta da quattro persone. La cucina era eccellente, meridionale, non provenzale ma catalana. Il Rossiglione faceva parte della nazione francese da poco più di 150 anni. Una delle specialità del posto era un dolce che ci veniva servito di frequente e che si chiamava MILLASON
Versare lentamente 2 tazze di latte bollente su 1 tazza e mezzo di farina gialla e 1 tazza di zucchero. Mescolare attentamente in modo da prevenire la formazione di grumi. Il composto dovrà risultare molto uniforme. Far bollire mescolando continuamente per circa 20 minuti, fino a che si otterrà una buona consistenza. Versare in una terrina, aggiungere 2 uova sbattute, 4 cucchiai di burro fuso e 1 cucchiaio di acqua di fiori d’arancio. Versare su un grosso piatto imburrato e quando il composto si sarà raffreddato a sufficienza farne dei tortini e friggerli in padella con olio finché saranno dorati su entrambi i lati. Cospargere di zucchero in polvere e servire caldi.
I millason di Perpignan erano piuttosto grossi. Più piccoli, sarebbero stati più gradevoli alla vista. Mi sorprese vedere che assomigliavano al nostro pane di granturco fritto, originario del sud degli Stati Uniti.
A Perpignan abbondavano certe aragostine tenere e a buon mercato. Venivano cucinate in una salsa ricca e densa, e un giorno il giovanissimo cameriere dell’albergo, in attesa della chiamata alle armi da un momento all’altro, nell’ansia di servirci bene e in fretta versò la salsa proprio sulla mia nuova divisa della quale ero terribilmente orgogliosa.
ARAGOSTE DI PERPIGNAN
Cuocere 4 piccole aragoste di non più di mezzo kg ciascuna in acqua bollente, salata, per 18 o 20 minuti. Intanto, sciogliere in una casseruola 4 cucchiai di burro e cuocervi 1 grossa carota tagliata a fettine sottili, 2 cipolle di media grandezza, una con infilato un chiodo di garofano, e il bianco di 1 porro. Quando saranno ricoperti di burro, cospargerli con un cucchiaio di farina, mescolare bene. Aggiungere a poco a poco 1 tazza di vino bianco secco caldo e 1 tazza di bouillon caldo, 1 grosso mazzetto di prezzemolo, basilico e finocchio, sale, pepe, un pizzico di caienna, un pizzico di zafferano, 4 spicchi di aglio pestato e 4 cucchiai di passata di pomodoro. Coprire e cuocere a fuoco lento per 1 ora. Tagliare le aragoste longitudinalmente, togliere la polpa, e disporre gli otto pezzi in una teglia calda, togliere la polpa dalle chele e sistemarla negli spazi tra i pezzi di aragosta, nella teglia. Se si preferisce, togliere il prezzemolo, il basilico e il finocchio dalla salsa. Versare la salsa sulla carne delle aragoste nella teglia. Servire ben caldo.
C’erano state difficoltà nell’ottenere la benzina con i coupons dell’esercito. Il maggiore incaricato della distribuzione ci era stato di grande aiuto. A Gertrude Stein non piaceva andare per uffici... li considerava posti tremendi, sia quelli civili che quelli militari. Io l’avevo sostituita, mi ero presentata con i suoi documenti ufficiali e avevo lasciato che il maggiore mi chiamasse Miss Stein. Non avrebbe fatto nessuna differenza, per lui. Eravamo semplicemente due americane che lavoravano per i feriti francesi. Nel periodo di tempo necessario a sistemare tutte le difficoltà diventammo amici. In occasione dell’ultima visita disse: Miss Stein, io e mia moglie saremmo felici di avervi entrambe a cena, una sera. Era arrivato il momento di rivelargli la mia vera identità. Lui si ritrasse nella poltrona e con una violenza che mi spaventò, disse: Madame, c’è qualcosa di poco chiaro in questa faccenda. Le mie spiegazioni non lo rassicurarono del tutto, ma certamente non avrebbe avuto più nulla da obiettare dopo aver conosciuto Gertrude Stein, che mi aspettava di sotto con zia Pauline. Lo pregai di scendere con me per conoscerla. Acconsentì. L’aria allegra e innocente di Gertrude Stein lo rassicurò, ripetè l’invito che venne accettato. Fu una serata deliziosa. Madame de B. stava insegnando a un cuoco del posto a cucinare come secondo lei si doveva.
Durante la guerra, in Francia non è permesso cacciare altro animale se non il cinghiale, che invade i campi e apporta gravi danni alle coltivazioni. Per impedire che questo succeda, si concede ai proprietari terrieri di andare a caccia nei loro fondi. Un contadino aveva preso un cinghiale e aveva portato la sella in dono a Madame de B. E così gustammo SELLA DI CINGHIALE GIOVANE ARROSTO
Anche il cinghiale giovane viene messo a marinare. Una carota e 1 cipolla tagliate a fettine, 2 scalogni tagliati a metà, sale, pepe, un grosso rametto di rosmarino e vino rosso secco, di buona qualità, quanto basta a coprire la sella, sono i soli ingredienti necessari per una marinata leggera. Sarà sufficiente lasciarvi la carne per quattro ore, girandola due volte. Un’ora prima di mettere in forno, togliere la sella dalla marinata e asciugarla per bene. Passare la marinata al setaccio in una casseruola, togliere le verdure ma lasciare il rosmarino. Arrostire per 18 minuti ogni 500 gr circa di carne nel forno, a 230 gradi per i primi 20 minuti, poi a 180: utilizzando una pirofila che si possa anche portare in tavola si guadagna tempo. Mettere nella pirofila un pezzo di burro che, sciogliendosi, ne copra interamente il fondo. Quando il burro comincerà a friggere, metterci la sella e cospargerla di altri 3 cucchiai di burro fuso. Dopo 20 minuti strofinare sulla carne il rametto di rosmarino. Se nella pirofila non ci sono burro fuso e sugo a sufficienza, aggiungere 4 o 5 cucchiai di marinata calda. Bagnare di sugo ogni 12 minuti, aggiungendo marinata quanto basta. Mentre l’arrosto è nel forno, sbucciare, far bollire e pulire castagne a sufficienza da guarnire l’arrosto con una doppia ghirlanda. Sgrassare il sugo e cuocervi le castagne per 15 minuti. Poi servire accompagnato da: SALSA PER SELVAGGINA
Far sciogliere 1 cucchiaio e mezzo di burro in una casseruola e friggerlo finché diventerà color oro scuro, aggiungere 1 cucchiaio di farina, mescolare finché diventerà color marrone chiaro. Aggiungere lentamente, a fuoco lento, 1 tazza di marinata calda, il succo di 1 limone, 1 cucchiaio di scorza di limone grattuggiata, 1 cucchiaio di scorza d’arancia grattugiata, un buon pizzico di caienna, tre quarti di tazza di gelatina di ribes.
In una delle stradine secondarie di Perpignan, buie e strette, c’era un piccolo ristorante, molto buono, la cui fama aveva raggiunto anche Parigi. Dopo un’eccellente colazione, decidemmo di chiedere a Madame de B. e al maggiore di cenare con noi in quel locale. Ci consultammo con lo chef e decidemmo per questo menu:
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