A Natale, la moglie inglese di uno dei più importanti cittadini di Nîmes organizzò, con l’aiuto degli altri inglesi e delle governanti residenti a Nîmes, una cena con ballo per gli ufficiali convalescenti e i militari inglesi di stanza ad Arles. Dopo cena danzammo a turno con gli uomini. Era la serata più allegra che fossimo riusciti a organizzare, ma l’esercito britannico non era in gran forma. Qualche giorno dopo ricevetti la visita della più carina delle giovani governanti inglesi. Mi confidò che dopo la festa c’era stato uno spiacevole incidente. Proprio mentre stava per spegnere la luce in camera sua, aveva sentito battere un colpo alla porta comunicante con la stanza vicina e una voce aveva chiesto, Senta, Miss L., posso venire ad accenderle il fuoco? No, grazie, non ne ho bisogno, aveva risposto lei. Naturalmente non mi è stato possibile riconoscere la voce, disse alla fine, e così non saprò mai di chi si trattava.
Improvvisamente, un giorno, venne dichiarato l’Armistizio e arrivò un telegramma del Comité : Se sapete parlare tedesco, chiudete immediatamente il deposito e venite ad aiutarci con i civili alsaziani . Ci eravamo perse lo spontaneo scoppio di gioia a Parigi il giorno dell’Armistizio, ma adesso saremmo andate nell’Alsazia liberata. Di prima mattina, il cielo ancora pieno di stelle, partimmo a bordo di zia Pauline, con l’intenzione di percorrere i seicento e più chilometri che ci separavano da Parigi prima di notte. Gertrude Stein mangiò la sua parte di pane, burro e pollo arrosto al volante. Parigi era ancora in festa, e le strade cominciavano a riempirsi di soldati francesi diretti verso la Germania occupata, oltre che di parecchi militari e ufficiali alleati.
Ci procurammo un vocabolario tedesco-francese, giubbotti da aviatore foderati di pelliccia, e guanti, pesanti ma caldi, e ci rimettemmo in strada. L’esercito francese si muoveva nella stessa direzione in cui ci stava portando zia Pauline. Vicino a Tulle i muli che trainavano la cucina del reggimento si agitarono, si spostarono verso sinistra e urtarono la povera zia Pauline: un parafango ammaccato, la cassetta degli attrezzi rovesciata e il suo contenuto sparpagliato sulla strada e dentro il fosso. Naturalmente non riuscimmo a recuperare nulla. Quando ripartimmo Gertrude Stein si rese conto che, con il volante così malconcio, guidare sulla strada ghiacciata diventava non solo difficile ma addirittura pericoloso. Arrivammo a Nancy esauste, troppo tardi per la cena, ma molto gentilmente Dorothy Wilde ci procurò due uova d’anatra sode, un cibo del tutto nuovo per noi ma molto soddisfacente. Il giorno dopo, mentre zia Pauline veniva riparata al garage del Comité , potemmo finalmente gustare un pasto senza restrizioni. Come prima portata ci venne servita la QUICHE DE NANCY
La sera prima preparare la pasta con 1 tazza e 2 cucchiai di farina, 5 cucchiai di burro, un pizzico di sale, 4 cucchiai di acqua. Lavorare il burro e la farina con molta delicatezza, fino a ottenere briciole piccole come chicchi di riso. Impastare su un’asse leggermente infarinata fino a formare una palla, coprire di carta oleata e lasciar riposare per almeno 12 ore. Poi stendere la pasta e sistemarla in una teglia profonda del diametro di circa 30 cm. Mettere sulla pasta mezza tazza di prosciutto tagliato a cubetti. Togliere la pelle a un pezzo di maiale magro salato, tagliarne a cubetti circa 150 gr e metterlo nella teglia dopo averlo cotto in acqua bollente per 10 minuti, scolato e asciugato. Sbattere 3 uova, pepe e sale, con mezza tazza di panna. Versare sul prosciutto e sulla carne di maiale nella teglia. Cospargere con 12 pezzettini di burro. Cuocere nel forno a 230 gradi per 15 minuti, ridurre la temperatura a 150 e cuocere per altri 20 minuti. Togliere dal forno ma lasciare nella teglia per altri 10 minuti.
Dopodiché zia Pauline ci portò, attraverso la terra di nessuno, fino a Strasburgo, dove ancora imperversavano i festeggiamenti per la liberazione. Quella notte c’era una fiaccolata di militari e civili, con le ragazze nei loro bei costumi (l’acconciatura di nastri neri che indossavano dal 1870 era diventata di tutti i colori dell’arcobaleno) e le bande militari. Sembrava un sogno. Eravamo entrate nella terra dell’abbondanza.
La mattina dopo il direttore dell’organizzazione per gli aiuti alla popolazione civile ci mandò a Mulhouse, il centro della zona devastata. Il materiale era già arrivato e ci mettemmo subito al lavoro. Passammo parecchi giorni ad aprire le casse, e a incontrare sindaci, preti cattolici e protestanti provenienti dai villaggi distrutti verso i quali i profughi stavano tornando a piedi, in camion e con qualunque altro mezzo di fortuna. Era tutto molto triste. La loro decisione e il loro coraggio, comunque, ci rincuorarono. Ci preparammo all’inverno che avremmo trascorso distribuendo materiale nei vari villaggi. A Mulhouse trovammo una buona sistemazione, prima nel grande albergo, poi, quando questo fu requisito per gli ufficiali, in un’autentica locanda alsaziana. C’era cibo in abbondanza, caffè vero, grossi prosciutti, latte fresco. C’era sempre gente in coda a guardare e a comprare. Le pâtisseries erano piene di specialità alsaziane e delle classiche torte francesi. I soldati francesi ne mangiavano quantità illimitate e ne mandavano perfino agli amici e ai familiari rimasti in Francia. Nella nostra locanda preparavano una stupenda MINESTRA DI SCALOGNI E FORMAGGIO
Dorare nel burro su entrambi i lati 1 fetta di pane per persona. Metterle in una zuppiera, cospargerle con 1 cucchiaio di formaggio grattugiato e tenere in caldo. Cuocere a fuoco lento 4 scalogni affettati in 1 cucchiaio di burro, aggiungere 1 cucchiaino di farina. Mescolare con un cucchiaio di legno, aggiungere 1 tazza e mezza di bouillon bollente, coprire e cuocere a fuoco bassissimo, aggiungendo sale e pepe, per mezz’ora. Passare al setaccio, aggiungere 2 cucchiai di panna. Versare sul pane e formaggio nella zuppiera e servire ben caldo.
Gli ingredienti erano di qualità eccellente, ma non c’era una gran varietà di verdure. Erano tutte della famiglia dei cavoli, sauerkraut , verze, cavolini di Bruxelles e cavolfiori. E poi le patate, naturalmente, e la salsa di mele, che veniva considerata una verdura.
A Cernay trovammo un aiutante per la distribuzione del materiale nell’esile abbé Hick, che era tornato dopo l’Armistizio solo per trovare la sua chiesa ridotta a un cumulo di macerie e la canonica, con l’eccezione di una sola stanza, in rovina. Comunque, quando tornammo a distribuire materiale nel suo circondario, ci invitò a colazione da lui. Ci venne incontro sulla porta della sua stanza e disse, Benvenute, accomodatevi in salotto, vi scalderete un po’. Scusate un attimo, vado in camera da letto a lavarmi le mani. E si diresse all’altra estremità della stanza, oltre la tavola imbandita. Poi tornò e disse, Adesso passiamo in sala da pranzo a far colazione. Tutto questo senza la minima traccia d’ilarità. Un profugo aveva preparato la colazione, semplice ma succulenta. La madre dell’ abbé aveva mandato del buon vino bianco da Riquewehr, dove viveva.
La domenica facevamo spesso colazione con gli ospitali abitanti di Mulhouse, che, poco alla volta, stavano tornando alla vita e alle abitudini d’anteguerra. Tutto alla francese, con grande lusso ed eleganza. In realtà avevano mantenuto le tradizioni di prima del 1870, rifiutando ogni cosa tedesca. Era il ricordo del modo di vivere dei nostri amici francesi di San Francisco ridiventato realtà.
Da Monsieur B. gustammo, con mia grande gioia, una TARTE CHAMBORD
Sbattere fino a ottenere un composto denso e schiumoso, con un frullino, 8 uova e 1 cucchiaio di zucchero, poi aggiungere, mescolando lentamente e con molta delicatezza, 3 cucchiai di farina passata tre volte al setaccio. Aggiungere 1 tazza e 1 cucchiaio di burro fuso non salato. Cuocere in una tortiera alta e spolverata di farina nel forno portato a 180 gradi per 30 minuti. Togliere dal forno, lasciar riposare per 10 minuti, togliere dalla tortiera, mettere sulla griglia. Quando la torta si sarà raffreddata, tagliarla orizzontalmente quattro volte, formando cinque strati.
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