I FIORI DEL MALE CHARLES BAUDELAIRE I FIORI DEL MALE CON LA PREFAZIONE DI T. GAUTIER
A Edoardo Sonzogno.
CHARLES BAUDELAIRE
AL LETTORE
I. BENEDIZIONE.
II. L'ALBATRO.
III. ELEVAZIONE.
IV. RISPONDENZE.
V.
VI. I FARI.
VII. LA MUSA AMMALATA.
VIII. LA MUSA VENALE.
IX. IL CATTIVO FRATE.
X. IL NEMICO.
XI. LA DISDETTA.
XII. LA VITA ANTERIORE.
XIII. ZINGARI IN VIAGGIO.
XIV. L'UOMO E IL MARE.
XV. DON GIOVANNI A L'INFERNO.
XVI. CASTIGO DE L'ORGOGLIO.
XVII. LA BELLEZZA.
XVIII. L'IDEALE.
XIX. LA GIGANTESSA.
XX. LA MASCHERA.
XXI. INNO A LA BELLEZZA.
XXII. PROFUMO ESOTICO.
XXIII. LA CAPIGLIATURA.
XXIV.
XXV.
XXVI. SED NON SATIATA.
XXVII.
XXVIII. IL SERPENTE CHE DANZA.
XXIX. UNA CAROGNA.
XXX. DE PROFUNDIS CLAMAVI.
XXXI. IL VAMPIRO.
XXXII.
XXXIII. RIMORSO POSTUMO.
XXXIV. IL GATTO.
XXXV. DUELLUM.
XXXVI. IL BALCONE.
XXXVII. L'OSSESSO.
XXXVIII. UN FANTASMA.
XXXIX.
XL. SEMPER EADEM.
XLI. TUTTA INTERA.
XLII.
XLIII. LA FACE VIVENTE.
XLIV. RIVERSIBILITÀ.
XLV. CONFESSIONE.
XLVI. L'ALBA SPIRITUALE.
XLVII. ARMONIA DE LA SERA.
XLVIII. LA FIALA.
XLIX. IL VELENO.
L. CIELO FOSCO.
LI. IL GATTO.
LII. LA BELLA NAVE.
LIII. INVITO A VIAGGIARE.
LIV. L'IRREPARABILE.
LV. CHIACCHIERATA.
LVI. CANTO D'AUTUNNO.
LVII. A UNA MADONNA.
LVIII. CANZONE DI POMERIGGIO.
LIX. SISINA.
LX FRANCISCÆ MEÆ LAUDESnota 7
LXI. AD UNA SIGNORA CREOLA.
LXII. MŒSTA ET ERRABUNDA.
LXIII. LO SPETTRO.
LXIV. SONETTO D'AUTUNNO.
LXV. TRISTEZZA DE LA LUNA.
LXVI. I GATTI.
LXVII I GUFI.
LXVIII. LA PIPA.
LXIX. LA MUSICA.
LXX. SEPOLTURA D'UN POETA MALEDETTO.
LXXI. UN'INCISIONE FANTASTICA.
LXXII. IL MORTO ALLEGRO.
LXXIII. LA BOTTE DE L'ODIO.
LXXIV. LA CAMPANA FESSA.
LXXV. SPLEEN.
LXXVI. SPLEEN.
LXXVII. SPLEEN.
LXXVIII. SPLEEN.
LXXIX. OSSESSIONE.
LXXX. IL DESIDERIO DEL NULLA.
LXXXI. ALCHIMIA DEL DOLORE.
LXXXII. ORRORE SIMPATICO.
LXXXIII. L'EAUTONTIMOROUMENOS.
LXXXIV. L'IRREPARABILE.
LXXXV. L'OROLOGIO.
LXXXVI. PAESAGGIO.
LXXXVII. IL SOLE.
LXXXVIII. AD UNA MENDICANTE DAI CAPELLI ROSSI.
LXXXIX. IL CIGNO.
XC. I SETTE VECCHI.
XCI. LE VECCHIETTE.
XCII. I CIECHI.
XCIII. A UNA PASSANTE.
XCIV. LO SCHELETRO AGRICOLTORE.
XCV. IL CREPUSCOLO DE LA SERA.
XCVI. IL GIUOCO.
XCVII. DANZA MACABRA.
XCVIII. L'AMORE DE LA MENZOGNA.
XCIX.
C.
CI. NEBBIE E PIOGGIE.
CII. SOGNO PARIGINO.
CIII. IL CREPUSCOLO DEL MATTINO.
CIV. L'ANIMA DEL VINO.
CV. IL VINO DEI CENCIAIUOLI.
CVI. IL VINO DE L'ASSASSINO.
CVII. IL VINO DEL SOLITARIO.
CVIII. IL VINO DE LI AMANTI.
CIX. LA DISTRUZIONE.
CX. UNA MARTIRE.
CXI. DONNE DANNATE.
CXII. LE DUE BUONE SORELLE.
CXIII. LA FONTANA DI SANGUE.
CXIV. ALLEGORIA.
CXV. LA BEATRICE.
CXVI. UN VIAGGIO A CITERA.
CXVII. L'AMORE E IL CRANIO.
CXVIII. IL RINNEGAMENTO DI SAN PIETRO.
CXIX. ABELE E CAINO.
CXX. LE LITANIE DI SATANA.
PREGHIERA.
CXXI. LA MORTE DE LI AMANTI.
CXXII. LA MORTE DEI POVERI.
CXXIII. LA MORTE DE LI ARTISTI.
CXXIV. LA FINE DE LA GIORNATA.
CXXV. IL SOGNO D'UN CURIOSO.
CXXVI. IL VIAGGIO.
CXXVII. EPIGRAFE PER UN LIBRO CONDANNATO.
CXXVIII. L'ESAME DI MEZZANOTTE.
CXXIX. MADRIGALE TRISTE.
CXXX. AD UNA MALABARESE.
CXXXI. L'AVVERTITORE.
CXXXII. INNO.
CXXXIII. LA VOCE.
CXXXIV. IL RIBELLE.
CXXXV. IL GETTO D'ACQUA.
CXXXVI. LI OCCHI DI BERTA.
CXXXVII. IL RISCATTO.
CXXXVIII. BEN LUNGI DI QUI.
CXXXIX. RACCOGLIMENTO.
CXL. IL BARATRO.
CXLI. I LAMENTI D'UN ICARO.
CXLII. IL COPERCHIO.
CXLIII. IL TRAMONTO DEL SOLE ROMANTICO.
CXLIV. A TEODORO DI BANVILLE.
CXLV. VERSI PER IL RITRATTO DI ONORATO DAUMIER.
CXLVI. LOLA DI VALENZA.
CXLVII. SUL "TASSO IN PRIGIONE."
CXLVIII. LA PIPA DI PACEnota 10.
CXLIX. LA PREGHIERA D'UN PAGANO.
CL. L'IMPREVEDUTO.
CLI. LA LUNA OFFESA.
APPENDICE
Note
CHARLES BAUDELAIRE
I FIORI DEL MALE
CON LA PREFAZIONE
DI
T. GAUTIER
A te, zio mio, per l'affetto padre, offro riconoscente questa modesta prova di lavoro; e – certo che nell'intelligente bontà dell'animo tuo saprai perdonare la povertà del tentativo – dirò a te le poche parole che avrei voluto rivolgere al lettore.
Delle opere e della vita di C. Baudelaire parlano diffusamente: Teofilo Gautier nella Prefazione ai Fiori del male , ricordando in quello studio critico l'originalità della concezione e l'inestimabile pregio – per lungo tempo disconosciuto – di quel capolavoro; Sainte-Beuve, di Custine, Deschamps, in lettere inviate a Baudelaire; Barbey d'Aurevilly, ed Asselineau in altri studi critici, che – seguendo l'esempio dell'autore – raccolsi in appendice.
Il mio compito si limita a quello modesto del traduttore in prosa. Non pensai neppure ad una traduzione ritmica che oggi ancora – a lavoro compiuto – ritengo impossibile. Certo si potrebbe recare in versi qualcuna delle composizioni meno caratteristiche, ma – pur disperando di raggiungere la perfezione dell'originale – il numero ne sarebbe troppo esiguo. Nessuno potrà nè dovrà – a mio avviso – tentare la traduzione in poesia dell'opera completa.
Chi mai saprebbe rendere la fluidità e la sonorità del verso, la realtà selvaggia e la ferocia magistrale delle espressioni, l'intensità, l'originalità e la freschezza delle concezioni, costringendo le imagini e le parole nel verso? Se un ingegno superiore vi si attentasse – pur riuscendo a darci una buona traduzione – forse verrebbe di molto scemata la personalità squisita di quel temperamento d'artista originale ed esuberante; certo non potrebbe conservare quella sapiente struttura architettonica – che ricorda Dante e il divino poema – per la quale tutte le poesie, singolarmente perfette, concorrono alla perfezione ultima, con una mirabile unità di concetto e di forma. Una sola lieve dissonanza diventerebbe un'atroce stonatura, guastandone la complessa armonia; e l'opera d'arte – incantevole arco di meraviglie – cadrebbe in rovina.
Ecco perchè la mia traduzione è in prosa. E neppur questa mi salvò dall'incontrare grandi difficoltà. Ho conservato l'asprezza e la crudezza della frase, nulla aggiungendo e nulla togliendo, attenendomi coscienziosamente all'originale, e presento alla critica un lavoro scrupolosamente accurato, senza la pretesa della perfezione.
E la soddisfazione dell'opera mia sarebbe completa, se potessi, nell'Italia nostra, contribuire col povero ingegno mio al movimento di riparazione – già iniziato in Francia da qualche anno ed ora quasi compiuto – verso la pallida ombra del poeta che ebbe una vita tanto agitata, per avere fedelmente seguito quello che egli – con la triste rassegnazione degli esseri d'intelletto, delle anime malate d'infinito e assetate d'ideale – chiamava il suo doloroso programma .
Milano, settembre 1893.
Riccardo.
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