Ci furono parecchie chiacchiere nel villaggio. Quando andavamo per la strada, succedeva che qualcuno ci avvicinasse per dire, Che peccato, oppure, Quella bella vostra anatra! Al che di solito rispondevamo che avremmo comunque dovuto ucciderla per mangiarla, di lì a poco. Ma il padrone di Diane non seppe che atteggiamento tenere fino a quando mandai a sua moglie un cesto di melanzane rotonde, pomodori quasi bianchi e gialli, e gombi, tutte verdure che la donna non aveva mai visto in vita sua. Solo allora il marito venne a ringraziarci portandoci in dono un grosso vaso di burro fresco a nome della moglie. Sapeva che la nostra cuoca considerava il suo cane responsabile della dipartita dell’anatra. Cancellamo il ricordo dell’increscioso incidente ringraziandoci a vicenda per i doni. E così Blanchette diventò un’ ANATRA IN SALSA D’ARANCIA
Mettere in una pentola le rigaglie, compreso il collo, con 2 tazze di acqua, 1 cucchiaio di sale, un quarto di cucchiaino di pepe, 1 piccola cipolla con infilato un chiodo di garofano, uno scalogno, mezza foglia di alloro, un rametto di rosmarino e una foglia di macis. Coprire e cuocere a fuoco lento. Quando il brodo si sarà ristretto a 1 tazza, togliere dal fuoco e lasciar riposare. Tagliare un’arancia sbucciata in mezza dozzina di pezzi e metterli dentro l’anatra. Tagliare la buccia dell’arancia a pezzettini e farli bollire in mezza tazza d’acqua per 10 minuti, con un coperchio. Arrostire l’anatra nel forno a 200 gradi circa in una teglia con 3 cucchiai di burro per mezz’ora, girandola e ungendola tre volte. Pestare in un mortaio la buccia d’arancia e il fegato dell’anatra insieme a un terzo di tazza del miglior curaçao bianco, e ridurre il tutto a una pasta. Aggiungere a questa pasta la tazza di brodo di rigaglie e il sugo rimasto nella teglia, sgrassato. Riscaldare il tutto senza far bollire, passare al setaccio e versare in una salsiera di metallo precedentemente riscaldata. Decorare l’anatra di fette sottilissime di arancia non sbucciata e servire. Per 4 persone.
Parecchie volte ho avuto la tentazione di uccidere una cuoca stupida o ostinata, ma di solito mi limitavo a immaginarlo, la fantasia sostituiva l’omicidio effettivo. Poi venne da noi a lavorare un allegro, incantevole austriaco. Era un cuoco perfetto. Svelto e silenzioso, Frederich, lo chiamerò così, cucinava per noi i piatti più sofisticati e complessi, non si spaventava davanti a nulla. Ci preparava gelati in piccoli recipienti a forma di uovo che disponeva su nidi di zucchero filato colorato. Adorava preparare torte a forma di oggetti diversi per ciascuna persona, a seconda della sue caratteristiche: di libro per Gertrude Stein, di rosa per sir Francis Rose, di pavone per un’amica molto vanitosa e di cagnolino per me. Riceveva di continuo le visite di una ragazza molto graziosa, Duscha, che sembrava uscita direttamente da un’opera di Offenbach. Io e Gertrude Stein li adoravamo. A Natale chiedemmo loro di accettare, fra gli altri doni, una cena innaffiata di champagne in un ristorante di loro gusto per il tradizionale reveillon . A poco a poco Frederich cominciò a confidarsi con me. La sua vita non era più felice come una volta. All’inizio c’era solo la sua fidanzata Duscha, il suo angelo, ma adesso ce n’era un’altra, un demonio, che voleva sposarlo, e minacciava di ucciderlo se si fosse rifiutato. Ci raccontò che lui e Hitler erano nati nello stesso villaggio e che tutti in quel villaggio erano simili tra di loro e molto particolari. Eravamo nel 1936 e ormai sapevamo benissimo che Hitler era davvero un po’ strano. Frederich, d’altra parte, non era tanto strano quanto debole, amante del vino, delle donne e della musica. Ma continuava a essere un cuoco perfetto. Per parecchi anni aveva lavorato nel ristorante di Frau Sacher e spesso ci preparava la famosa SACHER TORTE
Lavorare mezza tazza di burro fino a farlo diventare cremoso, aggiungere a poco a poco 1 tazza di zucchero, la scorza grattugiata di 1 limone, 120 gr circa di cioccolata fusa, 6 tuorli di uovo, 6 chiare montate a neve e 3 cucchiai di farina. Imburrare e cospargere di farina una tortiera piatta e cuocere per 40 minuti nel forno a 165 gradi circa. Lasciar raffreddare nella tortiera. Quando si sarà raffreddata del tutto, tagliare la torta a metà e spalmare tra i due strati il seguente composto:
Sciogliere 60 gr di cioccolata e aggiungere 1 cucchiaio di caffè in polvere sciolto in mezza tazza di acqua calda. Incorporare, mescolando forte, 2 tuorli d’uova. Montare 1 tazza di panna intera addolcita con 3 cucchiai di zucchero a velo. Aggiungere il composto preparato in precedenza alla panna montata.
Spalmare sulla torta gelatina o marmellata di albicocche passata al setaccio e coprire con glassa di cioccolata.
A Frederich piaceva anche servire la LINZER TORTE
Mezza tazza di mandorle pestate, 1 tazza di farina, mezza tazza di burro, mezza tazza di zucchero, i tuorli di 2 uova sode passati al setaccio, un pizzico di cannella, un pizzico di noce moscata, la buccia grattugiata di mezzo limone. Mescolare il burro e la farina, aggiungere gli altri ingredienti nell’ordine in cui sono stati elencati, e alla fine aggiungere 3 cucchiai di rum. Lasciar riposare in frigorifero per un paio d’ore. Stendere tre quarti della pasta e disporla in una tortiera imburrata col fondo removibile, coprire di marmellata di lamponi. Stendere il resto della pasta, tagliarla a strisce larghe circa 2 cm con una rotellina, disporre le strisce sulla torta formando una grata. Spennellare leggermente la pasta di uovo sbattuto. Cuocere nel forno a 180 gradi per mezz’ora.
Ecco l’ultimo piatto che ci servì Frederich: GOULASH ALLA ZINGARA
Tagliare 1 kg e 200 gr di filetto di manzo a fette spesse circa 1 cm e poi a listelli della stessa larghezza. Rosolare nello strutto con un cucchiaino di sale, 1 cucchiaio di paprika e 1 cucchiaio di farina, 4 grosse cipolle affettate, 700 gr circa di patate a fette. Quando la carne sarà rosolata aggiungere 2 tazze di vino rosso, 1 tazza di panna acida e coprire il tutto di bouillon . Mettere in una casseruola coperta nel forno a 190 gradi circa e cuocere per 1 ora. Aggiungere mezza tazza di panna acida prima di servire guarnito di pasta. Per 4 persone.
Un pomeriggio, mentre io e Gertrude Stein stavamo tornando a casa, vedemmo una persona uscire dalla nostra porta nel cortile. Era una donna dagli occhi neri, piccoli e brillanti. Il demonio, disse Gertrude Stein. Probabilmente, risposi. L’occhiata che le avevo dato bastò a riempirmi di preoccupazione per Frederich. Volevamo che fosse felice e che restasse a cucinare per noi. Più tardi andai a trovarlo in cucina. Era seduto al tavolo, la testa nascosta tra le braccia. Quando mi vide sussultò. Che cosa c’è, gli chiesi. Il demonio, Madame, il demonio è venuto a trovarmi e mi ha portato in dono una bottiglia di preziosissimo Tocai. Voleva avvelenarmi, uccidermi. Ha versato un bicchiere di vino e me l’ha dato. Proprio mentre stavo per bere alla sua salute mi sono accorto che non aveva versato da bere per sé, il suo bicchiere era vuoto, e che non aveva tolto il tappo con il cavatappi. Voleva avvelenarmi. Le ho buttato addosso la bottiglia. L’ho strattonata. L’ho buttata fuori. Oh, Madame, quel demonio riuscirà a farlo, riuscirà a uccidermi. Lo mandai in camera sua.
La mattina dopo non trovai Frederich in cucina. Verso mezzogiorno chiesi alla concierge di salire nella sua stanza per vedere che cosa fosse successo. Tornò dicendo che la porta era aperta e la stanza vuota, c’era solo un baule legato con delle cinghie. Non aveva visto Frederich, quella mattina, ma la signora coi capelli scuri era andata a trovarlo un paio d’ore prima. Che cosa potevamo fare? Niente, se non aspettare che arrivasse Duscha. Arrivò nel tardo pomeriggio. Bella, raffinata ed elegante come sempre, ma con gli occhi rossi e gonfi. Frederich le aveva mandato un telegramma lungo come una lettera, il che era una prova, disse, di quanto dovesse star male. Se n’era andato con quel demonio, inutile cercarli, avrebbero lasciato Parigi. Lui avrebbe sempre amato il suo angelo ma la loro felicità era rovinata per sempre. Lei doveva andare ad avvertire le buone signore, le avrebbero pagato quello che gli dovevano, tre settimane e sei giorni di salario, e con quei soldi avrebbe dovuto comprarsi una frivolité come ultimo souvenir del suo innamoratissimo Frederich.
Читать дальше