Federico Moccia - Ho voglia di te
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un po' stretta. Accendo il quadro e do il via al motore.
"Si guida bene."
"Pensa che è ancora in rodaggio..." Mi guarda preoccupato e si
mette la cintura. E io, forse per il fatto che sono tornato a
Roma,
che vorrei gridare, ma che ne so, che vorrei in qualche modo
liberarmi
di questi due anni di silenzio, della mia rabbia vissuta lontano,
parto all'improvviso dando gas. La Audi 4 sgomma, scodinzola,
si ribella, urla, le sue gomme strepitano sull'asfalto caldo.
Paolo
si attacca con tutte e due le mani alla maniglia vicino al
finestrino.
"Ecco, lo sapevo, lo sapevo! Ma come mai con te finisce sempre
così?"
"Ma che dici! Se la macchina l'ho appena presa! "
"Volevo dire che con te non si può mai stare tranquilli! "
"Ok..." Scalo, prendo la curva e gioco un po' con lo sterzo tanto
da accarezzare quasi il guardrail.
"Va bene adesso?"
Paolo si risistema sul sedile tirandosi giù la giacca.
"Niente da fare, con te non c'è mai un attimo di tranquillità."
"Ma dai, lo sai benissimo che stavo scherzando. Non stare lì a
preoccuparti, sono cambiato."
"Ancora? Ma quanto sei cambiato?"
"Questo non lo so, sono tornato a Roma per verificarlo."
Restiamo in silenzio.
"Si può fumare qui dentro?"
"Preferirei di no."
Mi metto la sigaretta in bocca e spingo il pulsante
dell'accendisigari.
"Ma che fai, l'accendi lo stesso?"
"È il preferirei che ti ha fregato."
"Vedi... Sei cambiato. E in peggio."
Sorrido e lo guardo. Gli voglio bene. E forse lui è cambiato sul
serio, mi sembra più maturo, più uomo. Do un tiro alla Marlboro
medium e faccio per passargliela.
No, grazie.'
Di risposta apre uno spiraglio del finestrino. Poi ritorna
allegro:
"Sai una cosa? Sto con una".
Mio fratello è più grande di me di sette anni. È incredibile, a
volte sembra un ragazzino, ha voglia di raccontarmi le cose che è
un piacere. Decido di dargli soddisfazione.
"E com'è, carina?"
"Carina? È bella! Alta, biondo chiaro, la devi conoscere. Si
chiama Fabiola, si occupa di arredamento, le piace andare solo in
certi posti, ha molto gusto..."
"Eh... Certo, certo, sicuro..."
"Ok, ok. La tua è una battuta scontata, anzi una 'sbattuta', ti
piace questa? La dice sempre lei! "
"Un po' equivoca, non ti pare? Deve stare attenta, quando la dice.
Comunque adesso ho capito perché vi trovate tanto bene insieme. "
"Be', comunque ci vado molto d'accordo."
Molto d'accordo. Ma che vorrà dire poi. L'accordo è qualcosa
che ha a che fare con la musica. O peggio coi contratti. L'amore
invece
è quando non respiri, quando è assurdo, quando ti manca,
quando è bello anche se è stonato, quando è follia... Quando solo
all'idea di vederla con un altro attraverseresti a morsi l'oceano.
"Be', se andate d'accordo, questo è l'importante. E poi..."
Cerco di chiudere alla meglio. "Fabiola è un bel nome."
Chiusura banale. Ma non ho trovato altro. Fondamentalmente
non me ne frega niente, ma se gli dicessi che il nome fa cagare,
per come è lui non sarebbe felice. Paolo ha bisogno dell'opinione
di tutti. La cazzata più grande che si può fare. Tutti chi, poi.
Neanche
i nostri sono stati tutti per noi.
Mi legge quasi nel pensiero: "Anche papà sta con una, sai?".
"Come posso saperlo se non me lo dice nessuno."
"Monica, una bella donna. Cinquant'anni, ma se li porta benissimo.
Gli ha rivoluzionato la casa. Ha levato un po' di antichità,
l'ha svecchiata."
"Anche a papà?"
Paolo ride come un pazzo: "Troppo forte questa".
Mio fratello e il suo entusiasmo deficiente. Ma prima era così?
Quando torni da un viaggio, tutto ti sembra un po' diverso.
"Vivono insieme, devi conoscerla."
Devi. Che vuol dire devi? Do un colpo secco al volante per
scansare uno che non ne vuole sapere di togliersi di mezzo. E
spostati!
Lampeggio, niente. Do gas, scalo. La macchina scatta sulla
destra per superarlo.
Paolo spinge con le gambe in avanti e si tiene al bracciolo tra
me e lui. Poi rientro a sinistra e lo tranquillizzo.
"Tutto a posto. In America non potevo mai farlo, ti controllano
al millimetro."
"E invece sei tornato apposta per sbizzarrirti con la mia
macchina,
vero?"
"Mamma come sta?"
"Bene."
"Che vuol dire bene?"
"E allora che vuol dire come sta?"
"Quanto la fai difficile. È tranquilla? Sta con qualcuno? Tu la
senti? Si vede e si sente con papà?"
Non riesco a fargli quell'ultima domanda: ha chiesto di me?
"Mi ha chiesto spesso di te." È l'unica alla quale risponde:
"Voleva
sapere se ti sentivo da New York, come andava il corso eccetera
eccetera".
"E tu?"
"E io le ho detto quel poco che sapevo. Che il corso andava bene,
che stranamente non avevi ancora fatto a botte con nessuno e
poi mi sono inventato un po' di cose."
"Tipo?"
"Che stavi da due mesi con una ragazza, italiana però. Se avessi
detto americana si sarebbe capito subito che era falso, non vi
sareste
capiti."
"Ah, ah. Avvisami quando si ride. Anche questa è una 'sbattuta'?"
"Poi gli ho detto che ti divertivi, la sera uscivi spesso, niente
droga però, ma un sacco di amici. Insomma, che non avevi
intenzione
di tornare e che comunque stavi bene. Come sono andato?"
"Più o meno."
"Cioè?"
"Sono stato con due americane e ci siamo capiti benissimo."
Non fa in tempo a ridere, scalo ed esco tagliando a destra. Giù
dalla tangenziale, in curva do gas, le ruote stridono, una
macchina
vecchia suona alle mie spalle, continuo la curva come se niente
fosse
ed entro sul raccordo. Paolo si risistema sul sedile. Si tira giù
la
giacca. Poi tenta di dire la sua.
"Non hai messo la freccia."
"Già." Guido per un po' in silenzio. Paolo guarda spesso fuori,
poi di nuovo verso di me cercando di attirare la mia attenzione.
Che ce?
"Com'è finita la storia del processo?"
"Sono stato graziato."
"Cioè?" mi guarda incuriosito. Mi giro e sostengo per un po'
il suo sguardo. Resta in silenzio. Mi guarda tranquillo. Sereno.
Non
credo che menta. Oppure è un attore formidabile. Paolo è un buon
fratello, ma tra i suoi ipotetici pregi non si rintraccia il
formidabile.
Riguardo la strada.
"Niente, sono stato graziato, punto e basta."
"Cioè, spiegami meglio."
"Tu che non sai di queste cose? Hai presente quei condoni per
le tasse o per l'edilizia che vengono fatti apposta quando si va a
qualche elezione? Ecco, questo è uno di quei casi lì, i reati come
il
mio vengono dimenticati e ci si ricorda invece di un presidente. "
Sorride.
"Sai, è un sacco di tempo che mi chiedo perché hai menato
quello che abitava di fronte a noi. "
"E sei riuscito a sopravvivere a questo incredibile
interrogativo?"
"Sì, ho avuto anche altro da fare."
"In America non dureresti un giorno. Non hai tempo per farti
domande."
"Ma siccome stavo a Roma tra un cappuccino e un aperitivo,
ci ho pensato. E sono arrivato anche a una conclusione."
"Che meraviglia! E cioè?"
"Che il nostro vicino infastidiva in qualche modo mamma,
apprezzamenti
pesanti e una battuta di troppo. Tu, non so come, lo
sei venuto a sapere e patapuff, l'hai mandato all'ospedale..."
Rimango in silenzio. Paolo mi fissa. Vorrei evitare il suo
sguardo.
"Però c'è una cosa che non capisco, che mi sfugge... Ma scusa,
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