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Federico Moccia: Scusa ma ti chiamo amore

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Federico Moccia

Scusa ma ti chiamo amore

Rizzoli

Al mio grande amico.

Che mi manca. Ma c'è sempre.

Caro amico ti scrivo così mi distraggo un po

e siccome sei molto lontano più forte ti scriverò...

Lucio Dalla, Hanno che verrà

It's not time to make a change Just relax, take it easy Youre stili young, that's your fault Theres so much you have to know find a girl, settle down If you want, you can marry Look at me, I am old But l'm happy

I was once like you are now And I know that it's not easy To be cairn when youve found Something going on But take your time, think a lot Why, think of everything youve got For you will stili be here tomorrow But your dreams may not

Cat Stevens, Father And Son

Uno

Notte. Notte incantata. Notte dolorosa. Notte folle, magica e pazza. E poi ancora notte. Notte che sembra non passare mai. Notte che invece a volte passa troppo in fretta.

Queste sono le mie amiche, cavoli... Forti. Sono forti. Forti come Onde. Che non si fermano. Il problema sarà quando una di noi s'innamorerà sul serio di un uomo. "Ehi, aspettate ci sono anch'io!" Niki le guarda, una dopo l'altra.

Sono a via dei Giuochi Istmici. Hanno la miniauto con gli sportelli aperti e, con la musica a palla, improvvisano una sfilata di moda. "E dai, vieni allora!" Olly cammina come una pazza su e giù per la strada. Volume al massimo e occhiali a fascia. Sembra Paris Hilton. Un cane abbaia a distanza. Arriva Erica, grande organizzatrice. Prende quattro bottiglie di Corona. Appoggia i tappi sul bordo di una ringhiera e, dando dei cazzotti, li fa saltare via uno dopo l'altro.

Tira fuori un limone dallo zainetto e lo taglia.

"Ehi, Erica, ma quel coltello, se ti beccano, è meno di quattro dita?"

Niki ride e l'aiuta. Prende e infila un pezzetto di limone all'interno di ogni Corona e, pum!, brindano sbattendole forte e le alzano alle stelle. Poi si sorridono quasi chiudendo gli occhi, sognando. Niki finisce di bere per prima. Un fiato lungo e si riprende. Forti le mie amiche, e si asciuga la bocca. È bello poter contare su di loro. Lecca con la lingua quell'ultima goccia di Corona.

"Ragazze, siete bellissime... Sapete che c'è? Mi manca l'amore."

"Ti manca una scopata, vorrai dire."

"Quanto sei bora" dice Diletta, "ha detto che le manca l'amore."

"Sì, l'amore" riprende Niki, "quello splendido mistero a te sconosciuto..."

Olly alza le spalle.

Sì, pensa Niki. Mi manca l'amore. Ma ho diciassette anni, diciotto a maggio. C'è ancora tempo per me... "Aspettate, aspettate, ora sfilo io, eh..."

E procede spedita su quello strano marciapiede-passerella Niki, tra le sue amiche che fischiano e ridono e si divertono per quella strana, splendida, pantera bianca che, almeno per adesso, non ha ancora picchiato nessuno.

"Amore, amore ci sei? Scusami se non ti ho avvisato, ma non ce la facevo a tornare domani."

Alessandro entra nella sua casa e si guarda in giro. È tornato apposta con la voglia di lei ma anche con la voglia di scoprirla con qualcuno. È troppo tempo che non fanno l'amore. E quando non c'è sesso a volte vuoi dire solo che c'è un altro. Alessandro gira per casa ma non trova nessuno, anzi non trova proprio più niente. Oddio, ma che, sono venuti i ladri? Poi un biglietto sul tavolo. La sua scrittura.

"Per Alex. Ti ho lasciato qualcosa da mangiare in frigo. Ho telefonato in albergo per avvisarti ma mi hanno detto che eri già partito. Forse volevi scoprirmi. No. Mi dispiace. Non c'è niente da scoprire purtroppo. Me ne sono andata. Me ne sono andata e basta. Per favore non cercarmi almeno per un po. Grazie. Rispetta le mie scelte come io ho sempre rispettato le tue. Elena."

No, Alessandro posa il biglietto sul tavolo, non sono venuti i ladri. E stata lei. Lei ha rubato la mia vita, il mio cuore. Lei che dice di aver rispettato le mie scelte. Ma quali scelte, poi? Gira per casa. Gli armadi sono ormai vuoti. Scelte, eh? Perfino la mia casa non era mia.

Alessandro vede il led della segreteria che lampeggia. Che c'abbia ripensato? Che stia tornando? Preme il tasto speranzoso.

"Ciao. Come stai? È un po che non ti fai sentire, eh... Non si fa così. Perché non venite una sera qui da noi a cena, tu ed Elena? Ci farebbe molto piacere! Chiamami presto, ciao!"

Alessandro cancella il messaggio. Anche a me farebbe piacere, molto piacere, mamma. Ma temo che mi toccherà subire una delle tue cene da solo, questa volta. E tu mi domanderai, allora, ma quand'è che vi sposate tu ed Elena, eh? Ma che cosa aspettate? Hai visto che bello, le tue sorelle hanno già dei figli. E quando ce lo darai un nipotino tutto tuo? E io forse non saprò cosa rispondere. Non riuscirò a dirti che Elena se n'è andata. E allora mentirò. Mentire a mia madre. Certo, non è bello. A trentasei anni poi, trentasette a giugno... È veramente brutto.

Un'ora prima.

Stefano Mascagni è un preciso in quasi tutto. Non per come tiene la sua macchina. L'Audi A Station Wagon prende veloce la curva alla fine di via del Golf ed entra in via dei Giuochi Istmici. Una scritta lasciata da qualcuno sul vetro posteriore saluta il mondo. "Lavami. Il culo di un elefante è più pulito di me" e, sul vetro laterale, "No. Non lavarmi. Sto facendo crescere il muschio per il presepe a Natale." Il resto della carrozzeria lascia intravedere solo qualche sprazzo di argento metallizzato, talmente è polverosa. Una cartellina piena di fogli scivola in avanti e cade dal lunotto, sparpagliandosi sul tappetino. Stessa sorte per una bottiglia di plastica vuota che s'infila sotto il sedile e rotola pericolosamente vicino al pedale della frizione. Una serie indefinita di cartine di caramelle sbuca dal posacenere e lo fa somigliare a un arcobaleno. Meno romantico, però.

Dal portabagagli, all'improvviso, un tonfo cupo. Porca miseria, s'è rotto, lo sapevo. Cavolo. E poi non posso andare da lei con la macchina in queste condizioni. Carlotta chiamerebbe di certo la disinfestazione e poi non vorrebbe più vedermi. Alcuni

dicono che la macchina sia lo specchio del suo proprietario. Come i cani.

Stefano accosta vicino ad alcuni cassonetti e spegne il motore. Scende velocemente dall'Audi. Apre il portellone. Il suo portatile è rotolato di lato. Dev'essere uscito dalla borsa lasciata aperta, durante la curva. Lo prende, lo osserva da tutti i lati, sopra e sotto. Sembra integro. Solo una vite del monitor si è un po allentata. Meno male. Lo rimette nella borsa. Poi rientra in auto. Si guarda intorno. Storce la bocca. Un sacchettone gigante del supermercato semivuoto, residuo di una megaspesa del sabato pomeriggio, sbuca per metà dalla tasca sullo schienale del sedile passeggero. Lo prende. Stefano inizia a raccogliere velocemente tutto quello che gli capita sottomano. Lo infila nel sacchetto, finché c'entra. Poi scende, apre di nuovo il portabagagli, prende il computer e lo appoggia ai piedi di un cassonetto lì accanto. Lo sistema meglio perché stia in equilibrio e non cada a terra. Inizia a togliere anche dal portabagagli cose ormai inutili e dimenticate. Un vecchio sacchetto, la custodia di un cd, tre lattine vuote, un ombrello rotto, una scatola di scarpe vuota, la confezione scaduta di pile mezzo stilo, una sciarpa infeltrita. Poi, prima che il sacchettone trabocchi del tutto, va verso i cassonetti. Certo, guarda quanti sono... Vetro, plastica, carta, rifiuti solidi, rifiuti organici. Però. Precisi. Organizzati. E io questo dove lo metto? È tutta roba diversa. Boh. Quello grigio mi sembra il più adatto. Stefano si avvicina e spinge col piede sulla barra in basso. Il coperchio si alza di scatto. Il cassonetto è pieno. Stefano alza le spalle, lo richiude e appoggia il sacchetto per terra. Risale in auto. Si guarda di nuovo in giro. Così va meglio. Ah, no. Forse dovrei passare anche dall'autolavaggio. Guarda l'orologio. No, no è tardi, Carlotta mi sta già aspettando. E non puoi far aspettare una donna al primo appuntamento. Stefano chiude il portabagagli, risale in auto, mette in moto. Infila un cd. Pianoforte e orchestra numero , op. , terzo movimento, finale a breve, di Rachmaninov. Ecco. Ora è tutto perfetto. Con questo "Rach " Carlotta, quando mi vedrà, sverrà proprio come in Shine. Frizione.

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