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Federico Moccia: Scusa ma ti chiamo amore

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"Insomma, dicevi da Antica Roma. Ecco perché me la proponesti dicendo che ci si stava bene! L'avevi sperimentata!"

"E certo! Insomma andammo lì verso le cinque del pomeriggio e lui aveva preparato tutto alla perfezione."

"Ma non devi essere maggiorenne per prendere una

camera?"c. .. , n

"Boh, non lo so, ma lui giocava a calcio col figlio della

padrona che gli fece il favore." "Ah."

"Fu bellissimo. All'inizio avevo un po paura e anche Giò, perché era la prima volta anche per lui e ci muovevamo un po goffi. Ma alla fine fu tutto molto naturale... Dormimmo lì, non ci venne neanche fame per la cena. Fu quella volta, Olly, che dissi che ero rimasta da te per via dell'assemblea, ti ricordi? La mattina dopo facemmo una megacolazione e all'una tornai a casa. I miei non sospettarono nulla. Stavo bene. Ti senti leggera, dopo, anche un po grande e ti sembra di non poterlo lasciare più..."

"Eh sì, non vuoi proprio lasciarlo più..." sghignazza Olly e Diletta le tira una botta. "Ahia! Ma che ho detto?"

"Sempre doppi sensi."

"Macché, io vado a senso unico, è quello il fatto! E tu, Niki?! Con Fabio, no? A tempo di rap?"

"Be, sì... con lui e col rap, in effetti. A casa sua, che i suoi erano in vacanza. Dieci mesi fa, un sabato sera dopo un suo concerto in un locale in centro. Era eccitatissimo per la serata andata bene e perché c'ero io. Anche lui aveva preparato tutto per me... Il salotto illuminato con luci calde e soffuse. Due bicchieri di champagne. Tra l'altro non lo avevo mai nemmeno bevuto... buonissimo. In sottofondo i suoi ultimi pezzi. Per lui comunque non era la prima volta e si vedeva. Si muoveva sicuro ma mi fece sentire a mio agio, protetta. Mi disse che ero come una chitarra bellissima da suonare senza bisogno di accordature e dall'armonia perfetta..."

Olly la guarda. "Che fortuna! La solita culona!"

"Sì, infatti guarda com'è finita!"

"Ma che c'entra, la prima volta mica te la ruba nessuno!"

Poi d'improvviso silenzio. Diletta stringe più forte il cuscino. Le Onde la guardano ma senza fissarla troppo. Indecise e divise tra scherzare e fare le serie. È lei a toglierle dall'imbarazzo.

"Io no. Non l'ho mai fatto. Aspetto la persona che mi faccia sentire tre metri sopra il cielo, come quello della scritta. Anche quattro. O cinque. O sei metri. Non mi va che sia a caso e neanche che poi ci lasciamo."

"Ma che c'entra, mica puoi sapere come va dopo... l'importante è amarsi e basta, no? Senza ipotecare il futuro."

"Che frasona, Erica!"

"Ma è vero, scusa. Diletta deve buttarsi, non sa che si perde e non per come la intende Olly!"

"No, no, anche per quello!"

"Diletta, devi lasciarti andare. Ma lo sai quanti ragazzi ti ven gono dietro?! Un casino!"

"Un fiume!"

"Una squadra di rugby!"

"Una marea tanto per rimanere in tema con noi Onde!"

"Sentite, a me ne basterebbe uno solo, ma giusto per me..."

"Io uno giusto per te ce l'ho!"

"Chi?"

"Un bel cono gelato al cocco! Dai andiamo, Onde!"

"Ho un'idea migliore... Qualcuno di voi non l'ha ancora provato."

"Ma cosa?!"

"Non quello che pensate... Grande novità... Seguitemi!" Olly si butta giù dal letto ed esce dalla camera. Niki, Erica e Diletta la guardano e scuotono la testa. Poi la seguono, lasciando naturalmente la coperta piena di pieghe.

Quattro

Le luci della città sono deboli. Quando non sei di buon umore tutto sembra diverso, assume altre atmosfere. Colori, luci e ombre, un sorriso che non prende, che non attacca. Alessandro guida lentamente. Villaggio Olimpico, piazza Euclide, un giro intero, poi corso Francia. Si guarda attorno. Uno sguardo al ponte. Ma guarda 'sti coglioni. È pieno di scritte. Sporcarlo così. Guarda quella poi... "Patata ti amo." In nome di che? In nome dell'amore... L'amore. Chiedete a Elena notizie del signor Amore. Ehi, mister Amore, dove cazzo sei finito?

Vede due ragazzi mezzi infrascati in un angolo del ponte, dove la luna non batte. Abbracciati, innamorati, avvinghiati, come amorevoli edere alla faccia del tempo, dei giorni, di quello che sarà preda dei venti. Ma Alessandro non ce la fa. Suona il clacson. Apre il finestrino e urla "A ridicoli! Bella la vita, eh? Tanto uno dei due molla!" e poi da gas, schizza in avanti, superando due o tre auto e bruciando anche il semaforo prima che da arancione cambi in rosso. E ancora avanti, tutto corso Francia e poi via Flaminia, ma, arrivato al secondo semaforo, c'è una gazzella dei carabinieri. Rosso. Alessandro si ferma. I due carabinieri chiacchierano, distratti. Uno ride al telefono, l'altro fuma una sigaretta, parlando con una ragazza. Forse l'avrà fermata per un controllo, oppure è un'amica che sapeva che era di turno ed è andata a salutarlo. Fatto sta che il secondo carabiniere dopo un po si sente osservato. Così si gira verso Alessandro. Lo guarda. Lo fissa. Alessandro lentamente gira la testa,

fingendo interesse, si affaccia dal suo finestrino per vedere se per caso il semaforo è cambiato. Nulla da fare. Ancora rosso.

"Scusa..." Brumm. Brumm. Arriva uno scooter scassato, un Kymco con un ragazzo e dietro una tipa dai capelli lunghi e scuri. Lui è muscoloso, ha una maglietta celeste aderente e i muscoli si notano tutti lì sotto. "Oh ce l'ho con te, eh..." Alessandro si sporge dalla macchina.

"Sì, prego?"

"No, sei passato urlando mentre stavamo sul ponte di corso Francia. Ma che ce l'avevi co noi? No, spiegate, eh."

"No, guarda, scusa avete capito male, ce l'avevo con quello davanti che rallentava sempre."

"Ahò, nun fa il furbo con me. Capito? Nun c'avevi nessuno davanti e ringrazia il cielo..." alza il mento e indica la gazzella, "che qui ce so i carramba, nun rompe i cojoni la prossima volta che sennò finisci male..." e non aspetta risposta. È verde. E allora sgasa e schizza via, verso la Cassia. Poi fa una curva tutto piegato, già perso, andando chissà dove, verso un altro bacio, magari più in ombra... E forse qualcosa in più. Alessandro riparte piano piano. I carabinieri stanno ancora ridendo. Uno ha finito la sigaretta. Prende una gomma che gli offre la ragazza. L'altro ha chiuso il telefonino e si è messo in auto a sfogliare chissà quale giornale. Non si sono accorti di niente.

Alessandro continua a guidare. Dopo un po fa un'inversione a U tanto per sfuggire a quel fastidio. Non si è neanche liberi ogni tanto di dire la propria. In situazioni così ci si sente stretti, troppo stretti. Dall'altra parte della strada i carabinieri non ci sono più. Anche la ragazza è scomparsa. Un'altra invece aspetta l'autobus. È di colore e si confonde quasi con la notte se non fosse per quella maglietta. Rosa con un buffo pupazzo. Ma anche questo non lo fa ridere. Alessandro continua a guidare lentamente, cambia ed. Poi ci ripensa e mette la radio. Meglio affidarsi al caso certe volte. Che bomba questa ML. Spaziosa, bella, elegante. La musica si diffonde perfettamente da diverse casse nascoste. Tutto sembra perfetto.

Ma a che serve la perfezione se sei da solo e nessuno se ne accorge? Nessuno la può condividere con te, farti i complimenti oppure invidiarti.

Musica. "Vorrei essere il vestito che porterai, il rossetto che userai, vorrei sognarti come non ti ho sognato mai, ti incontro per strada e divento triste, perché poi penso che te ne andrai..." Ah, Lucio. Sembra quasi capitata per caso, va be, ma sembra che mi pigli per il culo. Non male come idea per una nuova carta di credito: "Hai tutto ma non hai lei".

Alessandro preme il tasto e cambia stazione. Qualsiasi pezzo ma non questo. Non c'è niente di peggio quando la tua unica ragione diventa il lavoro.

Lungotevere. Lungotevere. Ancora Lungotevere. Alza il volume per perdersi nel traffico. Ma a un semaforo Alessandro si ferma e viene raggiunto da una piccola minicar. C'è scritto dietro "Lingi" e una musica a palla arriva dai finestrini aperti. Sembra di stare in discoteca. Al volante due ragazze coi capelli lunghi e lisci, una bruna, l'altra bionda. Tutte e due hanno grandi occhiali stile anni Settanta, col bordino bianco piccolo, mentre le lenti sono enormi con sfumature sul marrone. Eppure è notte. Una ha un piccolo piercing al naso. Minuscolo, una specie di neo metallico. L'altra fuma una sigaretta. Non si scambiano una parola. Gli viene in mente la scena di Harvey Keitel nel Cattivo tenente. Vorrebbe farle scendere e fare proprio come in quel film, ma magari c'è ancora in giro il tipo dello scooter, magari sono amiche sue o peggio di quel carabiniere. Così le lascia partire. Verde. E poi non è così che si affrontano le cose. La rabbia, il fastidio di quel "disprezzo sentimentale" vanno incanalati verso altre mete. Alessandro lo ha sempre detto a tutti, la rabbia deve generare successo. Ma il successo cosa genera?

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