Federico Moccia - Tre metri sopra il cielo

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Tre Metri sopra il cieloFederico MocciaFederico Moccia - Tre metri sopra il cielo.lit

FEDERICO MOCCIA

TRE METRI SOPRA IL CIELO

I personaggi che appaiono in questo romanzo sono di pura fantasia. Ogni

riferimento a persone e ad avvenimenti reali è puramente casuale.

www.feltrinelli.it

Libri in uscita, interviste, reading,

commenti e percorsi di lettura

Aggiornamenti quotidiani

A mio padre, un grande amico,

che mi ha insegnato molto

A mia madre, bellissima,

che mi ha insegnato a ridere.

"Cathia ha il più bel culo d'Europa." Il rosso graffito splen-

de in tutta la sua sfacciataggine su una colonna del ponte di

corso Francia.

Vicino, un'aquila reale, scolpita tanto tempo fa, ha sicura-

mente visto il colpevole, ma non parlerà mai. Poco più sotto,

come un piccolo aquilotto protetto dai rapaci artigli di mar-

mo, c'è seduto lui.

Capelli corti, quasi a spazzola, sfumatura dietro il collo al-

ta come quella di un marine, un giubbotto Levi's scuro.

Il colletto tirato su, una Marlboro in bocca, i Ray-Ban agli

occhi. Ha un'aria da duro, anche se non ne ha bisogno. Un sor-

riso bellissimo, ma sono pochi quelli che hanno avuto la for-

tuna di apprezzarlo.

Alcune macchine in fondo al cavalcavia si sono fermate mi-

nacciose al semaforo. Eccole lì, in riga come in una gara, se

non fosse per la loro diversità. Una Cinquecento, una New Bea-

tle, una Micra, una macchina americana non meglio identifi-

cata, una vecchia Punto.

In una Mercedes 200, un esile dito dalle piccole unghie man-

giucchiate da una lieve spinta a un ed. Dalle casse Pioneer la-

terali la voce di un gruppo rock prende improvvisamente vita.

La macchina riparte seguendo il flusso. Lei vorrebbe sape-

re "Where is thè love...". Ma esiste davvero? Di una cosa è si-

cura, farebbe volentieri a meno di sua sorella che da dietro con-

tinua insistente a ripetere: "Metti Eros, dai, voglio sentire Eros".

La Mercedes passa proprio mentre quella sigaretta, ormai

finita, cade a terra, spinta da una schicchera precisa e aiutata

da un po' di vento. Lui scende dai gradini di marmo, si siste-

ma i suoi 501 e poi sale sull'Honda blu VF 750 Custom. Come

per incanto si ritrova fra le macchine. La sua Adidas destra

cambia le marce, richiama o lascia andare il motore, che, po-

tente, lo spinge come un'onda nel traffico.

Il sole sta salendo, è una bella mattinata. Lei sta andando

a scuola, lui non è ancora andato a dormire dalla notte prima.

Un giorno come un altro. Ma al semaforo si trovano uno ac-

canto all'altra. E allora quello non sarà un giorno come tutti

gli altri.

Rosso.

Lui la guarda. Il finestrino è abbassato. Una ciocca di capelli

biondo cenere scopre a tratti il suo collo morbido. Un profilo

leggero ma deciso, gli occhi azzurri, dolci e sereni, ascoltano so-

gnanti e socchiusi quella canzone. Tanta calma lo colpisce.

"Ehi!"

Lei si volta verso di lui, sorpresa. Lui sorride, fermo vicino

a lei, su quella moto, le spalle larghe, le mani già troppo pre-

sto abbronzate per quella metà di aprile.

"Ti va di venire a fare un giro con me?"

"No, sto andando a scuola."

"E non ci andare, fai finta, no? Ti vengo a prendere lì da-

vanti."

"Scusami." Lei fa un sorriso forzato e falso: "Ho sbagliato

risposta, non mi va di venire a fare un giro con te".

"Guarda che con me ti diverti..."

"Ne dubito."

"Risolverei tutti i tuoi problemi."

"Non ho problemi."

"Questa volta sono io a dubitarne."

Verde.

La Mercedes 200 scatta in avanti lasciando spegnersi il

riso sicuro di lui. Il padre si gira verso di lei: "Ma chi era

quello? Un tuo amico?". "No, papa, solo un cretino..."

Qualche secondo dopo l'Honda affianca di nuovo. Lui at-

tacca la mano al finestrino e con la destra da un filo di gas, tan-

to per non fare troppo sforzo, anche se con quel quaranta di

braccio non avrebbe poi tanti problemi.

L'unico che sembra avere qualche problema è il padre.

"Ma che fa questo incosciente? Perché viene così vicino?"

"Stai tranquillo papa, me ne occupo io..."

Si volta decisa verso di lui.

"Senti, ma non hai proprio niente di meglio da fare?"

"No."

"Be', trovatelo."

"Ho già trovato qualcosa che mi piace."

"E cioè?"

"Andare a fare un giro con te. Dai, ti porto sull'Olimpica,

corriamo forte con la moto, poi ti offro la colazione e ti ripor-

to per l'uscita di scuola. Te lo giuro."

"Credo che i tuoi giuramenti valgano ben poco."

"Vero," sorride, "vedi, già conosci tante cose di me, di' la

verità, già ti piaccio, eh?"

Lei ride e scuote la testa.

"Be', ora basta," e apre un libro che tira fuori dalla sua bor-

sa Nike in pelle, "devo pensare al mio vero e unico problema.

"Cioè?"

"L'interrogazione di latino."

"Credevo fosse il sesso."

Lei si gira scocciata. Questa volta non sorride più, nean-

che per finta.

"Leva la mano dal finestrino."

"E dove vuoi che la metta?"

Lei preme un pulsante. "Non posso dirtelo, c'è mio padre."

Il finestrino elettrico comincia a salire. Lui aspetta fino al-

l'ultimo istante, poi toglie la mano.

"Ci vediamo."

Non fa in tempo a sentire il suo secco "No". Piega legger-

mente verso destra. Imbocca la curva, scala e acquista poten-

za scomparendo veloce tra le macchine. La Mercedes continua

il suo viaggio, ora più tranquillo, verso la scuola.

"Ma lo sai chi è quello?" La testa della sorella spunta im-

provvisamente tra i due sedili. "Lo chiamano 10 e lode."

"Per me è solo un idiota."

Poi apre il libro di latino e comincia a ripassare l'ablativo

assoluto. A un tratto smette di leggere e guarda fuori. È vera-

mente quello il suo unico problema? Certo, non quello che di-

ce quel tipo. E comunque non l'avrebbe rivisto mai più. Ri-

prende a leggere decisa. La macchina svolta a sinistra, verso

la Falconieri.

"Sì, io non ho problemi e non lo rivedrò mai più."

Non sa, in realtà, di quanto si stia sbagliando. Su tutte e

due le cose.

2.

La luna è alta e pallida fra gli ultimi rami di un albero fron-

duto. I rumori stranamente lontani. Da una finestra arrivano

alcune note di una musica lenta e piacevole. Poco più sotto, le

linee bianche del campo da tennis risplendono dritte sotto il

pallore lunare e il fondo della piscina vuota aspetta triste l'e-

state. A un primo piano del comprensorio una ragazza bion-

da, non molto alta, con gli occhi azzurri e la pelle vellutata, si

guarda indecisa allo specchio.

"Ti serve la maglietta nera, elasticizzata della Onyx?"

"Non lo so."

"E i pantaloni blu?" urla più forte Babi dalla sua came-

ra.

"Non lo so."

"E i fuseaux, te li metti?"

Daniela ora è ferma sulla porta, guarda Babi con i casset-

ti del letto aperti e la roba sparsa un po' ovunque.

"Allora prendo questo..."

Daniela avanza fra alcune Superga di vari colori sparse per

terra, tutte trentasette.

"No! Quello non te lo metti perché ci tengo."

"Io me lo prendo lo stesso."

Babi si tira su di scatto con le mani sui fianchi: "Scusa, ma

non me lo sono mai messo...".

"Potevi mettertelo prima. E poi me lo slarghi tutto."

Daniela guarda ironica la sorella.

"Cosa? Stai scherzando? Guarda che sei tu che ti sei mes-

sa la mia gonna blu elasticizzata l'altro giorno e ora per vede-

re le mie belle curve devi essere un indovino."

"Che c'entra? Quella l'ha slargata Chicco Brandelli."

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