Federico Moccia - Ho voglia di te

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che tornava oggi. Non ci posso credere. Mamma mia, certo che è

dimagrito un sacco. Però sorride. Sì, mi sembra che stia bene.

Sarà

felice? Magari è stato bene fuori. Troppo. Ma che, sono cretina?

Mi

faccio prendere dalle gelosie. Ma che diritto ne ho poi?

Nessuno...

E allora? Mamma, come sto messa. Sul serio, sto troppo male,

troppo.

Cioè, io sono troppo felice. Troppo. È tornato. Non ci posso

credere. Oddio, sta guardando verso di me! "

Si nasconde subito di nuovo dietro la colonna. Un sospiro. Chiude

gli occhi stringendoli forte. Resta appoggiata con la testa al

freddo

marmo bianco, con le mani stese contro la colonna. Silenzio.

Respiro lungo. Fiuuuuu. Inspirare... Fiuuuuu. Espirare... Riapre

gli

occhi. Proprio in quel momento passa un turista che la guarda

perplesso.

Lei accenna un sorriso per cercare di fargli sembrare che

sia tutto normale. Ma non lo è. Non ci sono dubbi.

"Cavoli, mi ha visto, me lo sento. Oddio, Step mi ha visto, lo so.

"

Si riaffaccia. Nulla. Step è passato come se nulla fosse.

"Ma certo, che cretina. E poi, se anche fosse?"

Eccomi qui. Sono tornato. Roma. Fiumicino, per l'esattezza.

Cammino verso l'uscita. Attraverso le porte a vetri ed esco sulla

strada. Davanti ai taxi. Ma proprio in quel momento provo una

strana sensazione . Mi sembra che qualcuno mi stia osservando. Mi

giro di botto. Niente. Non c'è niente di peggio di chi si aspetta

qualcosa...

E non trova niente.

Capitolo 2.

Il tramonto dipinge d'arancio alcune nuvole sparse qua e là.

Una luna già pallida nel cielo si nasconde tra gli ultimi rami di

un

albero fronduto. Rumori stranamente lontani di un traffico un po'

nervoso. Da una finestra arrivano alcune note di una musica lenta

e piacevole, il suono di un pianoforte migliorato nel tempo.

Quello

stesso ragazzo, più grande, prepara i nuovi esami per la

specializzazione.

Poco più sotto, le linee bianche del campo da tennis risplendono

dritte sotto il pallore lunare e il fondo della piscina vuota

aspetta triste come ogni anno la prossima estate. Anche questa

volta è stata svuotata troppo presto da un portiere pignolo. Al

primo

piano del comprensorio, fra piante curate e linee alzate di una

serranda in legno, una ragazza ride.

"Daniela, ma hai finito di stare al telefono? Avete il cellulare,

vostro padre ve lo ricarica praticamente ogni giorno ! Perché

state

sempre a quello fisso di casa? "

"Ma che, non lo sai, mamma, che qui non prende? Prende solo

in salotto e lì ci siete sempre voi a sentire ! "

"Si dà il caso che noi viviamo in questa casa."

"Va bene, mamma. Sto con Giuli. Finisco di dirle una cosa e

attacco."

"Ma se l'hai vista tutta stamattina a scuola. Chissà che può

essere

successo da allora! Eh? Cosa dovrai mai raccontarle! "

Daniela copre con la mano la cornetta.

"Guarda che anche se fosse una cosa stupidissima, mi piacerebbe

che fossi io a decidere se la devo per forza far sapere a tutti

o no, va bene?"

Daniela si gira e dà le spalle a Raffaella pensando così di avere

in qualche modo ragione. La madre alza le spalle e si allontana.

Daniela

controlla con la coda dell'occhio di essere rimasta sola.

"Giuli hai sentito? Devo attaccare."

"Allora come rimaniamo?"

"Che ci vediamo lì."

"No... non intendevo questo!"

"Senti, io ho deciso." Daniela si guarda preoccupata in giro.

"Non è proprio questo il momento di parlarne al telefono con tutti

che girano per casa! "

"Ma Dani, è una cosa troppo importante! Non puoi deciderla

così... a tavolino!"

"Senti, ma non ne possiamo parlare direttamente alla festa?"

"Ok, come vuoi. Allora ci vediamo lì fra tre quarti d'ora. Ce

la fai?"

"No, facciamo almeno un'ora e un quarto!"

"Ok, ciao."

Dani riattacca il telefono. Guarda che Giuli a volte è

impossibile.

Ma che, non lo capisce quando si ha bisogno di quella mezz'ora

in più. Devo essere perfetta, bellissima. Capita raramente nella

vita di potersi preparare per una serata come questa. Anzi, ride

tra

sé, non capita mai. Di solito "quello" accade proprio quando meno

te lo aspetti. Poi va in camera sua indecisa per la prima volta su

cosa mettersi sotto. Si sente diversa, stranamente insicura. Poi

si

tranquillizza. È normale sentirsi così, non si può essere sicuri

su come

andrà la prima volta che si fa l'amore. Fa un respiro lungo. È

vero. L'unica cosa della quale sono sicura è che lo farò stasera e

con

lui. Raffaella la incrocia proprio in quel momento nel corridoio.

"Daniela, ma si può sapere a cosa stai pensando?"

"Ma niente mamma... cretinate."

"E allora se sono cretinate, pensa a cose più importanti! "

Per un attimo Daniela vorrebbe dirle tutto. La sua decisione

importante e soprattutto irrevocabile. Poi ci ripensa. Capisce che

sarebbe finita.

"Certo, mamma, hai ragione."

Tanto non vale la pena discutere con lei. Si sorridono. Poi

Raffaella

guarda il pendolo in salotto.

"Oh, non c'è niente da fare. Avevo chiesto a tuo padre di tornare

prima che dobbiamo andare dai Pentesti che abitano all'Olgiata.

Mai una volta che mi facesse felice..."

Capitolo 3.

"Stefano! " Dritto di fronte a me, al centro della strada, c'è mio

fratello. Sorrido. "Ciao Pa'." Mi fa piacere vederlo. Quasi mi

emoziono,

ma riesco a non farlo vedere più di tanto.

"Allora, come stai? Non sai quanto t'ho pensato."

Mi abbraccia forte. Mi stringe. Mi fa piacere. Per un attimo mi

ricordo l'ultimo Natale che abbiamo passato insieme. Prima che

partissi. E quella pasta che aveva preparato e che pensava che non

mi piacesse...

"Allora... Ti sei divertito giù in America, eh?"

Mi prende di mano una valigia. Naturalmente la più leggera.

"Sì, sono stato bene, giù in America. Ma perché giù?"

"Boh, è un modo di dire."

Mio fratello che conosce i modi di dire. Certo che sono proprio

cambiati i tempi. Mi guarda felice, sorride. È sereno. Mi vuole

bene sul serio. Ma non mi somiglia pe' niente. Mi fa pensare a

Johnny Stecchino.

"Be', che hai da ridere?"

"No, niente." Lo guardo meglio. Tutto tirato, camicia nuova,

perfetta, pantaloni leggeri sul marrone scuro, con risvolto in

fondo,

giacca a quadretti e finalmente...

"Ehi, Paolo, hai perso la cravatta?"

"Be', d'estate non me la metto. Ma perché, sto male?"

Non aspetta neanche la risposta.

"Ecco, siamo arrivati. Guarda che mi sono fatto..." Allarga il

braccio a mostrarmela in tutto quello che è, secondo lui, il suo

splendore: "Audi 4 ultimo modello. Ti piace?".

Come dire di no a tanto entusiasmo?

"Bella, niente male."

Spinge il pulsante che tiene in mano. L'allarme dopo due bip e

le doppie frecce scompare. Paolo apre il cofano: "Vieni, metti qua

le valigie".

Butto dietro le due sacche americane oltre a quella piccola che

ha già ordinatamente messo a posto lui: "Ehi, fai piano".

Mi fa venire subito in mente un'idea: "Che me la fai provare?".

Mi guarda. Il suo viso cambia espressione. Un tuffo al cuore.

Ma l'amore per suo fratello ha il sopravvento.

"Ma certo, tieni." Sorride con un piccolo sforzo e mi lancia le

chiavi con tutto il radiocomando. Pazzo. Mai amare un fratello

come

me. Soprattutto se ti chiede un'Audi 4 come quella. E nuova.

Mi metto alla guida. Profuma di nuovo, macchina impeccabile, solo

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