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Federico Moccia: Ho voglia di te

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lei è... come posso dire... come si dice?"

Mi giro verso la signora seduta accanto a me.

"Mi aiuti lei."

La signora sembra un po' timorosa, poi si butta: "Lei è... una

gnocca!".

La hostess la guarda perplessa per un attimo, poi guarda me.

Alza il sopracciglio e all'improvviso scoppia a ridere. Meno male.

È andata. Rido anch'io.

"Oh, brava signora, è proprio quello che avrei detto anch'io!"

La hostess di nome Eva si allontana scuotendo la testa.

"Allacciate le cinture per favore."

La sua coda alta si muove perfetta come tutto il resto. Perfetta

come le ali di una farfalla. Una farfalla da prendere. C'era un

pezzo

che mi faceva impazzire negli States, un pezzo inglese di qualche

anno

fa... "I'm gonna keep catching that butterfly..." I Verve. Cerco

di

ricordarla tutta. Non ci riesco. Una voce arriva a distrarmi. La

signora

sta armeggiando con qualcosa. E non lo fa in silenzio.

"Uffa, non riesco mai a trovare la cintura in questi aerei."

Aiuto la signora che ci si è letteralmente seduta sopra.

"Eccola qua, signora, sta qui sotto."

"Grazie, anche se non riesco a capire a cosa possa servire. Mica

ce la fa a tenerci fermi."

"Ah, quello no, di sicuro."

"Sì, insomma... Dico, se sbattiamo, non è mica come stare in

macchina. "

"No, come stare in macchina proprio no... È nervosa?"

"Da morire." Mi guarda e quasi si pente di aver usato

quell'espressione.

"Tanto, signora, se è destino è destino."

"Che vuol dire?"

"Quello che ho detto."

"Sì, ma cosa ha detto?"

"Ha capito benissimo."

"Sì, ma speravo di non capire. Ho il terrore degli aerei."

"Non si era capito." La vedo così preoccupata, mi sorride muovendo

le labbra, salivazione azzerata. Sorseggio la mia birra, e decido

di divertirmi.

"Pensi che la maggior parte dei disastri aerei avviene alla

partenza

oppure..."

"Oppure?..."

"All'atterraggio. Cioè fra poco."

"Ma che sta dicendo?"

"La verità, signora, bisogna sempre dire la verità."

Bevo un lungo sorso di birra, mentre con la coda dell'occhio

mi accorgo che mi guarda fissa.

"La prego, mi dica qualcosa."

"E signora, cosa vuole che le dica?"

"Mi distragga, non mi faccia pensare a quello che potrebbe..."

Mi stringe più forte la mano.

"Mi fa male."

"Ah, mi scusi." Allenta un po', ma non molla. Comincio a

raccontarle

qualcosa. Pezzetti della mia vita un po' confusi, così come

vengono.

"Allora, vuole sapere perché sono partito?" La signora annuisce.

Non riesce a parlare. "Guardi che è una storia lunga..." Fa cenno

di sì con più vigore, vuole solo ascoltare, qualunque cosa pur di

essere un po' distratta. Mi sembra di parlare con un amico, con il

mio amico... "Si chiamava Pollo, ecco. Strano nome, vero?" La

signora

non sa se deve dire sì o no, qualunque cosa purché io continui

a parlare. "Ecco, è l'amico che ho perso più di due anni fa. Stava

sempre insieme alla sua ragazza, Pallina. Una persona troppo

forte, occhi vispi, sempre allegri, fortissima, dalla battuta

facile e

pungente..." Ascolta in silenzio, occhi curiosi, quasi rapiti

dalle mie

parole. Che strano... Con una persona che non conosci a volte ti

trovi meglio, ti racconti più facilmente. Ti apri sul serio. Forse

perché

non ti interessa il suo giudizio. "Io invece stavo con Babi, che

era la migliore amica di Pallina." Babi. Le racconto tutto... Come

l'ho conosciuta, come ho iniziato a ridere, come mi sono

innamorato,

come mi è mancata... La bellezza di un amore la vedi perfettamente

solo quando lo hai perso. Forse si sta così quando si va in

analisi. È una cosa che mi sono sempre domandato. Ma con quelli

lì, si riesce veramente a essere del tutto sinceri? Dovrò

chiederlo

a qualcuno che ci è stato. Penso mentre parlo. Piccole pause ogni

tanto. La signora divertita e curiosa subito ci si infila, più

tranquilla

ora, mi ha lasciato perfino la mano. Ha dimenticato la tragedia

dell'aereo.

Ora, secondo lei, si occupa della mia.

"E questa Babi, l'ha più sentita?"

"No. Ogni tanto ho sentito mio fratello. E mio padre qualche

volta. Ma non troppo spesso, le telefonate da New York costano

una cifra."

"Si è sentito solo?"

Le racconto qualcosa di vago. Non riesco a dirlo. Mi sentivo meno

solo che a Roma. Poi inevitabilmente accenno a mamma. Ci cado

dentro e quasi mi diverte offendere i principi di quella donna.

Mia madre ha tradito mio padre. Io l'ho beccata con quello che

abitava

di fronte a noi. Quasi non ci crede. La notizia l'ha messa

totalmente

a suo agio. L'aereo? Neanche si ricorda che sta in aereo. Mi

fa mille domande... Non faccio quasi in tempo a starle dietro.

Come

mai piace così tanto sguazzare nelle cose degli altri? Argomenti

piccanti,

particolarità vietate, atti quasi oscuri o peccati piacevoli.

Forse

perché così, solo ad ascoltarli, non ci si sporca. La signora

sembra

godere e soffrire del mio racconto. Non capisco se è vero, né mi

interessa. Le dico tutto e senza problemi. La mia violenza

sull'amante

di mamma, i miei silenzi a casa, non aver mai svelato niente a mio

padre e a mio fratello. E poi il processo. Mia madre seduta lì, di

fronte

a me. Lei in silenzio, lei che non ha avuto il coraggio di

ammettere

quello che aveva fatto. Lei che non è riuscita a barattare il suo

tradimento

per giustificare la mia violenza. E io lì, sereno, quasi a ridere

del giudice che mi incolpava di un atto per me così naturale:

massacrare uno stronzo che ha violato il ventre della donna che mi

ha generato. La signora mi guarda a bocca aperta. Signora, guardi

che lo possiamo dire in mille modi... Ma un conto è scherzare come

ha fatto Benigni quando è saltato sulla Carrà. Qui invece si

trattava

di mia madre. La signora se ne rende conto. Improvvisamente torna

seria. Silenzio. Allora cerco di sdrammatizzare.

"Come direbbe Pollo, a me Beautiful mi fa una pippa! "

Invece di scandalizzarsi lei ride, ormai è complice: "E poi?" mi

chiede curiosa della prossima puntata. E io continuo a parlare

senza

problemi, senza canone. Il mio racconto non ha prezzo. Le spiego

il perché dell'America, il voler andar via, nascosto in un corso

di

grafica, laggiù... "E siccome è facile incontrarsi anche in una

grande

città... meglio cambiarla del tutto. Solo nuove realtà, nuove

persone,

e soprattutto nessun ricordo. Un anno di chiacchiere difficili in

inglese,

aiutate dalla presenza di qualche italiano incontrato casualmente.

Tutto molto divertente, una realtà piena di colori, musica,

suoni, traffico, feste, novità. Tutto un gran rumore foderato di

silenzio.

Niente di quello che la gente ti diceva aveva a che fare con lei,

poteva richiamarla, ridarle vita. Babi. Giornate inutili per far

riposare

il mio cuore, il mio stomaco, la testa. Babi. Impossibilità totale

di tornare indietro, di essere in un attimo sotto casa sua, di

incontrarla

per strada. Babi. A New York non c'è pericolo... A New York

non c'è spazio per Battisti. "E se ritorni nella mente basta

pensare

che non ci sei che sto soffrendo inutilmente perché so, io lo so,

io so

che non tornerai. " Falsi accordi per cercare di evitare tutti i

posti che

conosce e frequenta anche lei, Babi. La signora sorride.

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