Federico Moccia - Scusa ma ti chiamo amore
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Flavio è preoccupato.
"Ragazzi, abbiamo quasi quarantanni, andiamo via, vi prego..."
"Ma Flavio, è proprio questo il bello!"
Tutti scendono dall'auto e salgono sul ponte. Alessandro inciampa sul gradone, troppo alto per lui e soprattutto per il suo tasso alcolico. Cade ma poi si rialza. Raccoglie la bomboletta rossa e si guarda in giro.
"Shhh..."
Enrico lo aiuta. "Vieni, sali qui sopra a scrivere."
"Ma non è che cade dal ponte?"
"Macché! Mi reggo in piedi benissimo!"
Pietro gli si avvicina. "Ma hai deciso cosa scrivere? Cioè, ce l'hai una frase..."
"Certo!" Alessandro sorride ubriaco. "Da quando ti ho conosciuto, sono stato l'uomo più felice del mondo e poi..."
Flavio lo interrompe. "Ahò, ma guarda che sei con una bomboletta su un ponte... Devi scrivere una frase, mica un poema!"
"Ah certo, hai ragione..." Alessandro si regge a lui. "Dici una come quella lì..." e si guarda in giro, "ecco, quella che sta un po da tutte le parti, tre metri sopra il cielo..."
"Ma quella già l'hanno usata in tanti. Tu sei un creativo."
"Certo, da te ci si aspetta di più! Anche una cosa semplice, ma che colpisca."
Alessandro si illumina. "Ce l'ho! Vado."
"Sicuro?"
"Sì." Alessandro si arrampica, sale sul ponte, preme la bomboletta e comincia a scrivere. "Amami r..." ma proprio in quel momento un faro illumina Alessandro e tutti gli altri.
"Attenzione." Una voce metallica esce da un megafono. "State fermi. Mani bene in vista. Non vi muovete."
Alessandro prova a coprirsi gli occhi. Poi riesce a vederli. Non ci crede. Non è possibile. Sono loro ! I soliti due carabinieri. Serra e Carretti.
*M
"Forza, scendete da lì."
Alessandro, Enrico, Flavio e Pietro li raggiungono.
"Ci scusi, eh, stavamo solo facendo uno scherzo..."
"Certo, certo... come no, consegnatemi i documenti."
Poi Serra guarda Alessandro. "Sempre lei... eh."
"Ma veramente io... non pensi quello che pensa..."
"Ed è pure ubriaco. Senta qua, sta biascicando le parole..."
Flavio prova a giustificarsi. "Io però non ho bevuto molto..."
"Sì, sì, ora venite con noi al Comando."
E così salgono dietro, nell'auto dei carabinieri, uno sopra l'altro, lamentandosi.
"Ahia, e non spingere, mi fai male..."
"Oh, l'unica volta che esco con voi ci arrestano. Ora che gli dico a Cristina?"
"Che porti sfiga."
Serra si gira verso di loro. "Ma si può sapere che stavate scri vendo?"
Alessandro tutto fiero risponde: "Volevo scrivere: amami, ragazza dei gelsomini! Ecco, questo doveva essere... per lei che è... motore amore!".
Serra guarda il collega. "La ragazza dei gelsomini che è motore amore? Ma che sta dicendo?"
Carretti alza le spalle. "Ma lascia stare... Questi so tutti molto ubriachi..."
Alessandro gli batte sulla spalla.
"Guardi che io non sono ubriaco, cioè sono ubriaco ma anche lucido, è lei che non capisce... Volevo scrivere quella frase per farle capire quanto è importante, perché lei sta par tendo, domani va in Grecia, ha capito? Nell'isola dell'amore... e se si mette con uno, eh? Se si mette con uno? Magari si mette con uno in Grecia perché non sa quanto è importante per me, perché mi vuole dimenticare, eh... È stata colpa vostra se accade... lo sapete no... se succede io vi denuncio... stronzi che non siete altro!"
E non sa che questa frase, anche se da ubriaco, vorrà dire una denuncia per lui e fare l'alba al Comando centrale.
Centodiciannove
Notte. Notte di nubi. Notte scura. Notte malandrina.
Elena è appena uscita da teatro. Uno spettacolo divertente, pieno di giovani attori, alcuni hanno anche recitato in alcune pubblicità della sua azienda. Non potevano non invitarla. Ha dato più soldi lei a quella compagnia, che due stagioni consecutive del miglior teatro di Roma.
Elena arriva a casa. Scende dalla sua Bmw Individuai Serie Coupé, color Blue Onyx metallic, nuova fiammante. Va verso il portone. Fa appena in tempo a infilare le chiavi nella toppa e sfilarle, che si ritrova scaraventata all'interno, trascinata nell'androne. Finisce per terra, sulle scale, vicino all'ascensore. Inciampa sul tappetino della signora dell'interno , quella che cucina sempre il sugo alla cipolla. Ma stasera non ci sono odori, non ci sono rumori, solo silenzio. Troppo silenzio. Il Civetta e il Falco Pellegrino le sono subito addosso.
"Zitta, sta zitta, caccia subito fuori le chiavi della macchina."
Il Civetta le mette una mano sulla bocca, mentre Mauro improvvisamente la riconosce. Ma lei, lei è quella del mio provino, la signora che stava nella stanza a vetri, quella che aveva le mie foto tra le mani, quella che le ha strappate, quella che non mi ha voluto.
Elena lo guarda. Vede cattiveria nei suoi occhi. Stringe i suoi per cercare di capire qualcosa. Che gli ho fatto a questo tipo qua? Ma che ci conosciamo? Chi è? Perché continua a fissarmi?
Poi terrorizzata, non capendo più niente, morde forte la mano del Civetta e comincia a urlare.
"Aiuto, aiuto, aiutatemi!"
Urla anche il Civetta e muove veloce la mano nell'aria, cer cando di allontanare il dolore di quel morso. Poi di tutta rispo sta, come fredda vendetta, da un destro in pieno viso a Elena che cade all'indietro e sbatte forte la testa contro il gradino. Un attimo di silenzio. Tutto è come sospeso. Mauro rimane a bocca aperta. Paralizzato. Il Civetta gli da una spinta.
"A Falco Pellegrì, che stai a fa, dormi? Prendi la borsa, pre sto, usciamo."
Mauro raccoglie la borsa. Guarda un'altra volta Elena. È stesa giù, riversa sui gradini, immobile. Mauro la fissa, spaven tato. Qualche porta comincia ad aprirsi, si sentono dei chiavi stelli che scattano. Gente svegliata dai rumori, dalle urla di Elena. Mauro si allontana veloce nella notte, sale sulla grande moto, l'accende e si allontana sgasando. Il Civetta fruga in borsa, trova le chiavi, mette in moto la Bmw e sgommando si perde nella notte.
Centoventi
La mattina dopo, con indosso i nuovi Ray Ban che Diletta ha regalato a tutte, partono. Un taxi le porta alla stazione. È l'alba. Gli zaini appena fatti, le magliette numerate, uno, due, tre e quattro... con una piccola onda blu. Niki sorridendo le consegna a tutte. C'è disegnato anche un piccolo cuore rosso. Erica ha comprato un grande moleskine.
"Ehi, ragazze, questo sarà il diario di bordo delle Onde... intanto nella prima pagina ho già messo la mia grande news. Ho lasciato Giorgio."
"Nooo ! "
"Non ci credo!"
"Scherzi! Non è possibile."
Erica fa segno di sì con la testa. "Non solo, ma farò delle stragi. Recupererò tutto il tempo perduto. Farò casino. Ogni pagina avrà in fondo un nome diverso..."
Corrono lungo i binari, salgono sul treno e si mettono nel loro scompartimento. Si chiudono dentro. Hanno ancora delle cose da raccontarsi e da inventare, da sognare insieme. E ridono e scherzano. E il treno parte. E loro sono già partite.
"C'ho sonno. È l'alba, cioè così non si può. Arriverò con le occhiaie."
"Ma che vuoi? Guarda che il treno per Brindisi non lo potevamo prendere a mezzogiorno! C'è il traghetto, poi!"
"Ma esistono gli aerei! Così ci mettiamo una vita!"
";
:Seee, gli aerei! E noi c'abbiamo una vita! Chi ci rincorre, scusa? È il viaggio della maturità, capito?, ma-tu-ri-tà e va sentito, va annusato, va vissuto, va sofferto. E poi mica sei una principessina, tu..."
"Sul pisello, sì!"
"Olly! Che palle quando fai così..."
"Erica ha ragione. Noi siamo le Onde. Zaino e pochi soldi in tasca!"
"Con quale traghetto si va?"
"Hellenic Mediterranean Lines. Ho prenotato il posto ponte, eh? Meglio delle poltroncine che sono scomode, non ti stendi. Tanto abbiamo stuoie e sacco a pelo."
"Fico, Erica, brava!"
"E se piove?" chiede Diletta.
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