Leigh Brackett - La legge dei Vardda

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La legge dei Vardda: краткое содержание, описание и аннотация

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Un grande biologo, Orthis, ha trovato il modo di operare una mutazione nella struttura molecolare del corpo umano, perché possa resistere all’accelerazione di velocità necessaria per i viaggi interstellari. I discendenti di questi primi mutanti, i Vardda, si sono stabiliti su un pianeta di Aldebaran e di là dominano i cieli e i popoli degli altri pianeti, arricchendosi con gli scambi dei prodotti dei vari mondi, prodotti che essi soltanto, che possono sopportare la velocità dei viaggi interstellari, possono trasportare, con le loro potenti astronavi che superano la velocità della luce. C’è un uomo sulla Terra, Trehearne, che è nato da una terrestre e da un Vardda e in cui la mutazione è perfetta. Quest’uomo s’innamora di una bellissima Vardda e col suo aiuto raggiunge Llirdys, il meraviglioso pianeta della sua razza. Ma la legge dei Vardda è terribile: nessuno di sangue misto può far parte della loro comunità. Il divulgare il segreto della mutazione, metterebbe altri popoli in grado di fare viaggi interstellari e significherebbe la fine dell’imperialismo commerciale dei Vardda. Con l’aiuto della ragazza vardda, Trehearne riesce a farsi accettare, ma si associa ai discepoli di Orthis, il quale voleva divulgare il segreto della mutazione e farne partecipi i popoli degli altri pianeti abitati, Terra compresa. Il romanzo è la storia della pericolosa ricerca del segreto di Orthis e delle estreme lotte dei Vardda contro pochi uomini che si battono per il progresso universale. Una storia appassionante, logica, serrata e piena di umanità e di poesia.

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Li incantò con questo, con l’orgoglio dei Vardda, la gloria dei Vardda.

Trehearne vide i volti contratti mutare espressione. Non tutti, ma molti.

Joris fece una pausa, prima di concludere: «Pensate che verrà mai un tempo in cui i Vardda perderanno la loro autorità?»

Non si parlò molto, dopo questo. Vi furono domande, proteste, dubbi, ma poche discussioni. Tutti i punti principali erano già stati toccati.

«Dobbiamo deciderci ora o mai più» disse Ristin. «Se indugiamo troppo non vi sarà più possibilità di scelta.»

Trehearne udì la lettura della delibera, la votazione e il risultato. I Vardda non potevano piegarsi tanto facilmente! Quarantatré furono i voti contrari alla delibera. Ma settantanove erano in favore.

Infine Ristin proclamò: «Stasera verrà annunciato con una trasmissione su tutte le linee che, in vista dei progressi della civiltà sui pianeti di molti sistemi solari, i Vardda ritengono giunto il momento di far partecipi del segreto della mutazione altre razze scelte.»

Quom esultò: «È fatta, Trehearne, è fatta.»

Trehearne non poteva ancora afferrare in tutta la sua realtà il fatto che quella semplice affermazione segnava un definitivo cambiamento nella Galassia. Che con essa tutte le razze umane cominciavano il grande mutamento verso l’Uomo Galattico.

«E questi criminali che ci hanno obbligati ad adottare questa risoluzione?» domandò un Vardda riluttante, fissando Trehearne e i suoi compagni.

«Non abbiamo scelta» disse Ristin seccamente. «Se li punissimo per quanto hanno fatto, sveleremmo le vere ragioni del nostro annuncio. Le accuse di procedura normale vengono considerate nulle.»

«Così che non saranno puniti del loro crimine?»

Ristin sospirò con rammarico: «Gli interessi dello stato lo richiedono. No.»

I compagni di Trehearne stavano per venir meno a metà sbigottiti, a metà increduli della vittoria che avevano creduto impossibile. Ma stranamente Trehearne non pensava alla conquista che avevano fatto in nome delle razze della Galassia, sentiva in sé l’orgoglio che la frase di Joris "Noi Vardda" vi aveva acceso.

Noi Vardda , ed egli era uno di loro. Era uno dei signori delle stelle, i primi, i più grandi degli stellari.

Edri pensava a qualcos’altro. Si era spinto avanti tra il frastuono generale per parlare a Ristin. «C’è un’altra cosa. Orthis…»

«Abbiamo inviato un caccia a sorvegliare la sua astronave» lo interruppe Ristin.

Edri annuì tristemente. «Ma Orthis non era neppure figlio di un pianeta. Era figlio delle stelle, ha sempre vissuto tra le stelle. È rimasto tanto tempo su quel remoto pianeta. Se la sua astronave potesse di nuovo librarsi nello spazio…»

Ristin annuì pensosamente: «Una buona idea. Dando alla sua astronave un’orbita intorno al nostro sistema creeremo un monumento che ricorderà a tutta la Galassia che furono i Vardda a dar loro la possibilità di volare tra le stelle.»

Edri si volse a Trehearne e a Joris. Aveva le lacrime agli occhi. Disse: «Orthis torna a casa.»

Il messaggio lasciato per Trehearne diceva semplicemente che Shairn sarebbe stata alla Torre d’argento. Glielo consegnarono quando finalmente uscirono dal Palazzo del Consiglio. Joris gli procurò una macchina e un autista. Trehearne esitò, con una improvvisa ripugnanza a separarsi dal vecchio. Edri, Quorn e gli altri avevano i loro tanto accarezzati piani. Ma per Joris la vittoria non rappresentava una gioia.

«Se tutto questo fosse accaduto una generazione fa, mio figlio sarebbe ora il capitano di un’astronave» mormorò in risposta alle incerte parole di Trehearne. «Bene…»

La macchina lo condusse fuori dalla città, lieve e veloce; la gran luce di Aldebaran s’immerse nel mare e calò il crepuscolo. Le stelle fiorirono nel cielo e Trehearne alzò lo sguardo a esse. Guardò la vaga scintilla remota del piccolo Sole e pensò alla Terra e a un trovatello di laggiù che per miracolo aveva ritrovato la via di casa.

Quella verde lontana Terra non sapeva ancora nulla delle battaglie combattute e vinte ai confini estremi della Galassia. Ma era stata una battaglia combattuta anche in suo favore ed essa l’avrebbe saputo in tempo. Tra una generazione le astronavi avrebbero cominciato a recarsi apertamente sulla Terra. E superati i loro mortali conflitti, anche i giovani della Terra si sarebbero avventurati tra le stelle per unirsi alla grande marcia dell’Uomo Galattico. Chi poteva mai dire dove questa marcia li avrebbe portati? Fino ad altre galassie, ad altri continenti astrali… I pensieri di Trehearne ritornarono alla realtà dalle immensità del futuro quando scorse la Torre d’argento balenare al lume delle stelle. Uscì dalla macchina e si avviò verso di essa e poi vide una pallida figura sulla spiaggia in ombra, accanto al lento sciacquio del mare e mutò direzione.

La prese tra le braccia, ma lei lo allontanò. Poi gli parlò, la voce chiara, il viso un’incerta macchia bianca nell’ombra. «Non voglio che tra noi rimangano dei malintesi. Voglio che tu lo sappia. Ti odio per quanto hai fatto ai Vardda. Ti odierò sempre per questo.»

Egli fece un passo indietro e lasciò cadere le braccia. «In questo caso» disse «sarà meglio che me ne vada.»

«No, aspetta.» Gli si avvicinò e gli prese il viso tra le mani, molto dolcemente e disse: «Ti amo, malgrado tutto, non so perché. La mia ragione continua a ripetermi i motivi per cui non dovrei, ma… è strano, Michael, non sono mai stata innamorata prima d’ora. Mi accetti a questi patti?»

Egli l’abbracciò questa volta, la tenne stretta contro di sé, sfiorandole le labbra con le sue, mentre rispondeva: «La vita con te non sarà certo un’oasi di pace. Ne sono sicuro, ma lo seppi subito quando t’incontrai.»

Indugiando con lei nella penombra, mentre il vento del mare le gonfiava l’abito bianco e le scompigliava i capelli, il gioco della memoria lo riportò a quella notte sulla spiaggia bretone, secoli prima. Da allora aveva percorso un così lungo cammino, eppure di tutto quanto era accaduto, questo era quasi il suo ricordo più nitido.

Seppe allora, con una saggezza che non aveva mai avuto prima, che a un uomo sarebbe accaduto sempre così, non erano i conflitti e la pena e il trionfo, non gli imperi e le stelle e lotte ciò a cui la memoria aderiva più a lungo. Erano le piccole cose, l’eco del riso di una ragazza, il grido degli uccelli portato dal vento marino, lo splendore di un lontano tramonto, che un uomo ricordava, che avrebbe sempre ricordato quando ogni altra cosa fosse scomparsa.

FINE
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