Vi erano momenti in cui Trehearne dimenticava che il caccia era un’entità fisica, un’astronave di comune metallo il cui equipaggio era composto semplicemente di uomini e di ufficiali Vardda. In quei momenti gli sembrava che la Mirzim fosse inseguita da una nemesi demoniaca, una nemesi che aveva il volto di Kerrel e le mani di Kerrel stese a ghermirli.
Talvolta il viso di Shairn appariva accanto a quello di Kerrel, pallido, ermetico, densa nuvola che oscurava le stelle.
La voce rauca dell’addetto al radar si faceva udire a intervalli. L’astronave proseguiva il suo volo verso la stella oscura.
Joris finalmente si mosse. La tavola era stata portata altrove, le mappe e i laboriosi calcoli arrotolati e messi da parte. Arrin giaceva sul ponte accanto alla paratia di prua, addormentato. Non voleva lasciare il ponte finché non avesse saputo se la sua vita e il suo lavoro erano stati spesi invano. Edri sedeva vicino a lui. Non dormiva.
Joris disse: «Non riuscirà.»
Edri non rispose. Aspettava.
Joris proseguì, come se gli ripugnasse parlare ma vi fosse costretto: «Senti. Non appena inizierò la manovra di decelerazione, il caccia comincerà a intralciarci la strada. E hanno un tempo di decelerazione minore di quello che io posso ottenere senza mandare in pezzi la Mirzim. Che cosa accadrà? Piomberanno su di noi prima che possiamo iniziare la nostra ricerca.»
Edri annuì. Si appoggiò contro la paratia e chiuse gli occhi. Disse: «Ora sanno che cosa cerchiamo. Che cosa supponi farebbe Kerrel se trovasse l’astronave di Orthis?»
Nessuno rispose. Non ce n’era bisogno. Seguì un pesante silenzio, durante il quale Trehearne pensò ai messaggi che si erano succeduti per la Galassia, trasmessi dall’ultrasonico del caccia, messaggi calcolati che tradivano nella loro stessa laconicità il carattere disperato di quella missione, richieste urgenti che altri astrocaccia del Consiglio venissero inviati a tutta velocità. Ma questi altri erano ancora troppo lontani per destare preoccupazioni. Qualunque cosa fosse accaduta sarebbe accaduta prima che sopraggiungessero. Kerrel avrebbe finito la sua impresa da solo.
Edri chiese: «Che cosa faremo?»
Joris si passò la grande mano sul volto arido, sbatté gli occhi e disse: «L’unica cosa che ci resta da fare se l’astronave e il segreto di Orthis sono realmente là, è di trasportarvi il nostro equipaggiamento ultrasonico in tempo per fare quanto abbiamo stabilito.» Continuò lentamente: «Penso che la nostra lancia sia in grado di trasportare l’equipaggiamento. Se cariamo la lancia essa potrebbe volare con velocità costante per un certo periodo di tempo prima di dover iniziare la manovra di decelerazione. Nel frattempo io potrei far deviare la Mirzim su un’altra rotta ritornando lungo l’orlo della Galassia, lontano dalla stella oscura. Il caccia seguirebbe me. Esiste la possibilità che concentrando il radar su di me per cogliere l’entità della mia deviazione di rotta, non notino affatto la lancia nel momento in cui inizierà la decelerazione.»
Sospirò. «Ci prenderebbero naturalmente. Ma la Mirzim non potrebbe continuare per sempre dopo la batosta che ha subito. I generatori sono in cattive condizioni, potremmo però resistere abbastanza da darvi tempo.»
Edri meditò. «Non mi va» commentò. «Ma sembra che sia l’unica soluzione possibile.»
Joris stava mormorando qualcosa tra sé riguardo al massimo carico e capacità.
«L’essenziale equipaggiamento ultrasonico» disse «e tre uomini. L’astrolancia può farcela. Noi terremmo naturalmente l’impianto ultrasonico ausiliario a bordo.»
«Di chi puoi fare a meno? Avrai bisogno di tutti i tecnici di volo.»
«Di me» disse Trehearne. «Sono il meno necessario. Posso ancora resistere se ce n’è bisogno.»
Joris annuì. «Sì. Quorn deve andare per azionare l’ultrasonico, naturalmente, e può anche pilotare la lancia.»
«Chi altro?»
«Tu» disse Joris.
Edri guardò Arrin che dormiva. «Dovrebbe andare lui al mio posto. Ha lavorato per questo assai più di me.» Era evidente che Arrin non era in grado di muoversi e Edri sospirò. Si drizzò in piedi. «Benissimo, allora. Andiamo, Trehearne. Cominciamo a caricare.»
La lancia si trovava in una cella apposita, ricavata nel fianco della Mirzim: un’astronave in miniatura con un’autonomia di volo tale da dare all’equipaggio di una nave disarmata la possibilità di mettersi in salvo. Ma superata questa autonomia non c’era speranza di salvezza.
Trehearne chiamò a raccolta tutti gli uomini che erano disponibili e potevano tenersi in piedi. Seguendo gli ordini di Edri liberarono la lancia da tutto quanto non era strettamente necessario. Quorn si occupò di far rimuovere il pesante apparato radio ultrasonico dalla Mirzim e di farlo caricare sulla lancia.
Si dimostrò in questo eccessivamente pedante. Trehearne imprecò e sudò, ma finalmente tutto fu pronto. Poi ritornò sul ponte con Edri e Quorn. Joris studiava i suoi strumenti.
«Tra poco.» Diede a Quorn le istruzioni di volo «Trehearne è ancora un principiante» osservò «ma ormai ne sa abbastanza da darvi una mano se è necessario.»
Edri disse: «Arrenditi appena te lo intimano, Joris.»
Joris rise, un pallido fantasma della sua antica risata sonora. «Certamente. In questo momento sono stanco da morire.» Gettò ancora un’occhiata agli strumenti. «È tempo di muoversi.»
Si guardarono l’un l’altro, questi uomini dagli occhi stanchi, ubriachi di fatica, che un sogno aveva trascinato ai margini dell’Universo, e nel momento della separazione non riuscirono a trovare nulla da dirsi.
«Buona fortuna» mormorò Edri e si volse.
«Siete voi che andate, ad averne bisogno» gridò loro Joris.
Trehearne salì dopo Quorn e Edri nella lancia.
Azionarono la chiusura ermetica e poi Quorn prese i comandi e attese, gli occhi fissi al cronometro. La sua mano toccò lievemente un bottone rosso su cui era scritto LANCIO.
Lo premette.
Ci fu un sibilo e un vibrare di macchine, una sensazione di forze ultraveloci al lavoro, mentre il complicato congegno di lancio compiva il suo lavoro, un attimo di estrema pressione, e la lancia aveva lasciato la Mirzim. Dall’interno non potevano vedere nulla, ma si accorsero che lancia e astronave si erano già separate a incredibile velocità.
Quom teneva gli occhi fissi sugli strumenti mentre Trehearne e Edri sedevano guardando nel vuoto, con il timore di addormentarsi e di non potersi più risvegliare. Rimasero seduti, agitandosi irrequieti ad aspettare, finché Quorn diede finalmente l’avvio al generatore e iniziò la decelerazione.
Trehearne perdette il senso delle cose. Per la maggior parte del tempo che seguì rimase privo di coscienza o pressappoco, per il resto vide svolgersi tutto come in un sogno continuo. Pensava come un tempo era stato posseduto dal selvaggio desiderio di volare tra le stelle. Ma riuscì a eseguire quanto Quorn gli chiedeva.
L’oblò si schiarì, non c’era amplificatore, e funzionava da oblò solo a velocità visive. Ora, Trehearne poté distinguere nel buio un’imponente mole di oscurità solo debolmente illuminata dal riflesso della Galassia.
«Eccoci» dissi Edri. «La stella oscura.» La voce gli tremava un po’.
Vi si avvicinarono, sempre rallentando. «Ha un pianeta» disse Quorn «Eccolo, che si scalda al lume delle stelle…»
«Due» lo corresse Trehearne. «Ne vedo due.»
Due corpi dalla fiacca luminosità, mondi morti stretti attorno a un astro morto da tempo, oltre i confini della Galassia. Il bagliore della Via Lattea li sfiorava, un fantomatico lume di candele, riuscendo solo a rendere anche più evidente la loro tetra oscurità e il loro isolamento.
Читать дальше