Fred Hoyle - A come Andromeda
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- Название:A come Andromeda
- Автор:
- Издательство:Giangiacomo Feltrinelli
- Жанр:
- Год:1965
- Город:Milano
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«In materia d’affari,» diceva Kaufmann, «il procedimento è senza importanza. Non siamo curiosi; è il risultato che conta, no?»
«Noi vendiamo dei risultati.» Geers aveva il viso illuminato dal suo miglior sorriso. Gli tese una mano. «Auf wiedersehen.»
Judy li vide stringersi la mano e vide Kaufmann tornare alla propria auto. Quando il direttore si girò per rientrare nel suo ufficio, disse: «Posso parlarle un minuto?»
Il sorriso di Geers si spense. «Sono piuttosto occupato.»
«Ma è una questione importante. Lei sa chi è quell’uomo?»
«Si chiama Kaufmann.»
«Intel.»
«Giusto.» Le dita di Geers si contrassero sulla maniglia.
«Era a Kaufmann che il dottor Bridger intendeva vendere…» cominciò Judy, ma Geers l’interruppe.
«So tutto del caso Bridger.»
Dietro la voce di lui Judy sentì il rumore dell’auto che si allontanava. Questo fece sembrare terribilmente impellente quanto sentiva: doveva ficcarglielo in testa.
«Era la Intel. Portavano via i segreti…»
Geers superò la soglia. «Non mi stanno sottraendo dei segreti,» ribatté altezzoso.
«Ma…» Senza esserne richiesta Judy lo seguì all’interno e scoprì la Dawnay che lo aspettava, in silenzio, nell’ufficio. All’improvviso si sentì sconcertata è mormorò confuse parole di scusa alla professoressa.
«Non si preoccupi per me, cara,» rispose la Dawnay in tono neutro, e si diresse all’altro capo della stanza. Geers sedette all’altro capo della scrivania e fissò Judy con aria formale.
«Stiamo trattando un accordo commerciale.»
«Con la Intel?» L’orrore e l’assurdità di tutta la situazione le si affollarono alla mente: le pazzie accumulate negli ultimi mesi e anni. Rimase a bocca aperta davanti a lui, davanti alla lucida scrivania, finché ritrovò la voce. «Mi è stato affidato questo incarico perché non ci fidavamo di loro. Al dottor Bridger è stata data la caccia fino a farlo morire, da me, tra gli altri, perché…»
«Le condizioni ambientali sono cambiate.»
La ragazza fissò il suo viso presuntuoso e affettato, e perse completamente le staffe. «Queste condizioni vanno a genio ai politicanti.»
«Ora basta,» esplose Geers.
La Dawnay, calma, nel suo angolo, fece un debole tentativo. «La ragazza ha ragione, sa, e noi scienziati di tanto in tanto diventiamo un po’ invidiosi in proposito. Siamo in balìa degli elementi. Non possiamo ingannare.»
«Anch’io sono uno scienziato,» ribatté Geers, maligno.
«Lo era.» La parola sfuggì a Judy prima che avesse modo di fermarla. Si aspettava un’esplosione ma Geers riuscì a controllarsi, facendosi di ghiaccio.
«A rigor di termini, la cosa non la riguarda. Ciò di cui ora il governo ha bisogno è un mercato mondiale. Quando Andromeda si bruciò le mani, elaborò una sintesi per il personale del laboratorio della professoressa Dawnay. Ha visto le sue mani?»
«Le ho viste ustionate.»
«Non c’è alcun segno di ustione, ora. Nessuna cicatrice, nulla. Dall’oggi al domani.»
«Ed è questo che sta vendendo alla Intel?»
«Attraverso la Intel. A tutti coloro che ne hanno bisogno.»
Judy cercò di capire quel che non funzionava nel ragionamento, e finalmente comprese: «Perché non attraverso l’organizzazione internazionale di sanità?»
«Non prendiamo in considerazione la carità all’ingrosso. Ma un ragionevole equilibrio di mercato.»
«Dunque non vi interessa a chi stringete la mano?» chiese disgustata Judy. Si sentiva adesso completamente fredda. E si volse alla Dawnay. «Anche lei fa parte di questa storia?»
La Dawnay esitò. «L’enzima non è ancora in grado di essere messo sul mercato. Abbiamo bisogno di una formula più raffinata. André, la ragazza, sta preparando i dati per il calcolo.» Avevano preso tutti l’abitudine di chiamarla André.
«Così, tutto lo stabilimento sta lavorando per la Intel.»
«Spero di no,» disse la Dawnay, e sembrò quasi che fosse dalla parte di Judy.
Geers intervenne.
«Senta, Madeleine, questo è troppo!»
«Allora non vi ruberò altro tempo.» Judy si diresse alla porta. «Ma in questa storia io non c’entro, e non c’entra neppure il dottor Fleming.»
«Sappiamo da che parte sta il dottor Fleming,» commentò sardonico Geers.
«E sapete anche da che parte sto io,» ribatté Judy, e se ne andò sbattendo la porta.
L’istinto le suggeriva di andare subito da Fleming, ma non riusciva proprio ad affrontare il rischio di un’altra snobbata. Fu la Dawnay, invece, che andò a trovarlo, verso sera, mentre di ritorno dall’ufficio andava al calcolatore. Lo trovò nel suo alloggio, intento a guardare il primo ministro che parlava alla televisione.
«Entri,» la invitò, senza espressione. E le fece posto ai piedi del letto. La Dawnay fissava lo schermo azzurrino che tremolava; cercò di avere fiducia nel viso sicuro, maturo, sportivo e aristocratico del primo ministro, e nella sua voce lenta e strascicata. Fleming stava seduto a guardare e ad ascoltare, con lei.
«Fino dai giorni placidi e felici della regina Vittoria,» annunciava la voce senza corpo, «questo paese non ha più avuto una posizione di preminenza così evidente nei campi dell’industria, della tecnica, e soprattutto della sicurezza, come ai giorni nostri…»
La Dawnay sentiva che non riusciva a concentrare la propria attenzione. «Mi spiace averla interrotta.»
«No, non mi ha interrotto.» Fece una smorfia accennando all’apparecchio. «Spegniamo quel vecchio idiota.»
Si alzò e spense lui stesso il televisore, poi le versò da bere. «È una visita mondana?»
«Stavo solo andando verso il calcolatore, quando ho visto le sue finestre illuminate. Grazie.» Accettò il bicchiere.
«Lavoro straordinario?» le chiese.
Lei sollevò il bicchiere guardandolo al di sopra del bordo. «Dottor Fleming, io ho detto parecchie cose poco generose nei suoi confronti, in passato.»
«Non è la sola.»
«Riguardo il suo atteggiamento.»
«Mi sbagliavo, vero? Così dice il primo ministro. Mi sbagliavo in pieno.» Parlava più con dolore che con rabbia, e si versò da bere, ma poco.
«Ho dei dubbi,» disse la Dawnay. «Comincio ad avere dei dubbi.»
Fleming non rispose ma la Dawnay aggiunse: «Anche Judy Adamson comincia ad avere dei dubbi.»
«Meraviglioso,» grugnì lui.
«Ha combattuto una vera battaglia, con Geers, oggi pomeriggio. Devo dire che mi ha dato da pensare.» Prese un sorso e lo mandò giù lentamente, guardando con calma attraverso il bicchiere e rimuginando la situazione. «Sembra abbastanza onesto, fare uso di quel che abbiamo, di quel che lei ci ha dato.»
«Non insista.»
«Eppure non so. Nella potenza di quella macchina c’è qualcosa di corruttore. Lo si vede dall’effetto che ha sulla gente di qui e sul governo.» Accennò al televisore. «Come se fosse una cosa perfettamente normale, la gente di buon senso viene presa da una volontà non sua. Penso che tutti e due, noi, lo abbiamo sentito. Eppure, tutto ciò sembra abbastanza inoffensivo.»
«Davvero?»
Gli parlò della produzione dell’enzima. «È benefico. Rigenera le cellule, ecco tutto. Influirà su un sacco di cose, dall’innesto epidermico all’invecchiamento. Sarà, dopo gli antibiotici, il ritrovato medico più importante.»
«Una manna per molta gente.»
Quando la Dawnay si mise a parlare della questione Intel, lui reagì appena.
«Dove andremo a finire?» si chiese la Dawnay. Non aspettava una risposta ma ne ebbe ugualmente una.
«Un anno fa questa macchina non aveva alcun potere al di fuori del suo edificio, e anche lì eravamo noi a tenerla sotto controllo.» Parlava senza passione, come se ripetesse un’antica verità. «Ora tutta la nazione dipende da essa. Cosa accadrà? Ha sentito, non è vero? Torneremo a essere la massima potenza del mondo, e chi sarà l’eminenza grigia nascosta dietro a questo trono?»
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