J.K. Rowling - Harry Potter e l'Ordine della Fenice

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Harry Potter e l'Ordine della Fenice: краткое содержание, описание и аннотация

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Il quarto volume delle avventure di Harry Potter ci ha lasciato con il fiato sospeso: Lord Voldemort è tornato. Che cosa succederà ora che l’Oscuro Signore è di nuovo in pieno possesso dei suoi terrificanti poteri? Quanta morte e distruzione seminerà nel tentativo di riprendere il dominio dei mondo? Sono le stesse domande che si pone Harry Potter, disperatamente segregato — come tutte le estati — nella casa dei suoi zii Babbani, lontano dal mondo magico che gli appartiene. Ma qualcosa è cambiato anche in lui. Ormai quindicenne, lo ritroviamo divorato dalla frustrazione, dalla rabbia e dall’ansia di ribellione tipiche della sua età. In uno dei libri più attesi nella storia della letteratura, J.K. Bowling non cessa di stupirci. Tessendo un’altra stupefacente trama, riesce questa volta a dar voce alle inquietudini dell’adolescenza, ad arricchire il suo già mirabolante universo di nuove creature e nuovi indimenticabili personaggi, e anche a metterci in guardia contro la stupidità del potere e di chi lo usa per combattere il talento, il coraggio, la fantasia e la diversità.

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Se fossero arrivati troppo tardi…

È ancora vivo, sta ancora lottando, lo sento…

Se Voldemort avesse capito che Sirius non si sarebbe piegato…

Lo saprei…

Lo stomaco di Harry sussultò: il Thestral aveva puntato di colpo il muso verso terra, facendolo scivolare in avanti sul lungo collo. Finalmente scendevano… gli parve di sentire uno strillo alle sue spalle e si voltò sfidando il pericolo, ma non vide precipitare nessuno… probabilmente il brusco cambiamento di direzione li aveva spaventati quanto lui.

Ed ecco che brillanti luci arancioni, sempre più grandi, li circondavano da ogni lato; videro alti palazzi, fiumi di lampioni accesi simili a luminosi occhi di insetto, i riquadri giallo pallido delle finestre. D’un tratto, o così parve, il marciapiede balzò verso di loro; Harry si aggrappò al Thestral con tutte le sue forze, preparandosi all’impatto, ma l’animale toccò terra con la leggerezza di un’ombra e lui scivolò giù dal suo dorso e scrutò la strada dove il cassone traboccante stava ancora accanto alla malridotta cabina telefonica, entrambi scoloriti dalla piatta luce arancione dei lampioni.

Ron atterrò poco lontano e ruzzolò giù dalla cavalcatura.

«Mai più» disse, rialzandosi a fatica. Fece per allontanarsi dal Thestral, ma non sapendo dov’era, andò a urtare contro il suo posteriore, rischiando di cadere di nuovo. «Mai, mai più… è stata la peggiore…»

Hermione e Ginny arrivarono al suo fianco; entrambe smontarono con più grazia di Ron, ma con la stessa espressione di sollievo nel trovarsi di nuovo sulla terraferma; Neville saltò giù tremando; e Luna scivolò lungo il fianco del Thestral con fluida eleganza.

«E adesso dove andiamo?» chiese a Harry con educato interesse, come se si trattasse di una gita di piacere.

«Da questa parte» rispose lui. Dopo aver assestato al suo Thestral una rapida pacca riconoscente, Harry precedette i compagni verso la vecchia cabina telefonica e la aprì. « Dentro! » li incitò, vedendoli esitare.

Ron e Ginny obbedirono; Hermione, Neville e Luna si strizzarono dietro di loro; Harry lanciò un’ultima occhiata ai Thestral, impegnati a rovistare nel cassone in cerca di cibo putrefatto, e poi anche lui s’infilò nella cabina.

«Il più vicino al ricevitore faccia il numero sei due quattro quattro due!» gridò.

Ron eseguì, e per riuscirci dovette torcere il braccio; mentre il disco del telefono tornava a posto ronzando, nella cabina risuonò la solita fredda voce femminile.

«Benvenuti al Ministero della Magia. Per favore dichiarate il vostro nome e il motivo della visita».

«Harry Potter, Ron Weasley, Hermione Granger» elencò rapido Harry. «Ginny Weasley, Neville Paciock, Luna Lovegood… Siamo qui per salvare qualcuno, a meno che il Ministero ci riesca prima di noi!»

«Grazie» disse la fredda voce femminile. «Il visitatore è pregato di raccogliere la targhetta e assicurarla sul vestito».

Mezza dozzina di spille rotolarono fuori dalla fessura di metallo che di solito sputava le monete di resto. Hermione le prese e le passò in silenzio a Harry sopra la testa di Ginny; lui guardò la prima. Sopra c’era scritto: Harry Potter, Missione di Salvataggio.

«Il visitatore del Ministero ha l’obbligo di sottoporsi a perquisizione e di presentare la bacchetta perché sia registrata al banco della sorveglianza, all’estremità dell’Atrium».

«Bene!» gridò Harry, mentre la cicatrice ricominciava a pulsare. «Adesso possiamo muoverci

Il pavimento della cabina vibrò e il marciapiede scivolò al di sopra delle pareti di vetro; i Thestral spazzini sparirono dalla vista; le tenebre si chiusero sopra le teste dei ragazzi mentre con un sordo rumore raschiante calavano nelle viscere del Ministero della Magia.

Una fessura di soffusa luce dorata toccò i loro piedi e si allargò, alzandosi fino a illuminarli completamente. Harry piegò le ginocchia e levando la bacchetta per quanto poteva, stretto com’era, scrutò attraverso il vetro per vedere se qualcuno li stava aspettando. L’Atrium però sembrava deserto. La luce era più tenue che di giorno; i camini incassati nei muri erano spenti, ma quando l’ascensore si fermò senza un sussulto Harry vide che i simboli dorati continuavano a muoversi sinuosi sul soffitto blu scuro.

«Il Ministero della Magia vi augura una piacevole serata» disse la voce femminile.

La porta della cabina si spalancò; Harry ruzzolò fuori, seguito a ruota da Neville e Luna. L’unico suono era lo scroscio della fontana dorata, dove l’acqua zampillava dalle bacchette della strega e del mago, dalla freccia del centauro, dal cappello del goblin e dalle orecchie dell’elfo domestico, ricadendo nella vasca.

«Venite» sussurrò Harry, precedendoli di corsa oltre la fontana e verso la scrivania — ora vuota — dove l’ultima volta era seduto il guardiamago che aveva pesato la sua bacchetta.

Era sicuro che ci dovesse essere qualcuno di guardia, e altrettanto sicuro che la sua assenza fosse un brutto segno; l’inquietudine crebbe quando varcarono i cancelli dorati e raggiunsero gli ascensori. Chiamò il più vicino, premendo il pulsante discesa: arrivò quasi subito, e la grata si aprì con un gran fragore. Harry schiacciò il pulsante numero nove: la grata si richiuse con un tonfo, e l’ascensore cominciò a scendere stridendo e sferragliando. Il giorno che era venuto col signor Weasley non si era reso conto di tutto quel rumore; era certo che avrebbe messo in allarme gli addetti alla sorveglianza nell’edificio, eppure quando si fermarono la fredda voce femminile annunciò «Ufficio Misteri» e la grata mostrò loro un corridoio deserto. L’unica cosa a muoversi erano le fiamme delle torce più vicine, che baluginavano nella corrente d’aria provocata dall’ascensore.

Harry guardò la nuda porta nera davanti a lui. Finalmente, dopo averla sognata per tanti mesi, era lì.

«Andiamo» bisbigliò. S’inoltrò nel corridoio, seguito da Luna che si guardava attorno a bocca aperta.

«Ora, sentite» disse Harry, fermandosi a un paio di metri dalla porta. «Forse… be’, qualcuno dovrebbe restare qui… di guardia…»

«E come facciamo ad avvertirti, in caso di pericolo?» chiese Ginny, inarcando le sopracciglia. «Potresti essere chissà dove».

«Noi veniamo con te, Harry» disse Neville.

«Avanti!» esclamò Ron.

Harry non avrebbe voluto portarli tutti con sé, ma a quanto pareva non c’era scelta. Si voltò di nuovo verso la porta e la raggiunse: proprio come nel sogno, quella si spalancò al solo sfiorarla e lui avanzò, guidando gli altri oltre la soglia.

Si trovavano in una grande stanza circolare. Tutto era nero, pavimento e soffitto compresi; nelle pareti nere si susseguivano a intervalli regolari porte nere tutte uguali, prive di contrassegni e di maniglie, e fra l’una e l’altra ardevano grappoli di candele dalle fiammelle azzurrine; la fredda luce tremolante riflessa nel lucido pavimento di marmo dava l’impressione di camminare su una pozza di acqua scura.

«Qualcuno chiuda la porta» borbottò Harry.

Neville obbedì e Harry subito rimpianse d’averlo detto. Senza la striscia di luce delle torce nel corridoio dietro di loro, la stanza diventò così buia che per un momento le uniche cose visibili furono i gruppi di frementi fiammelle azzurre sulle pareti e il loro spettrale riflesso sul pavimento.

In sogno, una volta là dentro, si era sempre diretto verso la porta che aveva di fronte. Ma ora ce n’erano almeno una dozzina. Mentre tentava di decidere quale fosse quella giusta, udì un forte rombo e le candele cominciarono a muoversi. La stanza circolare stava ruotando.

Hermione gli si aggrappò a un braccio come temendo che anche il pavimento si mettesse a girare; invece non fu così. Per qualche istante, mentre il moto accelerava, le fiammelle azzurre attorno a loro si confusero fino a somigliare a lunghi tubi al neon, finché, di colpo com’era iniziato, il rombo si spense e la stanza si fermò.

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