«No… certo che no…» rispose Harry nervoso.
«Allora verremo anche noi» concluse Neville con semplicità. «Vogliamo aiutarti».
«Giusto» annuì Luna, sorridendo allegra.
Harry scambiò un’occhiata con Ron. Sapeva che l’amico la pensava esattamente come lui: se per tentare di salvare Sirius avesse dovuto farsi accompagnare da un qualsiasi altro membro dell’ES non avrebbe scelto né Ginny, né Neville, né Luna.
«E va bene, non ha importanza, comunque» disse scoraggiato. «Tanto non sappiamo come arrivare a Londra…»
«Mi pareva che questo punto fosse risolto» lo interruppe Luna con la sua calma esasperante. «Volando!»
«Senti» disse Ron, controllandosi a stento, «forse tu sei capace di volare senza una scopa, ma noi non possiamo farci spuntare le ali…»
«Si possono usare altri mezzi, oltre alla scopa» replicò tranquilla Luna.
«Sì, magari il Riccio Cornuto o come diavolo si chiama!» sbottò Ron.
«Il Ricciocorno Schiattoso non vola» rispose Luna con tutta la sua dignità, «ma loro sì, e secondo Hagrid sono abilissimi nel portare a destinazione i loro cavalieri».
Harry si voltò di scatto. Immobili fra gli alberi, gli occhi bianchi che luccicavano spettrali, due Thestral sembravano seguire la conversazione come se capissero ogni parola.
«Sì!» bisbigliò Harry, avanzando verso di loro. I Thestral scossero la testa da rettili, scrollando la lunga criniera nera, e Harry tese una mano per accarezzare il collo lucente di quello più vicino: come aveva fatto a trovarli brutti?
«Sono quelle bestie pazzesche che assomigliano a cavalli?» chiese incerto Ron, fissando un punto appena a sinistra del Thestral che Harry stava accarezzando. «Quelli che non puoi vedere se prima non hai visto morire qualcuno?»
«Sì» rispose Harry.
«Quanti sono?»
«Soltanto due».
«Be’, ce ne servono tre» disse Hermione, ancora piuttosto scossa, ma comunque decisa.
«Quattro» la corresse Ginny, accigliata.
«Credo che siamo in sei, veramente» osservò calma Luna.
«Non dire sciocchezze, non possiamo andare tutti!» protestò Harry. «Sentite, voi…» e indicò Neville, Ginny e Luna, «voi tre non siete coinvolti, non…»
Esplosero altre proteste. E la cicatrice gli diede una nuova fitta, più dolorosa. Ogni momento perduto era prezioso; non aveva tempo per discutere.
«Va bene, fate come volete» disse brusco, «ma se non arrivano altri Thestral non potrete…»
«Oh, arriveranno» gli assicurò Ginny, rivolta come Ron nella direzione sbagliata, a quel che pareva convinta di guardare i cavalli.
«Cosa te lo fa credere?»
«Nel caso non te ne sia accorto, tu e Hermione siete coperti di sangue e sappiamo che per attirarli Hagrid usa la carne cruda. Probabilmente è per questo che sono arrivati».
Harry sentì qualcosa tirargli delicatamente una manica, e abbassando lo sguardo vide il Thestral più vicino leccare il sangue di Grop che la inzuppava.
«D’accordo» disse, colpito da un’idea luminosa. «Intanto io e Ron prendiamo questi due e andiamo avanti, mentre Hermione rimane qui con voi per richiamare altri Thestral…»
«Io non resto qui!» protestò Hermione furiosa.
«Non ce n’è bisogno» disse Luna sorridendo. «Guardate, ecco che ne arrivano altri… dovete puzzare davvero…»
Harry si voltò: almeno sei o sette Thestral avanzavano fra gli alberi, le grandi ali coriacee chiuse e strette accanto al corpo, gli occhi lucenti nell’oscurità. Ormai non aveva più scuse.
«E va bene» si arrese furibondo. «Sceglietene uno e salite».
CAPITOLO 34
L’UFFICIO MISTERI
Harry affondò le mani nella criniera del Thestral più vicino, salì su un ceppo lì accanto e montò goffamente sul dorso setoso dell’animale. Questo non si lamentò, ma voltò la testa, mostrando i denti e tentando di continuare a leccargli avidamente la veste.
Dopo aver scoperto che era possibile assicurare le ginocchia dietro la giuntura dell’ala, si girò a controllare come se la cavavano gli altri. Neville si era issato sul Thestral accanto al suo e cercava di passare una delle sue corte gambe sul dorso della creatura. Luna era già pronta, seduta all’amazzone, e si rassettava la veste come se cavalcasse Thestral tutti i giorni. Invece Ron, Hermione e Ginny se ne stavano ancora impalati, a bocca aperta.
«Che cosa c’è?» chiese Harry.
«Come facciamo a salirci?» balbettò Ron. «Se non possiamo vederli?»
«Oh, è facile» disse Luna. Smontò servizievole dal suo Thestral e andò verso di loro. «Coraggio…»
Uno alla volta, li condusse verso gli altri Thestral e li aiutò a salire in groppa. Avevano tutti e tre un’aria estremamente nervosa mentre Luna guidava le loro mani e le faceva affondare nella criniera con la raccomandazione di tenersi forte, prima di tornare sulla sua cavalcatura.
«È pazzesco» mormorò Ron, muovendo cauto la mano libera sul collo del Thestral. «Pazzesco… se almeno potessi vederlo…»
«Meglio per te che rimanga invisibile» commentò cupo Harry. «Pronti?»
Tutti annuirono, e irrigidirono le ginocchia sotto le vesti.
«Bene…»
Abbassò lo sguardo sulla lucida testa nera del suo Thestral e deglutì.
«Ministero della Magia, ingresso dei visitatori, Londra, allora» disse, incerto. «Ehm… se sai… dov’è…»
Per un attimo l’animale rimase immobile; poi, con un movimento sinuoso che per poco non disarcionò Harry, le ali si spalancarono; il Thestral si acquattò lentamente per scattare verso l’alto quasi in verticale, costringendo Harry ad aggrapparsi con braccia e gambe per non scivolare all’indietro sulla groppa ossuta. Quando emersero d’impeto oltre i rami più alti e si librarono nel tramonto rosso sangue, chiuse gli occhi e premette il viso contro la morbida criniera.
Non aveva mai viaggiato a una tale velocità: il Thestral sfrecciò sopra il castello battendo appena le grandi ali; l’aria ormai fresca schiaffeggiava il viso di Harry; stringendo gli occhi contro il vento impetuoso, si voltò indietro e vide i suoi cinque compagni curvi sul collo delle loro cavalcature per proteggersi dalla sua scia.
In un baleno si lasciarono alle spalle Hogwarts e Hogsmeade; sotto di loro scorrevano montagne e burroni. Mentre la luce del giorno svaniva, Harry scorse i piccoli grappoli di luce dei villaggi, e poi una strada tortuosa sulla quale una sola auto arrancava tra le colline.
«È proprio strano!» A stento sentì il grido di Ron da qualche parte dietro di lui, e si chiese che effetto faceva sfrecciare a quell’altezza a cavallo del nulla.
Calò il crepuscolo: il cielo aveva assunto uno sfumato colore violetto trapunto di piccole stelle d’argento, e ormai solo le luci delle città Babbane davano il senso dell’altezza e della velocità a cui viaggiavano. Le braccia strette attorno al collo del Thestral, Harry avrebbe voluto fare ancora più presto. Quanto tempo era passato da quando aveva visto Sirius nell’Ufficio Misteri? Quanto ancora sarebbe riuscito a resistere? Sapeva soltanto che il suo padrino non aveva ancora obbedito a Voldemort e non era morto, perché di sicuro entrambi questi eventi gli avrebbero trasmesso in corpo l’esultanza o la furia di Voldemort, facendo bruciare di dolore la cicatrice come la notte dell’attacco al signor Weasley.
Continuarono a volare nell’oscurità sempre più fitta; Harry aveva il volto congelato e stringeva così forte i fianchi del Thestral da avere le gambe intorpidite, ma non osava allentare la presa per paura di scivolare… il rombo dell’aria lo assordava e il freddo vento notturno gli aveva seccato e ghiacciato la bocca. Non sapeva quanta strada avessero percorso; poteva solo affidarsi alla sua cavalcatura, che continuava a sfrecciare a folle velocità nella notte muovendo appena le ali.
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