J. Rowling - Harry Potter e il calice di fuoco

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Harry Potter e il calice di fuoco: краткое содержание, описание и аннотация

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È un momento cruciale nella vita di Harry: ormai è un mago adolescente, vuole andarsene dalla casa degli odiosi Dursley, vuole sognare la Cercatrice del Corvonero per cui ha una cotta tremenda... Intanto, grandiosi avvenimenti si stanno preparando alla scuola di Hogwarts, dove si svolgerà un torneo tra tutte le più importanti scuole di magia. E nonostante non abbia ancora 16 anni, età per iscriversi alla competizione, Harry viene scelto dal Calice di Fuoco per superare prove terrificanti: si troverà faccia a faccia con la morte, come sempre per colpa del perfido Voldemort; e con l’amore.
Vincitore del premio Hugo per il miglior romanzo in 2001.

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«Sì, è vero» disse Ron. «Posso prendere uno di quei dolcetti, Hagrid?»

«Serviti pure» disse Hagrid, asciugandosi gli occhi con il dorso della mano. «Oh, ha ragione, certo… avete ragione tutti… sono stato uno stupido… il mio papà si sarebbe vergognato di come mi sono comportato…» Sgorgarono altre lacrime, ma le asciugò con più decisione e disse: «Non vi ho mai fatto vedere una foto del mio vecchio, vero? Ecco qua…»

Hagrid si alzò, aprì un cassetto del comò e ne estrasse la foto di un mago basso con i suoi stessi occhi neri infossati, che sorrideva seduto sulla spalla di Hagrid. Quest’ultimo era alto più di due metri, a giudicare dal melo alle sue spalle, ma il suo viso era senza barba, giovane, rotondo e liscio: non dimostrava più di undici anni.

«Questa è stata fatta subito dopo che ero entrato a Hogwarts» disse Hagrid con voce gracchiante. «Papà era arcicontento… certo che potevo anche non essere mica un mago, sapete, per via che la mia mamma… be’, insomma. Certo che non sono mai stato granché in magia, davvero… ma almeno non ha saputo che mi avevano buttato fuori. Sapete, è morto che facevo il secondo anno…

«Silente è quello che è stato dalla mia parte dopo che papà se n’è andato. Mi ha trovato il lavoro di guardiacaccia… si fida della gente, lui. Ci dà a tutti un’altra possibilità… è per questo che è diverso dagli altri Presidi, ecco. Piglierebbe chiunque a Hogwarts, basta che ci hanno talento. Lo sa che la gente può venir fuori ok anche se le loro famiglie non erano… be’… proprio rispettabili. Ma alcuni non lo capiscono. Ce ne sono certi che te lo rinfacciano sempre… ci sono certi che farebbero finta di essere solo un po’ grossi invece di alzarsi e dire: sono quello che sono e non mi vergogno. “Non vergognarti mai” mi diceva il mio vecchio, “e se qualcuno te lo rinfaccia, è gente che non vale una cicca”. E ci aveva ragione. Io con lei non ci perdo più tempo, ve lo prometto. Ossa grandi… gliele do io, le ossa grandi».

Harry, Ron e Hermione si guardarono nervosamente; Harry avrebbe preferito portare a passeggio cinquanta Schiopodi Sparacoda piuttosto che ammettere davanti a Hagrid di averlo sentito parlare con Madame Maxime, ma Hagrid continuò a parlare, senza accorgersi dell’effetto delle sue parole.

«La sai una cosa, Harry?» disse, alzando lo sguardo dalla foto del padre, gli occhi molto luminosi. «La prima volta che ti ho visto mi ricordavi un po’ me. Niente mamma e papà, e credevi che a Hogwarts non ti ci saresti mica ritrovato, ti ricordi? Non eri sicuro di essere all’altezza… e adesso guardati, Harry! Campione della scuola!»

Fissò un attimo Harry e poi disse, in tono molto serio: «Lo sai cosa mi piacerebbe, Harry? Mi piacerebbe se vinci, davvero. Fagli vedere, a quelli, che uno non deve essere purosangue per farcela. Non devi vergognarti di quello che sei. Fagli vedere che è Silente che ha ragione, a prendere tutti, basta che sanno fare le magie. Come va con quell’uovo, Harry?»

«Benissimo» rispose Harry. «Davvero benissimo».

La faccia triste di Hagrid s’illuminò di un sorriso umido. «Così si fa… Fagliela vedere a tutti, Harry. Stendili».

Mentire a Hagrid non era esattamente come mentire a chiunque altro. Quel pomeriggio, più tardi, Harry tornò al castello con Ron e Hermione senza riuscire a cancellare dalla mente la faccia felice di Hagrid al pensiero che lui vincesse il Torneo. Quella sera l’incomprensibile uovo pesò più che mai sulla coscienza di Harry, e al momento di andare a dormire aveva deciso: era giunto il momento di mettere da parte l’orgoglio, e vedere se il suggerimento di Cedric valeva qualcosa.

CAPITOLO 25

L’UOVO E L’OCCHIO

Visto che Harry non aveva idea di quanto dovesse durare il bagno per scoprire il segreto dell’uovo d’oro, decise di farlo di notte, quando avrebbe potuto prendersi tutto il tempo che voleva. Pur riluttante all’idea di accettare altri favori da Cedric, decise anche di usare il bagno dei Prefetti; erano pochissime le persone ammesse là dentro, quindi era molto meno probabile che qualcuno lo disturbasse.

Harry preparò accuratamente il suo piano, perché era già stato sorpreso una volta da Gazza il custode fuori dal letto e nel posto sbagliato nel cuore della notte, e non desiderava ripetere l’esperienza. Il Mantello dell’Invisibilità, naturalmente, sarebbe stato fondamentale, e come ulteriore precauzione Harry pensò di portare con sé la Mappa del Malandrino, che, insieme al Mantello, era il mezzo più efficace che possedesse per infrangere le regole. Sulla mappa era riportata l’intera Hogwarts, comprese le sue molte scorciatoie e i passaggi segreti, e, cosa più importante di tutte, mostrava le persone all’interno del castello, ferme o in movimento, come minuscoli puntini con tanto di nome, così che Harry avrebbe potuto individuare in tempo chiunque si fosse avvicinato al bagno.

Il giovedì sera Harry scivolò fuori dal letto, indossò il Mantello, sgattaiolò di sotto e, proprio come aveva fatto la sera che Hagrid lo aveva portato dai draghi, attese che il buco del ritratto si aprisse. Stavolta era Ron ad aspettare fuori per dire la parola d’ordine alla Signora Grassa ( ’Frittelle di banana’ ) . «Buona fortuna» mormorò entrando nella sala comune mentre Harry usciva di soppiatto.

Quella notte era strano muoversi sotto il Mantello, perché Harry teneva il pesante uovo sotto un braccio, e reggeva la mappa davanti al naso con l’altro. Comunque, i corridoi illuminati dalla luna erano deserti e silenziosi, e controllando la mappa a intervalli strategici, Harry si assicurò di non incontrare nessuno che voleva evitare. Quando raggiunse la statua di Boris il Basito, un mago dall’aria smarrita con i guanti infilati sulle mani sbagliate, individuò la porta giusta, le si avvicinò e borbottò la parola d’ordine, Frescopino, proprio come gli aveva detto Cedric.

La porta si aprì cigolando. Harry la oltrepassò, la chiuse a chiave e si sfilò il Mantello dell’Invisibilità, guardandosi attorno.

Il suo primo pensiero fu che valeva la pena di diventare Prefetto solo per poter usare quel bagno. Era illuminato dolcemente da un magnifico candeliere acceso, ed era tutto di marmo bianco, compresa quella che sembrava una piscina vuota rettangolare incassata al centro del pavimento. Almeno un centinaio di rubinetti d’oro si trovavano ai bordi della piscina, ciascuno con una pietra di colore diverso incastonata nel pomolo. C’era anche un trampolino. Lunghe tende di lino bianco pendevano alle finestre; una grossa pila di soffici asciugamani candidi si ergeva in un angolo, e sulla parete c’era un solo dipinto con la cornice dorata. Ritraeva una sirena bionda profondamente addormentata su una roccia, i lunghi capelli che le fluttuavano davanti al viso tutte le volte che russava.

Harry avanzò, guardandosi attorno, mentre i suoi passi rimbombavano. Per quanto splendido fosse il bagno — e benché avesse un gran desiderio di provare un po’ di quei rubinetti — ora che si trovava lì non riusciva a scacciare l’idea che Cedric l’avesse preso in giro. Come diavolo era possibile che tutto questo lo aiutasse a risolvere il mistero dell’uovo? Alla fine depose uno dei soffici asciugamani, il Mantello, la mappa e l’uovo accanto alla vasca grande come una piscina, poi si inginocchiò e aprì alcuni rubinetti.

Ne scorse acqua mischiata a vari tipi di bagnoschiuma, anche se era un genere di bagnoschiuma che Harry non aveva mai provato prima. Da un rubinetto schizzavano bolle rosa e azzurre grandi come palloni da calcio, un altro versava una schiuma candida così densa all’aspetto che pareva ci si potesse camminare sopra; un terzo spruzzava nubi violette dall’aroma intenso che galleggiavano appena sopra l’acqua. Harry si divertì per un po’ ad aprire e chiudere i rubinetti, apprezzandone soprattutto uno, dal getto che rimbalzava in ampi archi sulla superficie dell’acqua. Poi, quando la piscina fu piena di acqua calda, schiuma e bolle (e ci mise pochissimo tempo, considerate le dimensioni), Harry chiuse tutti i rubinetti, si sfilò la vestaglia, il pigiama e le pantofole, e scivolò dentro.

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