Joanne Rowling - Harry Potter e la pietra filosofale

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Harry Potter e la pietra filosofale: краткое содержание, описание и аннотация

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Un orfanello dotato di misteriosi poteri, due zii molto antipatici e… si entra nell’eccitante universo del Meraviglioso!
Un ragazzino con gli occhiali grossi ha conquistato la copertina del Time: si chiama Harry Potter. Nel giorno del suo undicesimo compleanno Harry si rende conto di essere dotato di straordinari poteri magici. E di potersi finalmente vendicare di tutte le angherie subite dagli odiosi zii che l’hanno allevato malvolentieri al posto dei genitori spariti nel nulla. Dovrà però frequentare la scuola di magia e stregoneria di Hogwarts, la migliore d’Inghilterra, in un castello dove è custodita la prodigiosa Pietra Filosofale che può sconfiggere le forze del male…

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Lee stava ancora commentando.

«Palla al Serpeverde… Flitt ha la Pluffa… oltrepassa Spinnet… supera Bell… viene colpito in faccia da un Bolide, spero che gli abbia rotto il naso… ma no, professoressa, sto solo scherzando… il Serpeverde segna… oh, no…»

I Serpeverde esultavano. Nessuno sembrava essersi accorto che la scopa di Harry si stava comportando in modo strano. Lentamente, a sbalzi e a strattoni, lo stava trasportando sempre più in alto, lontano dal gioco.

«Chissà cosa pensa di fare Harry» bofonchiò Hagrid. Stava guardando attraverso il binocolo. «Direi che ha perso il controllo della sua scopa, direi… ma non può mica aver…»

D’un tratto, gli occhi di tutti furono puntati su Harry. La sua scopa aveva cominciato a fare le capriole, mentre lui riusciva a stento a reggersi in sella. Poi tutti gli spettatori trattennero il fiato. La scopa aveva dato uno strattone fortissimo e Harry era stato disarcionato. Ora il ragazzo penzolava giù, reggendosi al manico con una sola mano.

«È successo qualcosa alla scopa quando Flitt lo ha bloccato?» sussurrò Seamus.

«Impossibile» disse Hagrid con voce tremante. «Niente può fare ammattire una scopa tranne una potente magia nera… e nessuno dei ragazzi sarebbe capace di fare una cosa simile a una Nimbus Duemila».

A queste parole. Hermionc afferrò il binocolo di Hagrid. ma anziché guardare in alto verso Harry. cominciò febbrilmente a scrutare le file del pubblico.

«Ma che diavolo stai facendo?» chiese Ron con la faccia livida.

«Lo sapevo!» ansimò Hermione. «Piton… guarda!»

Ron afferrò il binocolo. Piton stava sulla gradinata dirimpetto alla loro. Teneva gli occhi fissi su Harry e mormorava qualcosa sottovoce.

«Sta combinandone una delle sue… sta facendo il malocchio alla scopa» disse Hermione.

«E ora che facciamo?»

«Lascia fare a me».

Prima che Ron potesse proferire un’altra sola parola, Hermione era scomparsa. Ron puntò di nuovo il binocolo su Harry. La scopa stava vibrando così forte che sarebbe stato praticamente impossibile tenercisi attaccato ancora a lungo. Gli spettatori erano tutti in piedi, e guardavano inorriditi, mentre i gemelli Weasley volavano in soccorso dell’amico, cercando di trarlo in salvo su una delle loro scope, ma invano: ogni volta che gli si accostavano, la scopa di Harry faceva un balzo più in alto. Allora scesero di quota e si disposero in cerchio sotto di lui, sperando di riuscire ad afferrarlo al volo quando fosse caduto. Marcus Flirt, impossessatosi della Pluffa, segnò cinque volte senza che nessuno se ne accorgesse.

«Dài, Hermione, sbrigati!» mormorava Ron disperato.

Hermione si era fatta largo tra gli spettatori per raggiungere il palco dove si trovava Piton e ora stava correndo lungo la fila di sedili alle spalle di lui; non si fermò neanche per chiedere scusa al profcssor Raptor, quando lo urtò facendolo cadere a faccia avanti. Una volta raggiunto Piton, si accucciò, tirò fuori la bacchetta magica e bisbigliò alcune parole scelte con cura. Dalla bacchetta sprizzarono delle fiamme blu che andarono a colpire l’orlo dell’abito di Piton.

Ci vollero forse trenta secondi perché Piton si rendesse conto di aver preso fuoco. Un improvviso grido di dolore fece capire alla ragazza che aveva ottenuto il suo scopo. Richiamò il fuoco e lo rinchiuse in un piccolo barattolo, se lo mise in tasca, e rifece il percorso inverso. Piton non avrebbe mai saputo quel che era successo.

Ma era bastato. Su in aria, Harry riuscì d’un tratto a rimettersi a cavallo della sua scopa.

«Neville, ora puoi guardare!» disse Ron. Per tutti gli ultimi cinque minuti Neville aveva singhiozzato col viso nascosto nella giacca di Hagrid.

Harry stava scendendo in picchiata verso terra quando gli spettatori lo videro mettersi una mano a coppa sulla bocca come se stesse per dare di stomaco: cadde carponi sul terreno di gioco, tossì… e qualcosa di dorato gli cadde in mano.

«Ho preso il Boccino!» gridò agitandolo sopra la testa, e la partita terminò nel caos generale.

«Non l’ha preso, l’ha quasi inghiottito » strillava Flitt ancora venti minuti dopo, ma tanto non aveva importanza. Harry non aveva violato nessuna regola e Lee Jordan stava ancora annunciando a squarciagola il risultato: il Grifondoro aveva vinto per centosettanta a sessanta. Ma tutto questo Harry non lo udì. Era nella capanna di Hagrid insieme a Ron e a Hermione, e si stava facendo preparare una tazza di tè.

«È stato Piton» spiegava Ron. «Hermione e io lo abbiamo visto; stava lanciando una maledizione sulla tua scopa, borbottava e non ti levava gli occhi di dosso».

«Stupidate!» disse Hagrid che non aveva sentito una sola parola di quel che era accaduto a un passo da lui, sugli spalti. «E perché mai Piton doveva fare una cosa del genere?»

Harry, Ron e Hermione si guardarono l’un l’altro, chiedendosi che cosa dovessero dirgli. Harry decise per la verità.

«Ho scoperto qualcosa sul suo conto» disse a Hagrid. «Il giorno di Halloween, ha cercato di eludere la guardia del cane a tre teste. E quello lo ha morso. Crediamo che volesse rubare quello che il cane sorveglia, qualunque cosa sia».

Hagrid si lasciò cadere di mano la teiera.

«E voi che ne sapete di Fuffi?»

« Fuffi

«Sì… è mio… l’ho comperato da un tizio, un greco che ho incontrato al pub l’anno scorso… L’ho prestato a Silente per fare la guardia a…»

«Sì?» disse Harry, desideroso di saperne di più.

«No, non chiedetemi niente altro» disse Hagrid scontroso. «E una cosa segretissima!»

«Ma Piton sta cercando di rubarlo

«Stupidate!» tornò a ripetere Hagrid. «Piton è un insegnante di Hogwarts, vuoi che faccia una cosa del genere?»

«E allora perché poco fa ha cercato di ammazzare Harry?» gridò Hermione.

A quanto pareva, gli avvenimenti di quel pomeriggio le avevano fatto cambiare idea sul conto di Piton.

«Senti un po’ Hagrid, io lo capisco quando qualcuno sta facendo il malocchio; ho letto tutto sull’argomento! Bisogna mantenere il contatto visivo, e Piton non batteva neanche le palpebre. L’ho visto benissimo!»

«E io vi dico che prendete un granchio» disse Hagrid accalorandosi. «Non so perché la scopa di Harry si è comportata in quella maniera, ma Piton non cercherebbe mai di ammazzare uno studente! E ora statemi bene a sentire tutti e tre: vi state immischiando in cose che non vi riguardano. È pericoloso. Scordatevi del cane, dimenticate a cosa fa la guardia. È tutta una faccenda fra Silente e Nicolas Flamel…»

«Aha!» disse Harry. «Allora c’è di mezzo qualcuno che si chiama Nicolas Flamel!»

Sul volto di Hagrid si dipinse un’espressione furente e indispettita.

Capitolo 12

Lo specchio delle brame

Natale si stava avvicinando. Un mattino di metà dicembre, il castello Hogwarts si svegliò sotto una coltre di neve alta più di un metro. Il lago era diventato una spessa lastra di ghiaccio e i gemelli Weasley erano stati puniti per aver fatto un incantesimo alle palle di neve, che si erano messe a inseguire Raptor dovunque andasse rimbalzando sul dietro del suo turbante. I pochi gufi che riuscivano a fendere il cielo temporalesco per consegnare la posta dovevano poi essere curati da Hagrid prima di poter riprendere il volo.

Tutti quanti non vedevano l’ora che cominciassero le vacanze. Mentre nella sala di ritrovo di Grifondoro e nella Sala Grande ardevano fuochi scoppiettanti, i corridoi pieni di spifferi erano gelidi, e un vento sferzante faceva sbattere le imposte nelle aule. Il peggio erano le lezioni del professor Piton, che si tenevano nei sotterranei, dove il respiro si condensava in nuvolette e tutti cercavano di starsene il più vicino possibile ai calderoni bollenti.

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