Joanne Rowling - Harry Potter e la pietra filosofale

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Harry Potter e la pietra filosofale: краткое содержание, описание и аннотация

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Un orfanello dotato di misteriosi poteri, due zii molto antipatici e… si entra nell’eccitante universo del Meraviglioso!
Un ragazzino con gli occhiali grossi ha conquistato la copertina del Time: si chiama Harry Potter. Nel giorno del suo undicesimo compleanno Harry si rende conto di essere dotato di straordinari poteri magici. E di potersi finalmente vendicare di tutte le angherie subite dagli odiosi zii che l’hanno allevato malvolentieri al posto dei genitori spariti nel nulla. Dovrà però frequentare la scuola di magia e stregoneria di Hogwarts, la migliore d’Inghilterra, in un castello dove è custodita la prodigiosa Pietra Filosofale che può sconfiggere le forze del male…

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«Continuerete a cercare mentre sono via, non è vero?» chiese Hermione. «E se trovate qualcosa mi mandate un gufo».

«E tu potresti chiedere ai tuoi genitori se sanno chi è Flamel» disse Ron. «Chiedendo a loro non si corrono rischi».

«Questo è poco ma sicuro, visto che fanno i dentisti tutti e due!» rispose Hermione.

Una volta iniziate le vacanze, Ron e Harry si divertivano troppo per pensare a Flamel. Avevano il dormitorio tutto per loro, e la sala di ritrovo era molto meno affollata del solito, per cui potevano accaparrarsi le poltrone migliori, quelle vicino al camino. Stavano lì seduti per ore e ore di fila, mangiando qualsiasi cosa si potesse infilzare su un forchettone e arrostire alla fiamma — focaccine, salsicce, caldarroste — e architettando stratagemmi per far espellere Malfoy: tutte cose di cui era molto divertente parlare, anche se difficilmente avrebbero funzionato.

Ron cominciò anche a insegnare a Harry a giocare a scacchi magici. Le regole erano esattamente come quelle degli scacchi dei Babbani. tranne che i pezzi erano vivi, per cui diventava un po’ come comandare delle truppe in battaglia. La scacchiera di Ron era molto vecchia e malconcia. Come tutto quello che gli apparteneva, anch’essa un tempo era stata di qualche membro della sua famiglia, in quel caso suo nonno. E tuttavia, giocare con dei pezzi vecchi non era affatto un problema: Ron li conosceva talmente bene, che non aveva difficoltà a convincerli a fare quel che voleva lui.

Invece Harry giocava con gli scacchi che gli aveva prestato Seamus Finnigan, e i pezzi non avevano la minima fiducia in lui. Ancora non era un bravo giocatore, e loro non facevano che gridare consigli contraddittori che finivano per confonderlo: «Non mi mandare da quella parte, non vedi che lì c’è il cavallo di quell’altro? Manda lui ; lui possiamo permetterci di perderlo!»

La vigilia di Natale, Harry andò a letto pregustando le leccornie e i divertimenti dell’indomani, ma senza aspettarsi nessun regalo. Ma al suo risveglio, il mattino seguente di buon’ora, la prima cosa che vide ai piedi del suo letto fu un mucchio di pacchetti.

«Buon Natale!» gli fece Ron ancora assonnato, mentre Harry si buttava giù dal letto e si infilava la vestaglia.

«Anche a te» gli rispose. «Ma… hai visto che roba? Ho ricevuto dei regali!»

«E che cosa ti aspettavi, un mazzo di rape?» disse Ron voltandosi a guardare i suoi regali, che erano molto più numerosi di quelli di Harry.

Harry prese il primo pacchetto dalla cima del mucchio. Era avvolto in una spessa carta da pacchi, con su scarabocchiato: ‘A Harry da Hagrid ’. Dentro c’era un flauto di legno rozzamente intagliato. Evidentemente, Hagrid lo aveva lavorato con le sue mani. Harry ci soffiò dentro… faceva un suono simile al verso di una civetta.

Il secondo pacchetto era piccolissimo e dentro c’era un biglietto: ‘Abbiamo ricevuto il tuo messaggio e accludiamo il regalo di Natale per te. Zio Vernon e zia Petunia’. Attaccata al biglietto col nastro adesivo c’era una moneta da mezza sterlina.

«Molto carino da parte loro» disse Harry.

Ron era affascinato dalla moneta.

«Questa poi!» disse. «Che forma strana! Ma davvero sono soldi

«Puoi prenderli se vuoi» lo incoraggiò Harry ridendo della contentezza di Ron. «Allora, ho aperto quello di Hagrid e quello dei miei zii… e questi altri, chi me li manda?»

«Credo di sapere da chi viene quello» disse Ron arrossendo leggermente e indicando un grosso pacco informe. «Da mia mamma. Le ho detto che non ti aspettavi nessun regalo, e allora… Oh, no!» gemette poi, «ti ha fatto un maglione alla Weasley!»

Harry aveva aperto il pacchetto e ci aveva trovato un pesante maglione di lana lavorato ai ferri, color verde smeraldo, e una grossa scatola di caramelle mou fatte in casa.

«Ci fa un maglione per uno tutti gli anni» disse Ron scartando il suo, «e i miei sono sempre color melanzana».

«Ma che gentile!» disse Harry assaggiando una caramella, che era molto gustosa.

Anche il pacco successivo conteneva dolci: una grossa scatola di Cioccorane da parte di Hermione.

Rimaneva un ultimo pacchetto. Harry lo prese in mano e tastò. Era molto leggero. Lo scartò.

Ne scivolò qualcosa di fluente e grigio argento che cadde a terra formando un mucchietto di pieghe lucenti. Ron rimase senza fiato.

«Ne ho sentito parlare, di quelli» disse in un sussurro, lasciando cadere la scatola di Tuttigusti+1 che aveva ricevuto da Hermione. «Se è quel che penso… sono molto rari e veramente preziosi».

«Che cos’è?» Harry raccolse da terra lo scintillante tessuto argenteo. Era stranissimo al tatto, come fosse tessuto con l’acqua.

«È il mantello che rende invisibili» disse Ron, e sul volto gli si era dipinto un timore reverenziale. «Ne sono sicuro… provalo!»

Harry se lo gettò sulle spalle e Ron diede un grido.

«È come dico io! Guarda giù!»

Harry si guardò i piedi, ma quelli erano spariti. Corse allo specchio. Non c’erano dubbi: l’immagine che gli rimandò lo specchio era fatta soltanto di una testa sospesa a mezz’aria sopra un corpo completamente invisibile. Si tirò il mantello sulla testa e l’immagine scomparve del tutto.

«C’è un biglietto!» disse Ron d’un tratto. «È caduto un biglietto».

Harry si tolse il mantello e lo prese. Scritte con una grafia stretta e sinuosa che non aveva mai visto prima, si leggevano le seguenti parole:

Questo me l’ha affidato tuo padre prima di morire. E giunto il momento che torni a te. Fanne buon uso.

Buon Natale.

Non c’era firma. Harry rimase a fissare la lettera, mentre Ron guardava estasiato il mantello.

«Darei qualsiasi cosa per averne uno» disse. «Ma proprio qualsiasi cosa. Be’, che ti succede?»

«Niente» lo assicurò Harry. Era molto perplesso. Chi gli aveva mandato il mantello? Era veramente appartenuto a suo padre?

Prima di poter dire o pensare qualsiasi cosa, la porta del dormitorio si spalancò e Fred e George Weasley entrarono come due bolidi. Harry nascose velocemente il mantello. Non se la sentiva ancora di parlarne con altri.

«Buon Natale!»

«Ehi, guarda… anche Harry ha un maglione alla Weasley!»

Fred e George indossavano due maglioni blu, uno con una grossa F in giallo, e l’altro con una G.

«Quello di Harry è più bello del nostro, però» disse Fred tenendolo aperto perché lo vedessero. «Naturalmente, mamma ci mette più impegno se non sei della famiglia».

«E tu, Ron, perché non ti sei messo il tuo?» chiese George. «Su, dài, mettilo anche tu, sono bellissimi e caldi».

«Io odio il color melanzana» piagnucolò Ron sconfortato, mentre se lo infilava dalla testa.

«Sul tuo non c’è nessuna lettera» osservò George. «Segno che mamma crede che tu non ti dimentichi come ti chiami. Ma neanche noi siamo stupidi… sappiamo benissimo che ci chiamiamo Gred e Forge!»

«Che cos’è tutto questo chiasso?»

Percy Weasley infilò la testa dentro la stanza con aria di disapprovazione. Si vedeva che anche lui aveva cominciato a scartare i suoi regali, perché, come i fratelli, si era buttato sul braccio un maglione bitorzoluto, che Fred afferrò subito.

«P come Prefetto! Infilatelo anche tu, dài, ce li siamo messi tutti! Anche Harry ne ha avuto uno».

«Ma io… non… voglio…» bofonchiò, mentre i gemelli gli infilavano a forza il maglione dalla testa, mandandogli gli occhiali di traverso.

«Oggi, levati dalla testa di sederti al tavolo dei prefetti!» disse George. «Il Natale si passa in famiglia».

E lo trascinarono via di peso, in quattro, approfittando che aveva le braccia imprigionate nel pullover.

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