«E perché no?»
«Boh. So solo che ho una sensazione strana… e poi troppe volte te la sei cavata per il rotto della cuffia. Gazza, Piton e Mrs Purr fanno la ronda. Credi di essere al sicuro solo perché non ti vedono? E se ti vengono a sbattere addosso? E se fai cadere qualcosa?»
«Mi sembri Hermione!»
«Dico sul serio, Harry, non andare». Ma Harry aveva un chiodo fisso in testa: tornare davanti allo specchio. E non sarebbe stato certo Ron a fermarlo.
Quella terza notte, riuscì a trovare la strada molto più rapidamente delle precedenti. Camminava così in fretta da fare più rumore di quanto consigliasse la prudenza, ma non incontrò nessuno.
Ed ecco di nuovo sua madre e suo padre che gli sorridevano, e uno dei nonni che gli faceva cenno col capo, tutto allegro. Harry si lasciò scivolare a terra e finì seduto sul pavimento di fronte allo specchio. Niente gli avrebbe impedito di restarsene lì tutta la notte con la sua famiglia. Niente di niente.
Tranne che…
«Allora… di nuovo qui, Harry?»
Harry sentì le budella congelarglisi dentro la pancia. Si guardò alle spalle. Seduto su uno dei banchi appoggiati al muro, c’era nient’altri che Albus Silente. Harry doveva essergli passato accanto senza neanche vederlo, tanto era stato disperato il desiderio di tornare davanti allo specchio.
«Io… io non l’ho veduta, signore».
«Strano: essere invisibili rende miopi!» osservò Silente, e Harry si sentì sollevato nel vedere che sorrideva.
«Allora» disse Silente lasciandosi scivolare giù dal banco per venirsi a sedere a terra accanto a Harry. «Tu, come centinaia di altri prima di te, hai scoperto le dolcezze dello Specchio delle Brame».
«Non sapevo che si chiamasse così, signore».
«Suppongo però che ormai abbia capito a che cosa serve».
«Sì… be’… ci vedo la mia famiglia…»
«E il tuo amico Ron ci si è visto capoclasse».
«E lei come lo sa…?»
«lo non ho bisogno di un mantello per diventare invisibile» disse Silente con dolcezza. «Capisci adesso che cos’è che noi tutti vediamo nello Specchio delle Brame?»
Harry scosse la testa.
«Allora te lo spiego. L’uomo più felice della terra riuscirebbe a usare lo Specchio delle Brame come un normale specchio, vale a dire che, guardandoci dentro, vedrebbe se stesso esattamente com’è. Cominci a capire?»
Harry rimase per un po’ sovrappensiero. Poi disse lentamente: «Ci vediamo dentro quel che desideriamo… le cose che vogliamo…»
«Sì e no» disse Silente tranquillo. «Ci mostra né più né meno quello che desideriamo più profondamente e più irresistibilmente in cuor nostro. Tu, che non hai mai conosciuto i tuoi genitori, ti vedi circondato da tutta la famiglia. Ronald Weasley, che è sempre vissuto all’ombra dei suoi fratelli, si vede come il migliore di tutti. E tuttavia questo specchio non ci dà né la conoscenza né la verità. Ci sono uomini che si sono smarriti a forza di guardarcisi, rapiti da quel che avevano visto, oppure hanno perso il senno perché non sapevano se quel che esso mostra è reale o anche solo possibile.
«Domani, lo Specchio delle Brame verrà portato in una nuova dimora, Harry, e io ti chiedo di non cercarlo mai più. Se mai ti ci imbatterai di nuovo, sarai preparato. Ricorda: non serve a niente rifugiarsi nei sogni e dimenticarsi di vivere. E ora, perché non ti rimetti addosso quel meraviglioso mantello e non te ne torni a letto?»
Harry si alzò in piedi.
«Signore… professor Silente… Posso farle una domanda?»
«Certo! Me ne hai appena fatta una!» Silente sorrise. «Comunque, puoi farmene anche un’altra».
«Lei che cosa vede, quando si guarda in quello specchio?»
«Io? Mi vedo con in mano un paio di grossi calzini di lana».
Harry lo guardò incredulo.
«I calzini non bastano mai» disse Silente. «È passato un altro Natale, e nessuno mi ha regalato un solo paio di calzini. Chissà perché a me regalano soltanto libri».
Solo quando fu di nuovo a letto, a Harry venne in mente che forse Silente non aveva detto la verità. Ma in fin dei conti, rifletté mentre scacciava dal cuscino il topo Crosta, la sua era stata una domanda forse troppo personale.
Capitolo 13
Nicolas Flamel
Silente aveva convinto Harry a non andare di nuovo in cerca dello Specchio delle Brame, e per il resto delle vacanze di Natale il mantello che rende invisibili rimase piegato in fondo al suo baule. Harry sperava di poter dimenticare facilmente quel che aveva visto nello specchio, ma non ci riuscì. Cominciò ad avere incubi notturni. Non faceva che sognare i suoi genitori che scomparivano in un lampo di luce verde, mentre una voce stridula rideva in modo sinistro.
«Visto? Silente aveva ragione: quello specchio può farti diventare pazzo» disse Ron quando Harry gli raccontò i suoi sogni.
Hermione, che era tornata il giorno prima dell’inizio del nuovo trimestre, vedeva le cose in un altro modo. Era divisa fra l’orrore al pensiero di Harry che, invece di starsene a letto, andava in giro per la scuola per tre notti di fila («Se Gazza ti avesse beccato!») e la delusione per il fatto che non aveva neanche scoperto chi fosse Nicolas Flamel.
Avevano quasi abbandonato ogni speranza di trovare Flamel nei libri della biblioteca, sebbene Harry fosse sempre sicuro di aver letto quel nome chissà dove. All’inizio del trimestre, si rimisero a sfogliare libri ogni volta che avevano ricreazione. Harry aveva ancor meno tempo a disposizione degli altri due, perché erano ricominciati gli allenamenti di Quidditch.
Baston faceva lavorare la squadra sempre più duramente. Neanche la pioggia incessante che aveva preso il posto della neve riusciva a smorzare la sua foga. I gemelli Weasley si lamentavano che Baston stava diventando un fanatico, ma Harry stava dalla sua parte. Se avessero vinto il prossimo incontro, stavolta contro il Tassorosso, per la prima volta da sette anni avrebbero superato il Serpeverde nella Coppa del Quidditch. E poi, a parte il desiderio di vincere, Harry aveva notato che, quando andava a letto esausto dopo l’allenamento, aveva meno incubi.
Poi, durante una sessione di allenamento particolarmente funestata dalla pioggia e dal fango, Baston dette una cattiva notizia alla squadra: si era appena arrabbiato moltissimo con i gemelli Weasley, che continuavano a piombarsi addosso in picchiata a vicenda, facendo finta di cadere dalle scope.
«Ma volete piantarla di fare confusione!» strillò. «Questo è precisamente il genere di sciocchezza che ci farà perdere la partita! Stavolta, l’arbitro è Piton, che certo non mancherà di trovare tutte le scuse per togliere punti al Grifondoro!»
A quelle parole, George Weasley cadde per davvero dalla scopa.
«L’arbitro è Piton ?» esclamò con la bocca ancora impastata di fango. «E da quando in qua fa l’arbitro per le partite di Quidditch? Se per caso superiamo il Serpeverde, sarà tutt’altro che imparziale».
Anche il resto della squadra atterrò accanto a George per lamentarsi.
«Non è colpa mia» disse Baston, «dobbiamo semplicemente fare in modo di giocare senza scorrettezze, per non offrire a Piton nessun pretesto per stuzzicarci».
Il che era un’ottima cosa, pensò Harry, ma lui aveva un motivo diverso per desiderare di trovarsi accanto a Piton mentre giocava a Quidditch…
Il resto della squadra rimase indietro per chiacchierare come sempre accadeva al termine dell’allenamento; invece Harry si diresse dritto filato verso la sala di ritrovo di Grifondoro, dove trovò Ron e Hermione che giocavano a scacchi. Gli scacchi erano l’unico gioco in cui a Hermione capitasse mai di perdere, il che, secondo Harry e Ron, ogni tanto le faceva bene.
«Aspetta un attimo prima di parlare» disse Ron quando Harry si sedette accanto a lui, «ho bisogno di concen…» Poi vide l’espressione che si era dipinta sul volto di Harry. «Ma che ti prende? Hai una faccia spaventosa!»
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