Joanne Rowling - Harry Potter e la pietra filosofale

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Harry Potter e la pietra filosofale: краткое содержание, описание и аннотация

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Un orfanello dotato di misteriosi poteri, due zii molto antipatici e… si entra nell’eccitante universo del Meraviglioso!
Un ragazzino con gli occhiali grossi ha conquistato la copertina del Time: si chiama Harry Potter. Nel giorno del suo undicesimo compleanno Harry si rende conto di essere dotato di straordinari poteri magici. E di potersi finalmente vendicare di tutte le angherie subite dagli odiosi zii che l’hanno allevato malvolentieri al posto dei genitori spariti nel nulla. Dovrà però frequentare la scuola di magia e stregoneria di Hogwarts, la migliore d’Inghilterra, in un castello dove è custodita la prodigiosa Pietra Filosofale che può sconfiggere le forze del male…

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«Potremmo andare per la tua uniforme» disse Hagrid accennando con la testa al negozio di Madama McClan: abiti per tutte le occasioni. «Senti, Harry, ti spiacerebbe se facessi un salto al Paiolo magico a bere un cordiale? Detesto quei carrelli della Gringott». Aveva ancora l’aria un po’ sbattuta, e quindi Harry entrò da solo nel negozio di Madama McClan, con un certo nervosismo.

Madama McClan era una strega tarchiata, sorridente e tutta vestita di color malva.

«Hogwarts, caro?» chiese quando Harry cominciò a parlare. «Ho qui tutto l’occorrente… Di là c’è un altro giovanotto che sta provando l’uniforme».

Nel retro del negozio, un ragazzino dal viso pallido e appuntito stava ritto su uno sgabello, mentre un’altra strega gli appuntava con gli spilli l’orlo di una lunga tunica nera. Madama McClan fece salire Harry su un altro sgabello vicino al primo, infilò anche a lui una lunga veste dalla testa e cominciò ad appuntarlo per farla della giusta lunghezza.

«Ciao» disse il ragazzo. «Anche tu a Hogwarts?»

«Sì» rispose Harry.

«Mio padre, nel negozio qui accanto, mi sta comperando i libri, e mia madre sta guardando le bacchette magiche, un po’ più avanti» disse il ragazzo. Aveva una voce annoiata e strascicata. «Dopo li trascinerò via per andare a vedere le scope da corsa. Non capisco proprio perché noi del primo anno non possiamo averne di personali. Penso che costringerò mio padre a comperarmene una e la porterò dentro di straforo, in un modo o nell’altro».

A Harry ricordò molto Dudley.

«E tu ce l’hai, un manico di scopa tuo?» proseguì il ragazzo.

«No» disse Harry.

«Sai giocare a Quidditch?»

«No» rispose di nuovo Harry chiedendosi in cuor suo di che cosa mai stesse parlando.

« Io sì. Papà dice che sarebbe un delitto se non mi scegliessero per far parte della squadra della mia Casa, e devo dire che sono proprio d’accordo. Tu sai già in quale Casa andrai a stare?»

«No» rispose Harry sentendosi sempre più stupido ogni minuto che passava.

«Be’, nessuno lo sa veramente finché non si trova sul posto, non è vero? Ma io so che starò a Serpeverde: tutta la nostra famiglia è stata li. Pensa, ritrovarsi a Tassorosso! Io credo che me ne andrei, e tu?»

«Mmmm…» rispose Harry, rammaricandosi di non riuscire a dire niente di più interessante.

«Ehi! Guarda quello!» disse d’un tratto il ragazzo indicando con un cenno del capo la vetrina principale. Hagrid era lì, ritto in piedi, sorridendo a Harry e indicando due grossi gelati per fargli capire che non poteva entrare.

«Quello è Hagrid» disse Harry tutto contento di sapere qualcosa che il ragazzo ignorava. «Lavora a Hogwarts».

«Oh» disse il ragazzo, «l’ho sentito nominare. È una specie di inserviente, vero?»

«È il guardiacaccia!» ribatté Harry. Ogni attimo che passava, quel ragazzino gli stava sempre meno simpatico.

«Si, proprio così, ho sentito dire che è una specie di selvaggio… vive in una capanna nel comprensorio della scuola. Ogni tanto si ubriaca, cerca di fare delle magie e finisce con l’appiccare il fuoco al suo letto».

«Secondo me è geniale» commentò Harry in tono gelido.

«Davvero?» disse il ragazzo con un lieve sogghigno. «Ma perché sei con lui? Dove sono i tuoi genitori?»

«Sono morti» tagliò corto Harry. Non si sentiva molto in vena di approfondire l’argomento con quel ragazzo.

«Oh, scusa» disse l’altro, senza mostrare il minimo rincrescimento. «Ma erano come noi

«Erano una strega e un mago, se è questo che intendi».

«Io non penso che dovrebbero permettere agli ‘altri’ di frequentare, non trovi? Loro non sono come noi, non sono capaci di fare quello che facciamo noi. Pensa che alcuni, quando hanno ricevuto la lettera, non avevano mai neanche sentito parlare di Hogwarts. Secondo me, dovrebbero limitare la frequenza alle più antiche famiglie di stregoni. A proposito, tu come ti chiami di cognome?»

Ma prima che Harry avesse il tempo di rispondere, Madama McClan disse: «Ecco fatto, mio caro». E Harry, tutt’altro che spiacente d’avere una scusa per interrompere la conversazione con il ragazzo, saltò giù dallo sgabello.

«Bene, penso che ci rivedremo a Hogwarts» si congedò il ragazzo, sempre con la stessa parlata lenta e strascicata.

Harry gustò in silenzio il gelato che Hagrid gli aveva comperato (cioccolato e lamponi con granella di noccioline).

«Che cosa c’è?» chiese Hagrid.

«Niente» mentì Harry. Si fermarono per acquistare pergamena e penne d’oca. Harry divenne di un umore un po’ più allegro quando trovò una bottiglia d’inchiostro che, scrivendo, cambiava colore. Una volta fuori dal negozio chiese: «Hagrid, che cos’è il Quidditch?»

«Per tutti i gargoyle, Harry. Continuo a dimenticare quanto poco sai… Certo che… non conoscere il Quidditch!»

«Non farmi sentire ancora più a disagio» lo pregò Harry. E raccontò a Hagrid del ragazzino pallido che aveva incontrato nel negozio di Madama McClan.

«E ha detto che ai ragazzi cresciuti in famiglie di Babbani non dovrebbe essere permesso di frequentare».

«Ma tu non vieni da una famiglia di Babbani. Se sapevano chi sei… Conosce il tuo nome da quando è nato, se i suoi genitori sono gente che pratica la stregoneria… li hai visti al Paiolo magico. In ogni caso, ha un bel dire il ragazzo, alcuni tra i migliori erano gli unici dotati di poteri magici in una lunga stirpe di Babbani… Prendiamo il caso di tua madre! Guarda che razza di sorella aveva!»

«Allora, che cos’è il Quidditch?»

«È il nostro sport. Lo sport dei maghi. È come… come il calcio nel mondo dei Babbani: tutti seguono il Quidditch. Si gioca in aria, cavalcando manici di scopa, e con quattro palle… È difficile spiegare le regole».

«E che cosa sono Serpeverde e Tassorosso?»

«Sono Case. A Hogwarts ce ne sono quattro. Tutti dicono che quelli di Tassorosso sono un branco di mollaccioni, ma…»

«Scommetto che io finisco a Tassorosso» disse Harry tristemente.

«Meglio Tassorosso che Serpeverde» disse Hagrid cupo. «Tutti i maghi e le streghe che hanno fatto una brutta fine sono stati a Serpeverde. Tu-Sai-Chi era uno di loro».

«Vol… oh, scusa… Tu-Sai-Chi è stato a Hogwarts?»

«Tanti anni fa» disse Hagrid.

Comperarono i libri di testo per Harry in un negozio chiamato Il ghirigoro dove gli scaffali erano stipati fino al soffitto di libri grossi come lastroni di pietra e rilegati in pelle; libri delle dimensioni di un francobollo, foderati in seta; libri pieni di simboli strani e alcuni con le pagine bianche. Anche Dudley, che non leggeva mai niente, avrebbe fatto pazzie per metterci le mani sopra. Hagrid dovette quasi trascinare via Harry da Maledizioni e Contromaledizioni (Stregate gli amici e confondete ì nemici con l’ultimo grido delle vendette: caduta dei capelli, gambe di ricotta, lingua legata e molte altre ancora) del professor Vindictus Viridian.

«Stavo cercando di scoprire come fare un sortilegio a Dudley».

«Non dico che non è una buona idea, ma nel mondo dei Babbani non devi usare la magia che in circostanze speciali» disse Hagrid. «E in tutti i modi, ancora non puoi riuscire a vendicarti in nessuna maniera: devi studiare molto di più per arrivare a quel punto».

Hagrid non permise a Harry neanche di comperare un calderone d’oro massiccio («Nella lista c’è scritto ‘peltro’»), ma acquistarono una graziosa bilancia per pesare gli ingredienti delle pozioni, e un telescopio pieghevole in ottone. Poi andarono in farmacia, luogo talmente interessante da ripagare del pessimo odore che vi regnava, un misto di uova fradice e cavoli marci. Per terra c’erano barili di roba viscida; vasi di erbe officinali, radici secche e polveri dai colori brillanti erano allineati lungo le pareti; fasci di piume, di zanne e artigli aggrovigliati pendevano dal soffitto. Mentre Hagrid chiedeva all’uomo dietro il bancone una provvista di alcuni ingredienti fondamentali per preparare pozioni, Harry esaminava alcuni corni di unicorno in argento, che costavano ventuno galeoni ciascuno, e minuscoli occhi di coleottero di un nero lucente (a cinque zellini la manciata).

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