Joanne Rowling - Harry Potter e la pietra filosofale

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Harry Potter e la pietra filosofale: краткое содержание, описание и аннотация

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Un orfanello dotato di misteriosi poteri, due zii molto antipatici e… si entra nell’eccitante universo del Meraviglioso!
Un ragazzino con gli occhiali grossi ha conquistato la copertina del Time: si chiama Harry Potter. Nel giorno del suo undicesimo compleanno Harry si rende conto di essere dotato di straordinari poteri magici. E di potersi finalmente vendicare di tutte le angherie subite dagli odiosi zii che l’hanno allevato malvolentieri al posto dei genitori spariti nel nulla. Dovrà però frequentare la scuola di magia e stregoneria di Hogwarts, la migliore d’Inghilterra, in un castello dove è custodita la prodigiosa Pietra Filosofale che può sconfiggere le forze del male…

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«Ecco la Gringott» disse Hagrid a un certo punto.

Erano giunti a un edificio bianco come la neve che svettava sopra le piccole botteghe. Ritto in piedi, dietro un portale di bronzo brunito, con indosso un’uniforme scarlatta e oro, c’era…

«Proprio così, quello è un folletto» disse Hagrid tutto tranquillo, mentre salivano gli scalini di candida pietra diretti verso di lui. Il folletto era più basso di Harry di quasi tutta la testa. Aveva un viso dal colorito scuro e dall’aria intelligente, una barba a punta e, come Harry poté notare, dita e piedi molto lunghi. Si inchinò al loro passaggio. Ora si trovavano di fronte una seconda porta, questa volta d’argento, su cui erano incise le seguenti parole:

Straniero, entra, ma tieni in gran conto
Quel che ti aspetta se sarai ingordo
Perché chi prende ma non guadagna
Pagherà cara la magagna
Quindi se cerchi nel sotterraneo
Un tesoro che ti è estraneo
Ladro avvisato mezzo salvato:
Più del tesoro non va cercato.

«Come ho detto, bisognerebbe davvero essere matti a cercare di rapinare questa banca» disse Hagrid.

Quando attraversarono la porta d’argento, una coppia di folletti si inchinò davanti a loro e li introdusse in un grande salone marmoreo. Un centinaio di altri folletti seduti su alti scranni dietro un lungo bancone scribacchiavano su grandi libri mastri, pesavano le monete su bilance di bronzo, ed esaminavano pietre preziose con la lente. Le porte erano troppo numerose per poterle contare, e altri folletti erano occupati ad aprirle e richiuderle per fare entrare e uscire le persone. Hagrid e Harry si avvicinarono al bancone.

«Salve» disse Hagrid a un folletto che in quel momento era libero. «Siamo venuti a prendere un po’ di soldi dalla cassaforte del signor Harry Potter».

«Avete la chiave, signore?»

«Devo averla da qualche parte» fece Hagrid, cominciando a svuotare le tasche sul banco, e sparpagliando sul libro contabile del folletto una manciata di biscotti ammuffiti per cani. Il folletto storse il naso. Harry, intanto, osservava un altro folletto alla loro destra pesare un mucchio di rubini grossi come tizzoni accesi.

«Eccola qui» disse finalmente Hagrid che aveva in mano una piccola chiave d’oro.

Il folletto la osservò da vicino.

«Sembra che vada bene».

«E qui ho anche una lettera del professor Silente» disse Hagrid col petto in fuori, ostentando un’aria d’importanza. «Riguarda il Lei-Sa-Cosa della camera blindata settecentotredici».

Il folletto lesse attentamente la lettera.

«Molto bene» disse restituendola a Hagrid, «qualcuno vi accompagnerà in entrambe le camere blindate. Unci-unci!» chiamò.

Arrivò un folletto diverso. Hagrid ripose tutti i biscotti per cani nelle tasche del suo pastrano, e insieme a Harry seguì Unci-unci verso una delle porte di uscita della sala.

«Che cos’è il Lei-Sa-Cosa della camera blindata settecentotredici?» chiese Harry.

«Questo non te lo posso dire» rispose Hagrid con fare misterioso. «È una cosa segretissima. Faccende di Hogwarts. Silente mi ha dato fiducia. Non è nei miei compiti dirtelo».

Unci-unci tenne la porta aperta per farli passare. Harry, che si era aspettato di vedere altro marmo, restò sorpreso. Si trovarono in uno stretto passaggio di pietra, illuminato da torce. Scendeva ripido e scosceso e per terra correvano i binari di una piccola ferrovia. Unci-unci fischiò e un piccolo carrello arrivò sferragliando verso di loro. Salirono a bordo — Hagrid con una certa difficoltà — e partirono.

Da principio percorsero un dedalo di passaggi tortuosi. Harry cercava di tenere a mente: sinistra, destra, sinistra, bivio di mezzo, destra, sinistra, ma era impossibile. Il carrello sferragliante sembrava conoscere da solo la strada, perché Unci-unci non manovrava.

A Harry bruciavano gli occhi per via dell’aria fredda che gli sferzava la faccia, ma li tenne bene aperti. A un certo punto, pensò di aver visto una fiammata in fondo a un passaggio e si girò per vedere se era un drago, ma troppo tardi: scesero ancora più giù, superando un lago sotterraneo dove, dal soffitto e dal pavimento, spuntavano enormi stalattiti e stalagmiti.

«Non mi ricordo mai… che differenza c’è fra stalagmiti e stalattiti?» gridò Harry a Hagrid, cercando di sovrastare con la voce il frastuono del carrello.

«Le stalagmiti hanno la ‘m’» disse Hagrid. «E non mi fare domande in questo momento. Credo che sto per sentirmi male».

Infatti aveva un colorito verde, e quando scese, dopo che il carrello si fu finalmente fermato accanto a una porticina sul muro di comunicazione, dovette appoggiarsi alla parete per farsi passare la tremarella alle gambe.

Unci-unci fece scattare la serratura della porta. Ne fuoruscì una nube di fumo verde e, quando si fu dissipata, Harry rimase senza fiato. Dentro, c’erano montagne di monete d’oro. Cumuli d’argento. Mucchi di piccoli zellini di bronzo.

«Tutto tuo» disse Hagrid con un sorriso.

Tutto suo? Era incredibile. I Dursley non dovevano saperne niente, altrimenti lo avrebbero immediatamente costretto a dare tutto a loro. Quante volte si erano lamentati di quel che gli costava mantenerlo? E pensare che sepolta nelle viscere di Londra c’era da sempre una piccola fortuna che gli apparteneva.

Hagrid aiutò Harry a raccogliere un po’ di quel bendidio in una borsa.

«Quelli d’oro sono galeoni» spiegò. «Diciassette falci d’argento fanno un galeone e ventinove zellini fanno un falci: facilissimo no? Bene, questo dovrebbe bastare per un paio di trimestri. Il resto te lo terremo da conto». Si rivolse a Unci-unci: «E ora, alla camera blindata settecentotredici, per favore, che… si potrebbe andare un po’ più piano?»

«Ha una marcia sola» rispose Unci-unci.

Stavolta scesero ancora più giù, guadagnando velocità. A ognuna delle strettissime curve, l’aria si faceva più fredda. Oltrepassarono un burrone sotterraneo e Harry si sporse fuori per cercare di vedere quel che c’era nel fondo, immerso nell’oscurità, ma Hagrid, con un ruggito, lo tirò dentro afferrandolo per la collottola.

La camera blindata settecentotredici non aveva serratura.

«State indietro» disse Unci-unci, dandosi un’aria d’importanza. Colpi leggermente la porta con un dito lunghissimo e quella, semplicemente, scomparve.

«Se chiunque non sia un folletto della Gringott provasse a farlo, verrebbe risucchiato attraverso la porta e rimarrebbe prigioniero dentro» disse Unci-unci.

«Ogni quanto tempo controllate se dentro c’è qualcuno?» chiese Harry.

«Circa ogni dieci anni» rispose Unci-unci con un sorriso che pareva un ghigno.

Dentro quella camera blindata di massima sicurezza doveva esserci qualche cosa di veramente straordinario, Harry ne era certo; così, si sporse in avanti pieno di curiosità, aspettandosi di vedere come minimo gioielli favolosi, ma in un primo momento pensò che fosse vuota. Poi notò, sul pavimento, un fagotto tutto sporco, avvolto in carta da pacchi. Hagrid lo raccolse e lo ripose accuratamente nel suo pastrano. Harry non vedeva l’ora di sapere che cosa fosse, ma sentiva che era meglio non chiedere.

«Andiamo, su, risaliamo su quel dannato carrello, e non rivolgermi la parola finché non siamo arrivati: va meglio se tengo la bocca chiusa» disse Hagrid.

Dopo la pazza corsa di ritorno, rimasero un poco a sbattere le palpebre, accecati dalla luce del sole. Anche se ora aveva una borsa piena zeppa di soldi, Harry non sapeva da dove iniziare a fare i suoi acquisti. Non aveva bisogno di sapere quanti galeoni entravano in una sterlina per capire che disponeva di più denaro di quanto non ne avesse mai avuto in vita sua: più di quanto non ne avesse mai avuto lo stesso Dudley.

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