Joanne Rowling - Harry Potter e la camera dei segreti

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Harry Potter e la camera dei segreti: краткое содержание, описание и аннотация

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Continuano le avventure dell’apprendista stregone più famoso del mondo. Lo avevamo lasciato alla bizzarra Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, dove aveva sconfitto il terribile Lord Voldemort. Lo ritroviamo ora alle prese con alcuni insegnanti come il severissimo professor Piton o come il vanesio professor Allock. Ma, soprattutto, alle prese con una serie di strani episodi che cominciano a capitare nella scuola. Molti studenti cadono vittime di un incantesimo che li trasforma in pietra: la causa sembra essere una terrificante creatura che si nasconde nella misteriosa Camera dei Segreti…

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«Basta così, Macmillan!» intimò secca la McGranitt.

Ora Pix svolazzava per aria, con un sorriso maligno, osservando la scena: a Pix era sempre piaciuta la confusione. Quando gli insegnanti si chinarono su Justin e su Nick-Quasi-Senza-Testa per esaminarli intonò la canzoncina:

È Potter canaglia che infuria e si scaglia
Che uccide studenti e ride tra i denti…

«Smettila, Pix!» tuonò la McGranitt, e lui piroettò facendo una linguaccia a Harry.

Justin fu portato in infermeria, ma per Nick-Quasi-Senza-Testa sembrava che nessuno sapesse cosa fare. Alla fine la McGranitt fece apparire dall’aria un grosso ventaglio, che consegnò a Ernie con l’incarico di sventolare Nick-Quasi-Senza-Testa e di sospingerlo su per le scale. E così fece Ernie, sventolando Nick lungo il tragitto, come un nuvolone nero. A quel punto, Harry e la professoressa McGranitt rimasero soli.

«Da questa parte, Potter» fece lei.

«Professoressa» disse subito Harry, «io le giuro che non…»

«Non è una questione di mia competenza, Potter» tagliò corto la McGranitt.

Camminarono in silenzio, girarono un angolo e si fermarono davanti a un orribile e immenso mascherone di pietra.

« Sorbetto al limone! » disse lei. Evidentemente era una parola d’ordine, perché tutt’a un tratto il mascherone prese vita e fece un balzo di lato, mentre la parete si apriva. Quantunque molto spaventato per quel che sarebbe successo, Harry non riuscì a trattenere lo stupore. Dietro la parete c’era una scala a chiocciola che si muoveva dolcemente verso l’alto, come una scala mobile. Vi sali insieme alla McGranitt e a quel punto udì il tonfo della parete che si richiudeva alle loro spalle. Salirono a spirale, su su, sempre più in alto, fino a che Harry, leggermente stordito, vide davanti a sé una porta di quercia lucente con un batacchio di rame a forma di grifone.

Seppe allora dove si trovava. Quello doveva essere il luogo in cui viveva Silente.

Capitolo 12

La Pozione Polisucco

Una volta giunti in cima scesero dalla scala mobile di pietra. La professoressa McGranitt bussò alla porta, che si aprì senza fare rumore. Entrarono. Poi la McGranitt disse a Harry di attendere e lo lasciò da solo.

Il ragazzo si guardò intorno. Una cosa era certa: di tutte le stanze degli insegnanti che gli era capitato di vedere fino a quel momento, lo studio di Silente era senza dubbio il più interessante. Non fosse stato per la paura matta di essere espulso dalla scuola sarebbe stato entusiasta di dare un’occhiata a quel luogo. Era una stanza circolare, grande e bella, piena di rumorini strani. Su alcuni tavoli dalle gambe lunghe e sottili, avvolti in nuvolette di fumo, erano posati molti curiosi strumenti d’argento. Le pareti erano ricoperte di ritratti di vecchi e vecchie presidi, garbatamente appisolati nelle loro cornici. C’era anche un’enorme scrivania con le zampe ad artiglio, e dietro, su uno scaffale, era poggiato un cappello da mago, frusto e stracciato… il Cappello Parlante.

Il ragazzo esitò. Gettò un’occhiata circospetta ai maghi e alle streghe addormentati tutt’intorno, sulle pareti. In fondo, che male c’era se prendeva il cappello e se lo metteva in testa un’altra volta? Solo per vedere… solo per accertarsi che lo avesse effettivamente assegnato al dormitorio giusto.

Piano, senza far rumore, passò dietro alla scrivania, prese il cappello dallo scaffale e cautamente se lo mise in testa. Il cappello era troppo largo e gli scivolò fin sopra gli occhi, come era già accaduto quando lo aveva indossato la prima volta. Harry rimase lì in attesa, fissando la fodera nera. Poi una vocina gli disse: «Pulce nell’orecchio, eh, Harry Potter?»

«Ehm, sì» mormorò lui. «Ehm… mi spiace disturbare… volevo chiedere…»

«Ti chiedi se ti ho messo nel posto giusto» disse il cappello con grande perspicacia. «Sì, devo ammetterlo… è stata una decisione particolarmente difficile. Ma rimango del mio parere» il cuore di Harry gli balzò in petto, «saresti stato benissimo tra i Serpeverde».

Il ragazzo si sentì mancare il respiro. Afferrò il cappello per la punta e se lo tolse. Quello gli si afflosciò tra le mani, sudicio e consunto. Lo rimise sullo scaffale; aveva la nausea.

«Guarda che ti sbagli» disse ad alta voce rivolto al cappello che ora, immobile e silenzioso, giaceva sullo scaffale. Ma quello non si mosse. Harry arretrò di qualche passo, tenendolo d’occhio. Poi un suono gutturale alle sue spalle lo costrinse a voltarsi.

Allora non era solo! Su un trespolo d’oro, dietro alla porta, stava appollaiato un uccello dall’aria decrepita, che assomigliava terribilmente a un tacchino spennacchiato. Harry lo fissò e quello gli restituì un’occhiata minacciosa, continuando a fare il suo verso gutturale. Harry pensò che aveva un’aria molto malandata. Il suo sguardo era opaco, e mentre Harry lo fissava gli caddero un paio di penne dalla coda.

‘Ci manca solo che l’uccello preferito di Silente decida di andare al creatore proprio mentre sono qui con lui, da solo’ pensò il ragazzo. E in quel preciso istante l’uccello prese fuoco.

Fuori di sé, Harry lanciò un grido e indietreggiò verso la scrivania. Si guardò febbrilmente intorno, nel caso da qualche parte ci fosse un bicchier d’acqua, ma non ne vide. Intanto l’uccello, che era diventato una palla di fuoco, emise un grido stridulo e un attimo dopo era scomparso, lasciando sul pavimento soltanto un mucchietto di ceneri fumanti.

La porta dell’ufficio si apri. Entrò Silente. Aveva un’aria torva.

«Professore» ansimò Harry, «il suo uccello… non ho potuto fare niente… ha semplicemente preso fuoco…»

Con suo grande stupore, Silente sorrise.

«Era pure ora!» disse. «Erano giorni che aveva un’aria terrificante. Gliel’ho detto tante volte che doveva decidersi».

Ridacchiò di fronte all’aria attonita di Harry.

«Vedi, Harry, Fanny è una Fenice. E le Fenici, quando è arrivato il momento di morire, prendono fuoco e poi rinascono dalle loro stesse ceneri. Sta’ a vedere…»

Harry abbassò gli occhi appena in tempo per vedere un uccellino grinzoso, appena nato, far capolino fra la cenere. Era brutto quasi quanto quello vecchio.

«Peccato che tu l’abbia vista soltanto oggi, il Giorno del Falò» proseguì Silente sedendosi dietro alla scrivania. «Per la maggior parte della sua vita è un animale veramente bello, con uno splendido piumaggio rosso e oro. Creature affascinanti, le fenici. Riescono a trasportare carichi pesantissimi, le loro lacrime hanno poteri curativi e, come animali domestici, sono fedelissimi » .

Lo shock dell’uccello arrosto aveva fatto dimenticare a Harry il motivo per cui si trovava lì, ma gli tornò in mente quando Silente si fu seduto sullo scranno, dietro la scrivania, fissandolo con i suoi penetranti occhi azzurri.

Ma prima che il Preside avesse il tempo di aprire bocca, la porta dell’ufficio si spalancò con un colpo violento e Hagrid irruppe nella stanza. Aveva lo sguardo stravolto, il passamontagna sulle ventitré, capelli arruffati e il galletto morto tra le mani.

«Non è stato Harry, professor Silente!» proruppe. «Ci ho parlato un attimo prima che l’altro ragazzino… cioè… non poteva avere il tempo, signore…»

Silente tentò di dire qualcosa, ma Hagrid continuava a sbraitare agitato, scuotendo il galletto e spargendo piume dappertutto.

«…non può essere stato lui, glielo giuro davanti al Ministro della Magia, se serve…»

«Hagrid, io…»

«…ha preso quello sbagliato, signore, Harry lo conosco, io, e non è capace di…»

« Hagrid! » disse Silente alzando la voce. «Io non penso che Harry abbia aggredito quelle persone».

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