Joanne Rowling - Harry Potter e la camera dei segreti

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Harry Potter e la camera dei segreti: краткое содержание, описание и аннотация

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Continuano le avventure dell’apprendista stregone più famoso del mondo. Lo avevamo lasciato alla bizzarra Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, dove aveva sconfitto il terribile Lord Voldemort. Lo ritroviamo ora alle prese con alcuni insegnanti come il severissimo professor Piton o come il vanesio professor Allock. Ma, soprattutto, alle prese con una serie di strani episodi che cominciano a capitare nella scuola. Molti studenti cadono vittime di un incantesimo che li trasforma in pietra: la causa sembra essere una terrificante creatura che si nasconde nella misteriosa Camera dei Segreti…

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Era Colin Canon. Aveva gli occhi spalancati e le mani, ancora sollevate, reggevano la macchina fotografica.

«Pietrificato?» chiese in un sussurro Madama Chips.

«Proprio così» rispose la McGranitt. «Ma mi vengono i brividi al pensiero… Se Albus non fosse sceso di sotto per prendere una cioccolata calda chissà che cosa avrebbe potuto…»

Tutti e tre rimasero a fissare Colin. Poi Silente si chinò e liberò la macchina fotografica dalla rigida stretta del ragazzo.

«Pensate che sia riuscito a scattare una foto del suo aggressore?» chiese ansiosamente la professoressa McGranitt.

Silente non rispose. Fece saltare il coperchio sul retro della macchina.

«Per tutti i gargoyle!» esclamò Madama Chips.

Uno sbuffo di vapore uscì con un sibilo dalla macchina fotografica. Harry, a tre letti di distanza, percepì l’odore acre della plastica bruciata.

«Fuso» disse Madama Chips sorpresa, «tutto fuso…»

«Che cosa significa questo, Albus?» incalzò la McGranitt.

«Significa» le rispose Silente, «che la Camera dei Segreti è stata davvero di nuovo aperta».

Madama Chips si mise una mano sulla bocca. La professoressa McGranitt fissò Silente.

«Ma… Albus… insomma… chi

«La questione non è chi » disse Silente con gli occhi posati su Colin. «La questione è come… »

E, a quel che Harry poté vedere del viso in ombra della McGranitt, lei non aveva capito più di quanto avesse capito lui.

Capitolo 11

Il Club dei Duellanti

Quel sabato mattina Harry si svegliò alla luce del sole invernale che inondava la stanza e con il braccio riossificato, anche se ancora molto rigido. Si mise a sedere e sbirciò il letto di Colin, che però era stato escluso alla vista dalle lunghe tende dietro cui Harry si era cambiato il giorno prima. Vedendolo sveglio, Madama Chips si avvicinò sollecita con il vassoio della colazione e poi cominciò a piegargli il braccio e a stirargli le dita.

«Tutto a posto» disse mentre lui cercava a fatica di cacciarsi in bocca il porridge con la mano sinistra. «Quando hai finito di mangiare puoi andartene».

Harry si vestì più in fretta che poté e si avviò di gran carriera verso la torre dei Grifondoro, ansioso di raccontare a Ron e a Hermione di Colin e di Dobby. Ma non li trovò. Partì alla loro ricerca, chiedendosi dove si fossero cacciati e sentendosi un po’ offeso dal loro disinteresse per la sorte del suo braccio.

Mentre passava davanti alla biblioteca ne uscì Percy Weasley, che pareva di umore assai migliore dell’ultima volta che si erano incontrati.

«Salve, Harry» lo salutò. «Ottimo volo, ieri, veramente superbo. Il Grifondoro è già in testa alla classifica per la Coppa delle Case… hai vinto cinquanta punti!»

«Hai visto per caso Ron e Hermione?» chiese Harry.

«No» rispose Percy, e il sorriso gli si spense. «Spero che Ron non si sia infilato un’altra volta nel bagno delle femmine…»

Harry si costrinse a ridere, aspettò che Percy fosse andato via e poi si diresse difilato al bagno di Mirtilla Malcontenta. Non riusciva a capire perché Ron e Hermione avrebbero dovuto essere di nuovo lì, ma dopo essersi assicurato che né Gazza né qualche Prefetto fossero nei paraggi aprì la porta e udì le loro voci provenire da un gabinetto chiuso a chiave.

«Sono io» disse chiudendosi la porta alle spalle. Da dentro il gabinetto si udì qualcosa cadere rumorosamente dentro l’acqua e un respiro soffocato; poi Harry vide l’occhio di Hermione sbirciare attraverso il buco della serratura.

« Harry! » esclamò. «Ci hai fatto prendere un colpo! Entra… come va il braccio?»

«Bene» disse lui trattenendo il respiro per riuscire a infilarsi nel gabinetto. Sul water era stato sistemato un vecchio calderone e da uno scoppiettio proveniente da sotto Harry capì che era stato acceso un fuoco. Accendere fuochi portatili a prova d’acqua era una delle specialità di Hermione.

«Dovevamo venire a trovarti, ma abbiamo deciso di cominciare a preparare la Pozione Polisucco» spiegò Ron mentre Harry richiudeva a chiave il gabinetto con una certa difficoltà. «Abbiamo deciso che questo è il posto più sicuro dove nasconderla».

Harry cominciò a raccontare di Colin, ma Hermione lo interruppe: «Lo sappiamo già; questa mattina abbiamo sentito la McGranitt che lo diceva a Vitious. Per questo abbiamo deciso che era meglio iniziare…»

«Prima otteniamo una confessione da Malfoy, meglio è» disse Ron con tono aggressivo. «Sapete cosa penso? Che era talmente fuori di sé dopo la partita a Quidditch che se l’è presa con Colin».

«Ma c’è dell’altro» disse Harry guardando Hermione sminuzzare alcune foglie di Erba fondente e gettarle nella pozione. «Dobby è venuto a trovarmi nel bel mezzo della notte».

Ron e Hermione alzarono gli occhi, stupiti. Harry raccontò tutto quel che gli aveva detto — o che non gli aveva detto — Dobby. 1 due ragazzi ascoltarono a bocca aperta.

«La Camera dei Segreti è stata già aperta un’altra volta?» chiese Hermione.

«Questo spiega tutto» disse Ron con voce trionfante. «Lucius Malfoy deve aver aperto la Camera quando studiava qui e ora ha spiegato al caro Draco come si fa. E evidente. Peccato che Dobby non ti abbia detto di che tipo di mostro si tratta. Mi chiedo come sia possibile che nessuno l’abbia mai incontrato in giro per la scuola».

«Forse può rendersi invisibile» disse Hermione spingendo le sanguisughe verso il fondo del calderone. «O forse si camuffa… fa finta di essere un’armatura o cose del genere. Ho letto qualcosa sui Fantasmi Camaleonti…»

«Tu leggi troppo, Hermione» disse Ron versando le Crisope morte sopra le sanguisughe. Appallottolò il sacchetto che le aveva contenute e si voltò a guardare Harry.

«E così è stato Dobby a impedirci di salire sul treno e a romperti il braccio…» Scosse il capo. «Sai una cosa, Harry? Se non la smette di cercare di salvarti la pelle finisce che ti ammazza».

Il lunedì mattina la notizia che Colin Canon era stato aggredito e che ora giaceva come morto in infermeria era ormai di dominio pubblico. L’aria si fece subito greve di voci e di sospetti. Ora gli studenti del primo anno si spostavano per il castello a ranghi serrati, temendo di venire aggrediti se si fossero avventurati da soli.

Ginny Weasley, compagna di banco di Colin alla lezione di Incantesimi, aveva l’aria disperata, e Harry riteneva che Fred e George avessero scelto il modo sbagliato per farla ridere: a turno, si coprivano di pelo o di bolle e poi sbucavano all’improvviso di fronte a lei da dietro le statue. Smisero soltanto quanto Percy, inferocito, li minacciò di scrivere alla madre che Ginny soffriva di incubi notturni.

Nel frattempo, all’insaputa dei professori, fra gli studenti prendeva piede un fiorente commercio di talismani, amuleti e altre protezioni. Neville Paciock acquistò una grossa cipolla verde e maleodorante, un cristallo appuntito color viola e una coda di tritone putrefatta prima che i suoi compagni del Grifondoro gli spiegassero che lui non correva pericolo: essendo un purosangue, era assai improbabile che venisse aggredito.

«Ma il primo che hanno attaccato è stato Gazza» disse Neville col terrore dipinto sul faccione rotondo, «e tutti sanno che io sono praticamente un Magonò».

La seconda settimana di dicembre la McGranitt fece il solito giro per annotare i nomi di quelli che sarebbero rimasti a scuola per Natale. Harry, Ron e Hermione firmarono la lista; avevano sentito dire, infatti, che Malfoy sarebbe rimasto, il che parve un fatto molto sospetto. Le vacanze sarebbero state il momento ideale per servirsi della Pozione Polisucco e cercare di ottenere da lui una confessione.

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