Nel giro di cinque minuti la classe era sprofondata di nuovo nel torpore di sempre.
«L’ho sempre saputo che Salazar Serpeverde era un vecchio pazzo strampalato» disse Ron a Harry e a Hermione mentre, finita la lezione, si facevano largo nell’affollato corridoio per andare a posare le cartelle prima di pranzo. «Ma non sapevo che fosse stato lui a inventare questa storia dei purosangue. Non vorrei essere nella sua Casa per tutto l’oro del mondo. Sinceramente, se il Cappello Parlante avesse cercato di mettermi tra i Serpeverde avrei ripreso di filato il treno per tornarmene a casa…»
Hermione annuiva calorosamente, ma Harry taceva. Gli si era chiuso lo stomaco, ed era una sensazione decisamente sgradevole.
Harry non aveva mai raccontato a Ron e a Hermione che il Cappello Parlante aveva preso in seria considerazione la possibilità di mandare lui dai Serpeverde. Ricordava come fosse stato ieri quel che gli aveva detto all’orecchio la vocina, un anno prima, quando si era messo il cappello in testa: Potresti diventare grande, sai: qui, nella tua testa, c’è di tutto, e Serpeverde ti aiuterebbe sulla via della grandezza, su questo non c’è dubbio…
Ma Harry, che aveva già sentito dire che la Casa di Serpeverde aveva fama di aver formato molti maghi oscuri, aveva pensato disperatamente: Non a Serpeverde, non a Serpeverde! Allora il cappello aveva detto: Be’, se sei proprio così sicuro… meglio Grifondoro!
Mentre venivano spintonati tra la folla, gli passò accanto Colin Canon.
«Ciao, Harry!»
«Ehilà, Colin!» gli rispose meccanicamente Harry.
«Harry… Harry… un ragazzo in classe mia ha detto che tu sei…»
Ma Colin era così basso di statura che non riusciva a contrastare il flusso di persone che lo sospingevano verso la Sala Grande; non avevano fatto in tempo a sentirlo strillare: «Ci vediamo, Harry!» che era già scomparso.
«Cos’è che direbbe di te il suo compagno di classe?» chiese Hermione.
«Che sono l’erede di Serpeverde, immagino» rispose Harry con lo stomaco che gli si era chiuso ancora di più al ricordo improvviso di come era scappato Justin Finch-Fletchley quando lo aveva incontrato.
«La gente qui riesce a credere a qualsiasi cosa» disse Ron con aria disgustata.
La folla si diradò e i tre risalirono senza difficoltà la successiva rampa di scale.
«Pensi veramente che esista una Camera dei Segreti?» chiese Ron a Hermione.
«Non lo so» rispose lei aggrottando la fronte. «Silente non è riuscito a curare Mrs Purr, e questo mi fa pensare che qualsiasi cosa abbia colpito la gatta non è… ehm… umana».
Chiacchierando, i tre ragazzi girarono un angolo e si trovarono proprio all’estremità del corridoio dove era avvenuto il fattaccio. Si fermarono a guardare. La scena era esattamente come l’avevano vista la sera prima, tranne che ora al braccio della torcia non c’era appeso nessun gatto rigido e stecchito come un baccalà, mentre invece, contro la parete c’era una sedia con su appoggiato il seguente messaggio: ‘La Camera è stata aperta’.
«È qui che Gazza monta la guardia» bofonchiò Ron.
Si scambiarono un’occhiata. Il corridoio era deserto.
«Non c’è niente di male a dare un’occhiatina in giro» disse Harry liberandosi della cartella e mettendosi a quattro zampe per cercare indizi.
«Segni di bruciature!» disse. «Qui… e qui…»
«Vieni a vedere!» esclamò Hermione. «È strano…»
Harry si rialzò in piedi e si avvicinò alla finestra, accanto al messaggio scritto sulla parete. Hermione indicava il pannello di vetro in alto, dove una ventina di ragni si davano alla fuga azzuffandosi per passare attraverso una piccola fenditura. Un lungo filo argenteo pendeva a mo’ di fune, come se tutti, nella fretta di andarsene, se ne fossero serviti per arrampicarsi.
«Hai mai visto dei ragni comportarsi in questo modo?» chiese Hermione pensierosa.
«No» disse Harry. «E tu, Ron? Ron?»
Si voltò a guardare. Ron si teneva scrupolosamente in disparte e sembrava si trattenesse a stento dal correre via.
«Cosa c’è?» gli chiese Harry.
«Non… mi… piacciono… i ragni» rispose nervoso.
«Non lo sapevo» disse Hermione guardandolo sorpresa. «Hai maneggiato ragni migliaia di volte, nelle pozioni…»
«Se sono morti è un altro conto» rispose Ron guardando ovunque tranne che verso la finestra. «Non mi piace come si muovono…»
Hermione rise.
«Non c’è niente da ridere» disse Ron arrabbiato. «Se proprio volete saperlo, quando avevo tre anni Fred ha trasformato il mio… il mio orsacchiotto in un orrendo ragno grossissimo, perché io gli avevo rotto il suo manico di scopa. Neanche a voi piacerebbero, se quando tenevate in braccio il vostro orsacchiotto tutt’a un tratto gli fossero spuntate zampe da tutte le parti e…»
Si interruppe e rabbrividì. Naturalmente Hermione stava ancora facendo di tutto per non ridere. Harry si rese conto che era meglio cambiare argomento e disse: «Vi ricordate tutta quell’acqua per terra? Da dove sarà venuta? Qualcuno l’ha asciugata».
«Era pressappoco qui» disse Ron che si era ripreso ed era riuscito a fare qualche passo oltre la sedia di Gazza, indicando un punto, «all’altezza di questa porta».
Allungò la mano sulla maniglia d’ottone, ma la ritrasse di colpo come se si fosse ustionato.
«Cosa c’è?» chiese Harry.
«Non si può entrare» disse Ron abbassando la voce. «È la toilette delle ragazze».
«Oh, Ron, di sicuro non c’è nessuno» disse Hermione avvicinandosi. «Questo è il regno di Mirtilla Malcontenta. Vieni, su, andiamo a dare un’occhiata».
E ignorando il grosso cartello ‘GUASTO’ aprì la porta.
Era il bagno più squallido e deprimente dove Harry avesse mai messo piede. Sotto un grosso specchio rotto e macchiato c’era una fila di lavandini in pietra sbreccati. Il pavimento era bagnaticcio e rifletteva la luce fioca di alcuni mozziconi di candela; le porte di legno dei gabinetti erano graffiate e scorticate e una ciondolava fuori dai cardini.
Hermione si mise un dito sulla bocca e si avviò verso il gabinetto in fondo. Lì disse: «Salve, Mirtilla, come stai?»
Harry e Ron si avvicinarono per guardare. Mirtilla Malcontenta era sospesa a mezz’aria sopra la cassetta dello scarico e si stava strizzando un brufolo sul mento.
«Questo è un bagno per ragazze » disse lanciando un’occhiata sospettosa a Ron e Harry. « Loro non sono ragazze».
«E vero» convenne Hermione. «volevo soltanto fargli vedere come… ehm… come è carino qui».
E con gesto vago indicò il vecchio specchio tutto sporco e il pavimento bagnato.
«Chiedile se ha visto niente» le sussurrò Harry.
«Che cosa vi state bisbigliando?» disse Mirtilla guardandolo fisso.
«Niente» si affrettò a dire Harry. «Volevamo chiederti…»
«Vorrei che la gente la smettesse di parlarmi dietro alle spalle!» disse Mirtilla con la voce rotta dal pianto. «Ho anch’io dei sentimenti, sapete, anche se sono morta».
«Mirtilla, nessuno vuole farti star male» disse Hermione. «Harry voleva solo…»
«Nessuno vuole farmi star male, eh? Questa sì che è buona!» gemette cupa Mirtilla. «In questo posto la vita non mi ha dato che infelicità e ora mi vogliono rovinare anche la morte!»
«Volevamo chiederti se ultimamente avevi visto per caso qualcosa di strano» si affrettò a spiegare Hermione, «perché proprio di fronte alla tua porta, il giorno di Halloween, qualcuno ha fatto un attentato a un gatto».
«Hai visto nessuno aggirarsi qui intorno, quella notte?» chiese Harry.
«Non ci ho fatto caso» rispose Mirtilla con aria melodrammatica. «Pix mi ha sconvolto così tanto, quella sera, che me ne sono venuta qui e ho cercato di ammazzarmi. Poi naturalmente mi sono ricordata che sono… che sono…»
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