«Perché ti serve?» chiese Harry.
«Per lo stesso motivo per cui lo cercano tutti» rispose Hermione, «per leggere la storia della Camera dei Segreti».
«E sarebbe?» chiese subito Harry.
«Non lo so. Non mi ricordo» disse Hermione mordicchiandosi le labbra. «E non riesco a trovare la leggenda da nessun’altra parte…»
«Hermione, fammi leggere il tuo tema» chiese Ron disperato, controllando l’ora.
«Non se ne parla neanche!» lo redarguì lei, divenuta d’un tratto severa. «Hai avuto dieci giorni per finirlo».
«Ti prego, mi mancano soltanto sei centìmetri…»
La campanella suonò. Battibeccando, Ron e Hermione si avviarono alla lezione di Storia della Magia.
Storia della Magia era la materia più noiosa del programma. La teneva il professor Rüf, l’unico insegnante fantasma, e la cosa più eccitante mai accaduta durante le sue lezioni era il suo ingresso in aula attraverso la lavagna. Decrepito e avvizzito, molti dicevano che non si era accorto di essere morto. Era accaduto semplicemente che un giorno, alzatosi per andare a lezione, aveva lasciato il proprio corpo su una poltrona davanti al camino, nella stanza dei professori; ma anche così, le sue abitudini non erano minimamente cambiate.
Quel giorno, come al solito, la lezione era noiosa. Rüf aprì i suoi appunti e cominciò a leggere: la sua voce era un ronzio monotono, come un vecchio aspirapolvere, tanto che tutta la classe cadde in un torpore profondo, risvegliandosi di tanto in tanto per prendere nota di un nome o di una data, e poi tornando a dormire. Rüf parlava da circa mezz’ora, quando accadde qualcosa di assolutamente inedito: Hermione aveva alzato la mano.
Il professore, sollevando lo sguardo nel bel mezzo di una lezione mortalmente noiosa sulla Conferenza Internazionale dei Maghi del 1289, parve stupito.
«Signorina… ehm…»
«Granger, professore. Mi chiedevo se lei poteva dirci qualcosa sulla Camera dei Segreti» chiese la ragazza con voce limpida.
Dean Thomas, che fino a quel momento aveva guardato fuori dalla finestra, uscì dalla trance con un sussulto; Lavanda Brown rialzò la testa che aveva appoggiato sulle braccia e a Neville scivolò il gomito giù dal banco.
Il professor Rüf sbatté le palpebre.
«La mia materia è Storia della Magia» disse con la sua vocetta secca. «Io mi occupo di fatti, signorina Granger, non di miti e leggende». Si schiarì la gola con un piccolo schiocco, come di un gessetto che si spezzasse, e proseguì: «Nel settembre di quello stesso anno, un sotto-comitato di stregoni sardi…»
Si interruppe un’altra volta. La mano di Hermione sventolava di nuovo in aria.
«Signorina Grant?»
«Granger, signore… Mi scusi, ma le leggende non si basano sempre su un fatto reale?»
Il professor Rüf la guardò talmente sbalordito che Harry ebbe la certezza che mai studente, né vivo né morto, lo avesse interrotto prima di allora.
«Be’» rispose lentamente, «sì, suppongo che questa tesi sia sostenibile». Scrutò Hermione come se fino a quel momento non avesse mai visto bene in faccia uno studente. «Ma la leggenda di cui lei parla è un racconto talmente fantastico, addirittura ridicolo… »
Ora però, tutta la classe pendeva dalle sue labbra. Lui li fissò con il suo sguardo un po’ perso; tutti gli occhi erano puntati su di lui. Harry avrebbe giurato che il professore era completamente sconvolto da quella insolita manifestazione di interesse.
«Oh, molto bene» disse lentamente. «Vediamo un po’… la Camera dei Segreti…
«Naturalmente, sapete tutti che Hogwarts è stata fondata più di mille anni fa — si ignora la data precisa — dai due maghi e dalle due streghe più famosi dell’epoca. Le quattro Case prendono nome da loro: Godric Grifondoro, Tosca Tassorosso, Priscilla Corvonero e Salazar Serpeverde. Insieme, essi costruirono questo castello, lontano dagli occhi curiosi dei Babbani, perché a quel tempo la magia era molto temuta dalla gente comune, e maghi e streghe erano crudelmente perseguitati».
S’interruppe, volse intorno alla stanza uno sguardo opaco e proseguì: «Per alcuni anni, i quattro fondatori lavorarono insieme in grande armonia, andando in cerca di giovani che mostrassero doti magiche e portandoli al castello per educarli. Ma un giorno tra loro nacquero dei dissapori. Fra Serpeverde e gli altri cominciò a crearsi una spaccatura. Serpeverde voleva essere più severo nella scelta degli studenti da ammettere a Hogwarts. Era convinto che il sapere magico dovesse essere custodito nelle famiglie di maghi. Non gli piaceva prendere studenti nati in famiglie di Babbani: li riteneva inaffidabili. Dopo qualche tempo, tra Grifondoro e Serpeverde scoppiò una gravissima lite al riguardo e Serpeverde lasciò la scuola».
Il professor Rüf si interruppe di nuovo e increspò le labbra: pareva proprio una vecchia tartaruga grinzosa.
«Tutto ciò proviene da fonti storiche sicure» proseguì, «ma questi fatti chiari e inoppugnabili sono stati offuscati dalla fantasiosa leggenda della Camera dei Segreti. Si racconta che Serpeverde costruì nel castello una stanza segreta, di cui gli altri fondatori ignoravano l’esistenza.
«Stando alla leggenda, Serpeverde sigillò la Camera dei Segreti affinché nessuno potesse aprirla fintanto che non fosse giunto il suo vero erede. Soltanto lui sarebbe stato in grado di spezzare il sigillo apposto sulla Camera dei Segreti, sprigionare gli orrori che vi erano racchiusi e servirsene per epurare la scuola da tutti coloro che erano indegni di studiare la magia».
Il professor Rüf concluse il racconto nel silenzio generale, ma non era il solito silenzio sonnacchioso, tipico delle sue lezioni. Gli alunni continuavano a fissarlo sperando che la storia avesse un seguito, ma nell’aria si avvertiva un certo disagio. Il professore aveva un’aria lievemente annoiata.
«Senza dubbio, si tratta di stupidaggini belle e buone» disse. «Naturalmente la scuola è stata perquisita molte volte in lungo e in largo dai maghi e dalle streghe più colti per trovare la prova dell’esistenza di un luogo simile. Ma quella stanza non esiste. È una storia che si racconta per spaventare i creduloni».
Hermione aveva alzato di nuovo la mano.
«Signore… che cosa intende dire esattamente con ‘orrori’ racchiusi nella Camera?»
«Si ritiene che si tratti di una specie di mostro, da cui solo l’erede di Serpeverde riesce a farsi obbedire» rispose il professor Rüf con la sua solita voce esile e asciutta.
I ragazzi si scambiarono occhiate nervose.
«Statemi a sentire bene, questa cosa non esiste» disse Rüf riordinando gli appunti. «Non esiste nessuna Camera dei Segreti e non esiste nessun mostro».
«Ma, signore» disse Seamus Finnigan, «se la Camera può essere aperta soltanto dal vero erede di Serpeverde, nessun altro può trovarla, non le pare?»
«Stupidaggini, Gannifin» disse Rüf annoiato. «Se tanti direttori e direttrici di Hogwarts non hanno trovato…»
«Ma, professore» saltò su Calì Patil, «probabilmente per aprirla bisogna fare ricorso alla Magia Nera…»
«Il semplice fatto che un mago non ricorra alla Magia Nera, non vuol dire che non sappia usarla, signorina Palì Catil» la rimbeccò il professor Rüf. «Ripeto, se figure della levatura di Silente…»
«Ma forse bisogna che ci sia un legame con Serpeverde; per questo Silente non è riuscito…» cominciò a dire Dean Thomas. Ma Rüf ne aveva abbastanza.
«Basta così» disse tagliando corto. «È un mito! Non esiste! Non c’è la minima prova che Serpeverde abbia mai costruito neanche un armadio per le scope che sia segreto! Mi rincresce di avervi raccontato una storia tanto insensata! E ora, se non vi dispiace, torniamo alla storia, ai fatti concreti, credibili, verificabili!»
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