Hal Clement - Luce di stelle

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Chi non ricorda il pianeta Mesklin e i suoi straordinari abitanti, costretti a vivere in condizioni di gravità proibitive per gli esseri umani? Gli eroi meskliniti di Hal Clement tornano in questo romanzo, in sé pefettamente autonomo, che è di fatto il secondo capitolo della saga iniziata con
(
), tenuto a battesimo in Italia proprio sulle pagine di URANIA. Ancora una volta la pazienza, il coraggio e le straordinarie caratteristiche fisiche dei meskliniti permetteranno loro di avere ragione di un mondo in cui la forza di gravità è così schiacciante da rappresentare da sola il più terribile e immediato dei pericoli. Senza contare le numerose incognite di questa nuova e inedita missione nello spazio, scritta da un maestro della tecnologica…

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I due timonieri si erano accorti ormai da qualche tempo che la Kwembly si muoveva ma non si spingeva ulteriormente nel lago. Dovevano esser stati presi dal margine di un mulinello, che li forzava a compiere un giro dal diametro di sei chilometri. Beetchermarlf pensò di sfruttare questa circostanza quando diede potenza ai motori. Attese fino a quando gli scienziati umani gli confermarono che venivano spinti verso sud prima di avviare le ruote con le pale. Per alcuni secondi nulla fece trasparire l’impiego dei motori. Poi, lentamente, sia gli umani che i mescliniti videro lo scafo muovere debolmente in avanti. Dal ponte i mescliniti constatarono che l’acqua davanti alla chiglia s’increspava, mentre gli umani potevano vedere una serie di piccole onde allontanarsi dai lati del ricognitore. Beetchermarlf spostò la barra con energia per portare la prua in linea con Sol e Fomalhaut. Per circa mezzo minuto rimase pensieroso domandandosi se questo poteva bastare a rispondere ai suoi dubbi; poi, quando il grande scafo virò con tutta la sua mole, il cambiamento di posizione delle due stelle divenne chiaramente visibile. Una volta iniziato a virare fu però difficile fermarsi.

Lo scafo continuò a girare su se stesso privo di controllo per molti minuti prima che Beetchermarlf potesse assumerne il completo controllo. Poi per più di un’ora riuscì a tenere una rotta sicura, anche se non aveva idea della direzione presa. Sembrava logico ritenere che il mulinello lo avesse riportato al punto di partenza, ma poi pensò che forse ne era uscito puntando verso est.

Passò qualche tempo comunque prima che le antenne direzionali dei satelliti e i computer della stazione spaziale confermassero quest’ultima ipotesi. Nel momento in cui questo avvenne la Kwembly toccò gentilmente terra.

Subito Beetchermarlf diede energia ai rimanenti motori disattivando i tre connessi alle ruote con le pale. Il ricognitore uscì dall’acqua.

— Sono uscito dal lago — riferì — ma ora mi trovo davanti a un piccolo dilemma. Se faccio avanzare la Kwembly senza rimuovere le pale rischio di rovinarle; d’altro canto, se ci troviamo su un’isola o dobbiamo tornare in acqua per qualsiasi ragione avremmo sprecato un sacco di tempo e fatica per niente. La prima idea che mi viene in mente è di compiere qualche esplorazione a piedi lasciando la Kwembly dove si trova: forse riusciremo a scoprire dove siamo finiti. Penso ci convenga partire adesso, così potremo eventualmente avanzare con la Kwembly alla luce del giorno. In ogni caso gradirei qualche consiglio da voi umani e l’autorizzazione del capitano.

Quando questo gli venne riferito, Dondragmer emise un ordine tassativo. — Non debbono uscire. Debbono rimanere dove si trovano fino a quando i satelliti non diranno se si trovano sul lato corretto del fiume. Se ho capito bene le loro spiegazioni vi sono buone possibilità che il mulinello li abbia spinti verso est, che corrisponderebbe alla riva giusta: noi ci troviamo sulla sinistra. Se riescono ad accertarsene con una certa sicurezza, tornino in acqua e risalgano nel lago puntando verso ovest fino a… no, forse è meglio di no. Forse è meglio arrivare fino alla foce del fiume e provare un po’ a risalirlo. Voglio vedere se possono navigare controcorrente. So benissimo che procederanno molto più lentamente, ma così non correranno il rischio di incontrare ostacoli tali da bloccare l’avanzata della Kwembly.

— Riferirò immediatamente a Beetchermarlf e ai cartografi, capitano — rispose Benj. — Cercherò di farmi dare una copia delle loro mappe e di inquadrare la posizione precisa della Kwembly con l’aiuto dei due timonieri. Questo potrà forse evitare delle noie inutili.

Ma le informazioni sulla loro direzione non erano, si scoprì, complete. La posizione della Kwembly poteva venir determinata con certezza, ma stabilire la direzione del fiume che li aveva trascinati fin là era tutt’altra cosa. I satelliti presero numerose fotografie in punti diversi e queste dimostrarono senza dubbio il corso estremamente tortuoso del fiume. Dopo svariate discussioni venne deciso che Beetchermarlf doveva riportare lo scafo in acqua e puntare verso ovest rimanendo il più possibile vicino a riva, preferibilmente senza perderla di vista. Se riusciva a trovare la foce del fiume doveva provare a risalirla come suggerito da Dondragmer, altrimenti dovevano seguire la costa fino a ricevere conferma dagli umani che la foce era passata; a quel punto dovevano puntare verso sud.

Mantenersi a una certa vicinanza dalla costa grazie alle luci di bordo si dimostrò possibile, ma occorsero più di due ore per raggiungere la foce del fiume. Questi riempiva una larga curva verso ovest che non era stata rilevata dai controlli sulla posizione dello scafo mentre la corrente lo trascinava a valle; subito dopo il fiume si immetteva nel lago piegando in senso opposto verso est e questo dava origine a una penisola e probabilmente all’ampio mulinello. Uno dei pianetografi fece notare che era inutile tirare in ballo la forza di Coriolis per spiegare l’esistenza del mulinello, perché il lago si trovava a soli sette gradi dall’equatore e sul lato meridionale di un pianeta che impiegava due mesi per compiere una rotazione completa.

Il delta, che spostava brevemente a nord la linea costiera, era solo un anticipo. Beetchermarlf al timone e Takoorch sul lato destro del ponte, dove si trovava il portello, cercarono con tutta la prudenza del caso di trovare un passaggio tra i bassi fondali irregolari del grande fiume, invertendo frettolosamente i motori ogni volta che le ruote toccarono il fondo melmoso. Finalmente i due trovarono un passaggio abbastanza profondo e Beetchermarlf vi lanciò la Kwembly con decisione.

La velocità però si ridusse molto rapidamente, sia perché le ruote non toccavano sempre il fondo sia per la corrente contraria. Ma i due mescliniti non avevano fretta. Dondragmer aveva stabilito che dovevano provare a risalire il fiume per sei ore: se continuava così avrebbero percorso nove chilometri, il che significava arrivare alla base provvisoria uno o due giorni dopo la mezzanotte, cioè in una settimana circa in termini umani.

Fu l’impazienza a modificare i programmi di viaggio. Naturalmente i mescliniti non conoscevano il significato di questa parola: furono Aucoin e gli altri a stabilire che un chilometro e mezzo l’ora non andavano bene. Dondragmer si dimostrò alquanto freddo su questo punto e concordò solo sulla possibilità che i due svolgessero qualche ricerca lungo il percorso. Ma dietro insistenza di Aucoin ordinò a Beetchermarlf di puntare verso ovest, verso una sponda che non sembrava particolarmente difficile seguita da un territorio pianeggiante. Non appena approdarono, i due timonieri uscirono a rimuovere le pale con molto rammarico.

Stavolta il lavoro procedette più rapidamente, dato che il veicolo si trovava sulla terraferma. Gli attrezzi e le pale potevano venir appoggiati a terra e le funi di sicurezza non erano più necessarie. Quando tornò nel salone delle comunicazioni Benj trovò la Kwembly in marcia sulla terraferma a più di dieci chilometri l’ora. I fari illuminavano un territorio pianeggiante letteralmente punteggiato di ruvidi cespugli, la forma di vita più complessa trovata sino a quel momento su Dhrawn, la cui monotonia veniva rotta di tanto in tanto da ampie lingue di roccia affioranti in superficie. Pur essendo abbastanza compatto, appariva chiaro che il terreno era composto di sedimenti. Gli scienziati ritennero che si trattava di una pianura alluvionale e dentro di sé Benj si dichiarò d’accordo con loro.

Beetchermarlf aveva voglia di parlare come sempre, ma si capiva che la sua attenzione non andava solo alla conversazione. Sia lui che Takoorch tenevano gli occhi puntati avanti quanto più potevano, cercando di vedere anche oltre le luci. Nessuno dei due riteneva terminato il pericolo. Senza gli elicotteri a esplorare la strada davanti a loro, dieci chilometri l’ora erano fin troppi e aumentare ancora la velocità come suggeriva qualche umano avrebbe significato non riuscire a fermarsi in tempo davanti a qualche ostacolo. Quando bisognava svolgere altri lavori, come pompare l’idrogeno nelle serre, i due fermavano la Kwembly e scendevano di sotto a lavorare insieme. Due soli occhi non bastavano per procedere sicuri.

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