— Che mi dice invece dei loro generatori di energia? — domandò Barlennan, determinato ad andare fino in fondo ora che aveva incominciato. — Ci sono altre forme di energia oltre alla luce che si irradiano nello spazio…
Quando la domanda raggiunse Tebbetts questi era già uscito come annunciato; fortunatamente Benj sapeva rispondere. Si trattava di un’informazione fondamentale per il “progetto Dhrawn” e aveva dovuto impararla scrupolosamente al suo arrivo alla stazione spaziale.
— I generatori a fusione liberano nello spazio delle onde di neutrini che possiamo misurare con i nostri strumenti, ma è difficile scoprire il punto esatto da cui provengono — disse. — Ecco a cosa servono i satelliti: per misurare i neutrini, che arrivano praticamente tutti dal sole. Le centrali elettriche su Dhrawn e qui alla stazione incidono poco rispetto al sole, anche se questi è molto debole. I computer controllano continuamente la posizione dei satelliti e soprattutto se un satellite si trova sul lato opposto del pianeta rispetto al sole, in modo da poter misurare la quantità di neutrini nella corona planetaria. In pochi anni speriamo di aver completato una mappa spettroscopica del pianeta… voglio dire, di conoscerne passabilmente le densità interne alla crosta. Lei saprà che stiamo ancora discutendo se Dhrawn debba venir considerato un pianeta o una stella, e se il calore in eccesso si debba all’esistenza di radiazioni superficiali o a un processo di fusione all’idrogeno attivo al centro della massa planetaria. Comunque, potrei scommettere che non saranno in grado di localizzare le emissioni dei convertitori degli elicotteri, per non parlare delle loro luci.
Barlennan riuscì a soffocare con fatica la gioia che provò a questa notizia. — Grazie — si limitò a rispondere. — Purtroppo, è impossibile avere tutto. Mi riferisca pure quando il suo astronomo avrà trovato qualcosa, oppure quando sarà sicuro di non trovare nulla: voglio comunque sapere se debbo smettere di farvi conto. Ora ho altro da fare, Benj, ma chiami subito se ci sono notizie sui piloti o sui timonieri prigionieri nel ghiaccio. Dopotutto, anch’io sono preoccupato per loro anche se in modo diverso da lei. Beetchermarlf non lo conosco, ma Takoorch sì e mi dispiacerebbe se gli succedesse qualcosa.
L’anziano comandante aveva sviluppato una buona capacità di percepire i sentimenti più profondi degli esseri umani, e grazie alle numerose esperienze vissute insieme a loro su Mesklin e su Dhrawn era riuscito a comprendere la personalità di quel ragazzo molto più di quanto non fosse riuscito a Dondragmer. Poteva tornare utile, a tempo debito: se lo sentiva con certezza. Ma nel frattempo chiuse il contatto con la stazione spaziale e concentrò la mente su altre faccende.
— Per noi, potrebbe essere sia positivo che negativo — osservò rivolto ai due scienziati. — Meno male che non abbiamo installato quel sistema di segnali ottici per la comunicazione notturna, perché ci avrebbero scoperto di sicuro.
— Mi permetta di dubitarne — ribatté Deeslenver. — Gli umani hanno detto che potrebbero scoprire le luci, ma mi sembra accertato che debbano cercarle per avere qualche successo e scommetto che gli strumenti sono impegnati in cose più importanti.
— Ci scommetterei anch’io, se la posta in gioco non fosse così elevata — rispose Barlennan. — In ogni caso, ora non se ne farà più nulla perché sappiamo che partirà una ricerca sulle luci emesse dalla superficie del pianeta. Glielo abbiamo appena chiesto noi…
— Ma questa ricerca non riguarderà la nostra zona. Gli strumenti saranno tutti puntati verso la Kwembly, a milioni di cavi di distanza.
— Provi a pensare a sé stesso su Mesklin mentre osserva Toorey: quanto ci vuole per passare col telescopio da una zona all’altra?
Deeslenver concesse con un gesto il suo accordo all’obiezione di Barlennan.
— Allora possiamo aspettare che sorga il sole, oppure inviare un volo speciale se vogliamo usare la Esket come lei propone. Ammetto di non aver considerato altre possibilità… non ho neppure pensato a cosa fare una volta arrivati per fare in modo che il test sia efficace.
— Non credo che importi più di tanto. La vera questione è scoprire in quanto tempo e quanto accuratamente gli umani ci riferiranno quello che noi faremo in modo che vedano alla Esket. Penserò a qualcosa entro un paio d’ore. Voi scienziati non state organizzando una partenza tra breve?
— Sì, ma non così presto — rispose Bendivence. — Tra l’altro, non mi trovo tanto d’accordo con lei sull’importanza da attribuire ai dettagli. Non vogliamo certo che gli umani sospettino della nostra messinscena. Non sono certo un branco di stupidi.
— Ma certo che no. Non intendevo dire che dobbiamo sottovalutarli. Dovrà trattarsi di qualcosa di naturale, tenendo ben presente che gli umani sanno addirittura meno di noi cosa è naturale su questo pianeta. Adesso tornate al laboratorio e informate tutti coloro che dovranno imbarcarsi sul Deedee di prepararsi per la partenza. Vi consegnerò un messaggio scritto per Destigmet in due ore.
— Va bene — risposero i due scienziati uscendo dalla sala radio. Barlennan li seguì con andatura molto più lenta. Stava cominciando appena ora a comprendere quanto valida fosse l’obiezione di Bendivence. Cosa poteva succedere nell’area ripresa dalle telecamere della Esket che, pur non suggerendo la presenza di mescliniti, fosse abbastanza insolito da attrarre l’attenzione degli umani e metterli in condizione di dover decidere se riferire l’accaduto alla colonia oppure censurarlo? E come sapere se la notizia era stata riferita subito o trattenuta per diverso tempo? Era possibile pensare a qualcosa di efficace senza sapere se i rapporti venivano veramente censurati e perché?
Dopotutto, il ritardo nella trasmissione delle notizie sulla Kwembly poteva sempre doversi a un genuino errore degli umani o di Dondragmer. Come il giovane umano aveva suggerito, forse tutti avevano pensato che spettava a qualcun altro inviare il rapporto. Per la sua visione delle cose, che aveva cercato in tutti i modi di inculcare ai suoi mescliniti, questo rappresentava un atto di incompetenza e superficialità impossibile da scusare, ma non era la prima volta che doveva fare i conti con questi due difetti degli esseri umani: non in tutti, naturalmente, ma in un numero preoccupante di soggetti.
La prova certamente andava effettuata e la strumentazione ancora funzionante della Esket rappresentava il mezzo più indicato per giungere allo scopo. Per quanto ne sapeva lui, gli schermi della stazione spaziale riservati al ricognitore abbandonato erano ancora attivi. Ovviamente, tutti avevano prestato la massima attenzione a non entrare mai nel campo visivo delle telecamere dopo la “scomparsa” dell’equipaggio ed era passato molto tempo da quando gli umani ne avevano parlato per l’ultima volta. Avrebbero dovuto coprirne gli obbiettivi, invece di limitarsi a evitarli, in modo da permettere all’equipaggio una maggiore libertà di azione ma l’idea dei copriobbiettivi non era venuta a nessuno prima che Destigmet partisse con le istruzioni per dare il via alla costruzione di un secondo insediamento al di fuori del controllo degli esseri umani.
Barlennan ricordava che una telecamera si trovava come al solito sul ponte, una al laboratorio e una nell’hangar dove venivano tenuti gli elicotteri, che aveva fatto in modo di far trovare in missione quando la catastrofe era avvenuta. La quarta infine si trovava nella sezione di biorigenerazione dell’atmosfera, anche se non riprendeva l’ingresso. Naturalmente, molto materiale di quella sezione tornava utile alla nuova colonia. Nonostante la pianificazione molto accurata, la situazione permaneva difficile. Il fatto che i laboratori e parte del materiale biorigenerativo si trovassero fuori portata complicava le cose non poco a Destigmet e al suo primo ufficiale, Kabremm. Più di una volta avevano richiesto il permesso di coprire le telecamere dopo la scoperta della tecnica giusta. Lui però aveva rifiutato, per evitare che l’attenzione degli umani tornasse a concentrarsi sulla Esket. Ma ora, forse si potevano prendere due pesci con la stessa rete. L’improvviso oscuramento non di uno, ma di tutti e quattro gli strumenti sarebbe certamente stato notato dalla stazione spaziale. Certo l’avvenimento riguardava la loro base solo in minima parte… gli umani avrebbero ritenuto opportuno informarli della cosa? Secondo gli accordi avrebbero dovuto, ma non c’era modo di saperlo in anticipo. Con più ci pensava, con più il piano gli sembrava convincente. Nella sua mente si fece strada pian piano la sensazione di entusiasmo comune a tutte le creature intelligenti che pensano di aver risolto un problema da soli. Ne gustò il sapore per più di mezzo minuto; poi, vide avvicinarsi un altro dei messaggeri di Guzmeen.
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