Questo lasciò Barlennan nel dubbio. Forse uno dei marinai di Destigmet aveva operato tanto malamente da farsi vedere oppure la causa era del tutto naturale, come gli umani sembravano voler credere, ma poteva anche trattarsi di una notizia inventata di sana pianta per qualche scopo misterioso. Le ultime discussioni avute con gli scienziati e la sua coscienza di comandante lo spinsero a dare a questa possibilità più peso del solito.
Impossibile però capire dove Poteva tendere una storia di questo genere. Non sembrava affatto una trappola di qualche sorta: cosa potevano farci loro se qualcosa si muoveva a bordo della Esket? No, se era una panzana poteva venir spiegata solo con una completa mistificazione di tutte le notizie riguardanti l’esplorazione. Altrimenti, doveva ammettere che non sapeva cosa pensare.
Questa era però una delle poche cose che non gli piacevano affatto. Preferiva prendere le notizie per quello che erano, concentrandosi sulle parole di chi le aveva riferite senza domandarsi i possibili motivi. Qualche volta, si disse il comandante, la noiosa correttezza di Dondragmer che lo aveva portato a schierarsi contro l’inganno della Esket dimostrava dei lati positivi.
Sì, in ogni caso era meglio far finta di aver creduto subito al rapporto. Era l’unico modo per ritorcere i trucchi degli umani contro di loro. Per il resto, non poteva far nulla se non controllare con Destigmet. Doveva solo inviare un altro messaggio con il Deedee.
Ma pensandoci bene, c’era un altro modo di controllare se le informazioni trasmesse dagli umani corrispondevano alla realtà. Qualsiasi cosa si potesse pensare sulla sua veridicità o meno, quest’ultimo rapporto sembrava esser stato trasmesso subito. E la signora Hoffman doveva esserne coinvolta.
L’idea che il coinvolgimento di Easy rendesse la situazione speciale era la sola idea che Barlennan e Aucoin potevano avere in comune. Naturalmente Aucoin non sapeva ancora nulla di quest’ultima faccenda; persino Mersereau l’aveva riferita senza pensarci bene: era troppo occupato.
— Easy — chiamò Boyd abbandonando il microfono e girandosi verso di lei. — Si direbbe che siamo riusciti a convincere Dondragmer. Ha intenzione di affidare una telecamera a un gruppo di ricerca composto da sei mescliniti. Dice di essersi deciso per controllare i suoi calcoli sul punto in cui Reffel è scomparso. Crede che noi possiamo localizzare il punto in cui si trova la telecamera. Certo, forse è possibile, ma non so se qualcuno si è ricordato di registrare il filmato. Vuole sedere qui intanto che io vado a parlare con gli addetti alla mappatura di Dhrawn o preferisce andare lei personalmente?
— Preferisco stare qui ancora per un po’. Ci mandi Benj: gli farà bene staccarsi da quegli schermi per dieci minuti — rispose Easy, rivolgendo uno sguardo interrogativo a suo figlio. Benj annuì e uscì senza proferire parola. Rimase fuori più a lungo del previsto, e quando tornò aveva un’espressione quasi mortificata.
— Mi hanno detto che sono felici di darmi la registrazione del primo volo di Reffel, ma non del secondo perché purtroppo non esiste. Inoltre, il punto in cui l’elicottero si è spostato dopo il mio suggerimento rimane fuori dalle mappe, che coprono la valle per circa un chilometro e mezzo verso ovest partendo dal ricognitore.
Mersereau, infastidito, rispose con un grugnito. — Umpf! Mi ero scordato di questo nostro piccolo disastro. Pazienza… — disse, rivolgendosi nuovamente a Dondragmer per passargli questa informazione decisamente inutile.
Il capitano non si mostrò né dispiaciuto né sorpreso. Semplicemente se lo aspettava e quindi aveva pensato bene di stimare con Stakendee, che doveva comandare la spedizione, la distanza a cui l’elicottero si trovava quando era precipitato.
— Forse gli umani hanno ragione riguardo il prendimmagini — disse il capitano. — Certo, trasportarlo sarà una scocciatura e non mi piace rischiare di danneggiarlo, ma averlo con voi ridurrà decisamente il rischio di perderci. Temo molto l’ipotesi di una seconda inondazione, anche perché gli umani non sono in grado di arrangiare una previsione decente. Sembra sicuro però che andiamo incontro al disgelo, e quindi una seconda inondazione ci sarà. Grazie a quell’arnese, gli umani potranno avvisarvi subito di qualsiasi cosa sospetta riescano a vedere con i loro satelliti, e voi potrete mettervi in contatto con me tramite loro per ricevere gli ordini appropriati o per comunicare le vostre scoperte.
— Se il ghiaccio si scioglie all’improvviso una seconda volta — rispose Stakendee — rischiamo di perderci comunque senza speranza. Naturalmente se la notizia mi viene data con qualche anticipo faremo di tutto per tornare sulla Kwembly, e se non ce la facciamo possiamo sempre riparare sul versante nord della valle, che mi sembra il più vicino. Se però ci troviamo in una situazione in cui è difficile decidere, non saprei cosa fare. Sopravvivere all’inondazione tornerebbe ben poco utile se la Kwembly venisse trasportata a grande distanza.
— Ci ho pensato anch’io — replicò il capitano — e non ho trovato soluzioni. D’altro canto, dubito molto che la Kwembly possa sopportare un’altra serie di colpi come quelli che ha già subito. In caso di una seconda inondazione, temo proprio che sarebbe ridotta male. Non so, forse è meglio rimuovere le vasche di biorigenerazione e installarle su un lato della valle prima di procedere a sciogliere il ghiaccio. In ogni caso le sue obiezioni sono fondate, e forse sarebbe meglio rimuovere anche i prendimmagini e portarli fuori dalla Kwembly con le vasche. Ci penserò sopra. Intanto cominciate ad andare: prima partite, meno dobbiamo preoccuparci di subire separati le conseguenze di un’altra inondazione.
Stakendee si dichiarò d’accordo con un gesto e cinque minuti dopo Dondragmer lo vide emergere con il suo gruppo dal portello principale. La telecamera donava al gruppo un aspetto quasi grottesco. Lo strumento di plastica alto dieci centimetri, largo altrettanto e lungo circa venticinque veniva trasportato come un oggetto di nessun valore da uno dei marinai che avanzavano sul ghiaccio in fila indiana. Il treppiede era completamente chiuso con le aste forzate a meno di cinque centimetri una dall’altra per poter passare nelle cinghie sistemate sul corpo del mesclinita addetto al trasporto. Sia il treppiede che le cinghie erano stati ricavati dal materiale presente nella stiva della Kwembly: l’equivalente mesclinita del legname da costruzione. Vi era forse una tonnellata di cianfrusaglie e scarti nella stiva: un’altra delle incongruenze che sembravano abbondare a bordo del grande veicolo con i motori a fusione.
La spedizione oltrepassò la prua della Kwembly, puntata verso nordovest, e proseguì diretta verso ovest. Dondragmer osservò le luci emesse dalle torce elettriche zigzagare per un po’ attorno ai massi che costellavano il letto del fiume, ma dovette dedicarsi ad altre faccende molto prima che il gruppo sparisse dalla vista.
Numerose figure allungate si arrampicavano sullo scafo per smontare la sezione esterna della barra di condizionamento. Dondragmer non aveva gradito molto ordinare una simile attività distruttiva, ma aveva soppesato attentamente i pro e i contro delle varie soluzioni e non faceva parte della sua natura preoccuparsi dopo aver deciso. Così come gli umani consideravano i drommiani dei paranoici, i mescliniti consideravano gli umani degli eterni indecisi. Una volta presa la decisione e dato l’ordine, Dondragmer si limitò a guardare per assicurarsi che la Kwembly non subisse danni. Dal ponte gli era impossibile vedere oltre la curvatura dello scafo, molto a poppa, dove si trovava la parte esterna della sezione di tubo che entrava nella parete e si ripromise di uscire più tardi per vedere com’erano andati i lavori. Forse era addirittura meglio portar fuori una delle telecamere degli umani e lasciare che fossero i loro ingegneri a supervisionare. Naturalmente, con l’intervallo di trasmissione risultava loro impossibile fermare in tempo qualche manovra errata.
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