Hal Clement - Luce di stelle

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Chi non ricorda il pianeta Mesklin e i suoi straordinari abitanti, costretti a vivere in condizioni di gravità proibitive per gli esseri umani? Gli eroi meskliniti di Hal Clement tornano in questo romanzo, in sé pefettamente autonomo, che è di fatto il secondo capitolo della saga iniziata con
(
), tenuto a battesimo in Italia proprio sulle pagine di URANIA. Ancora una volta la pazienza, il coraggio e le straordinarie caratteristiche fisiche dei meskliniti permetteranno loro di avere ragione di un mondo in cui la forza di gravità è così schiacciante da rappresentare da sola il più terribile e immediato dei pericoli. Senza contare le numerose incognite di questa nuova e inedita missione nello spazio, scritta da un maestro della tecnologica…

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— Comandante! — disse il messaggero rallentando l’andatura a pochi metri da lui. — Guzmeen dice che dovrebbe tornare immediatamente in sala radio. Uno degli umani, quello chiamato Mersereau, è comparso sullo schermo. Guzmeen mi ha detto che pareva spaventato, e che ha riferito di qualcosa di strano alla Esket… qualcosa che si muove nel laboratorio!

10

Dati ponderati

Star dietro a Barlennan con la sua andatura mentre si dirigeva in sala radio non era facile, ma in qualche modo il messaggero vi riuscì. Dal canto suo, il comandante dava per scontata la continua presenza al suo fianco del sottoposto e quindi non si girò neppure una volta.

— Ha detto qualcosa di speciale? Dettagli su chi o cosa si stava muovendo?

— No signore. L’umano è comparso sullo schermo e ha detto: “Sulla Esket qualcosa si sta muovendo. Riferite a Barlennan.” Guzmeen mi ha inviato da lei con priorità uragano e io mi sono precipitato fuori. Non ho sentito altro.

— Ha detto proprio così? Che lingua parlava?

— Parlava la lingua degli umani. Le sue parole esatte erano… — e il messaggero ripetè la frase usando stavolta le parole di Mersereau. Barlennan non poté trovarvi alcuna differenza con la traduzione.

— Allora non sappiamo ancora se hanno visto uno dei nostri, qualche oggetto fuori posto, oppure… no, è impossibile.

— Dubito molto della prima possibilità, signore. Gli umani avrebbero senz’altro riconosciuto uno dei nostri.

— Già, è vero. Be’, immagino che ne sapremo di più non appena arrivati in sala radio.

Non c’era più, comunque. Boyd Mersereau non occupava più lo schermo quando Barlennan entrò finalmente in sala radio. Ma ancora più sorprendente era il fatto che nessuno aveva preso il suo posto. Il comandante rivolse a Guzmeen un’occhiata sospettosa, e il responsabile delle comunicazioni radio rispose con l’equivalente di un sospiro. — Ha chiuso il contatto, signore, dopo quella sola frase sul laboratorio.

Barlennan, furente, premette più volte il tasto di chiamata.

Ma Boyd Mersereau aveva altri pensieri per la testa. La maggior parte riguardavano i misteri di Dhrawn, e non della Esket; gli altri invece questioni di stretta convivenza che avevano poco a che fare con il gigantesco pianeta-stella.

Il pensiero principale sul momento era come calmare Aucoin, seccatissimo per non essere stato interpellato né sullo scambio tra Dondragmer e Katimi né su quello tra il capitano mesclinita e Tebbets. Aveva una gran voglia di riprendere il giovane Hoffman per la sua perseveranza nel creare scompensi con comunicazioni non autorizzate. Lo tratteneva però il timore di mettersi contro Easy, che considerava nonostante tutto un membro indispensabile per i contatti. Di conseguenza, erano Mersereau e gli altri che dovevano patire le ire del capo.

Per Boyd comunque i guai non erano seri. Da tempo ormai seguiva con i superiori la stessa politica che seguiva con il proprio rasoio elettrico: maneggiare con cura e impiegare tutto il tempo necessario. Così facendo, si procedeva forse un po’ più lenti ma alla fin fine la convenienza si vedeva. Ma la cosa che assorbiva tutta l’attenzione e che manteneva in secondo piano addirittura la sensazionale notizia dell’avvistamento era l’attuale situazione della Kwembly.

La scala dei sentimenti vedeva Boyd tra coloro che si sentivano moderatamente coinvolti e un poco preoccupati. Non aveva alcun rapporto con i mescliniti dispersi, né tantomeno erano amici personali. Ma era abbastanza civilizzato da sentire la loro morte un evento spiacevole quanto quella di un essere umano, anche se appartenevano a una razza aliena.

No, era la stessa Kwembly a rappresentare un problema, che però ricadeva nei parametri della normalità. I ricognitori finivano spesso in guai come quello e sempre ne erano venuti fuori, presto o tardi. Tutto sommato Mersereau si sarebbe sentito semplicemente interessato se lo avessero lasciato in pace.

Invece no. Benj Hoffman sentiva la questione in modo estremamente personale e possedeva i mezzi per farsi sentire da tutti non solo a parole, nonostante queste non mancassero. Anche quando stava zitto irradiava simpatia. Boyd si era ritrovato a discutere con Dondragmer i progressi ottenuti contro il ghiaccio e la possibilità di un’altra inondazione in termini di rischio per i dispersi invece che con il solito, professionale distacco. Tutto ciò lo seccava. Beetchermarlf, Takoorch e persino Kervenser non contavano molto per l’esplorazione: quello che contava era la sopravvivenza dell’equipaggio. Ma Benj, col suo entusiasmo, faceva sembrare l’obbiettività un capriccio da persone insensibili. Mersereau non aveva difese per questo tipo di attacco. Easy comprendeva perfettamente quello che stava succedendo ma non interferiva perché concordava pienamente con i sentimenti del figlio, sia per sensibilità sia per il suo passato. Anche lei aveva vissuto momenti di vero panico venticinque anni prima, quando per una concatenazione di errori si trovò intrappolata su una sonda automatizzata diretta verso un pianeta con temperatura e pressione elevatissime.

Infatti, lei superò anche il punto oltre cui Benj non si sarebbe mai azzardato ad andare. Dondragmer stava per inviare una spedizione di soccorso alla ricerca di Reffel dato che il punto della sua scomparsa era perfettamente conosciuto, ma non voleva rischiare una delle tre telecamere rimaste affidandola ai membri della spedizione. Ma Easy, in parte utilizzando argomenti propri e in parte adottando le strategie del figlio quando voleva portare Mersereau dalla sua parte, riuscì a convincere il capitano mesclinita che non portare la telecamera avrebbe rappresentato un rischio ancora maggiore. Anche questa discussione era avvenuta ignorando completamente Aucoin; e proprio mentre parlava con Dondragmer, Mersereau si domandava cosa avrebbe potuto dire per giustificarsi davanti al responsabile del progetto. Tuttavia non esitò a prendere le parti di Easy, mentre Benj cercava di nascondere un sogghigno.

Con l’attenzione interamente assorbita in quel modo, Boyd prestò scarso orecchio all’addetto alle comunicazioni che gli riferì degli strani movimenti nel laboratorio della Esket. Si limitò a cercare la base mesclinita e a ripetere il messaggio senza nulla aggiungere, tornando subito dopo alla Kwembly senza attendere il termine del ciclo di comunicazione. Tempo dopo, Mersereau si difese dicendo che non si era accorto dell’importanza della cosa e che aveva preso il messaggio come uno dei messaggi di routine che venivano ritrasmessi dai ricognitori. In ogni caso, in quel momento provò solo irritazione per essere stato distratto. Qualcun altro avrebbe cercato di far cadere la colpa sull’addetto alle comunicazioni che gli aveva passato la notizia, ma con il suo carattere flemmatico Boyd ammise senza difficoltà di aver scelto il modo più veloce per liberarsi del messaggio inopportuno e successivamente di essersi tranquillamente dimenticato del fatto.

Benj vi aveva prestato persino meno attenzione. La faccenda della Esket era successa molto prima del suo arrivo alla stazione e quel nome non significava assolutamente nulla per lui, anche se sua madre gli aveva parlato della scomparsa di due suoi amici, Destigmet e Kabremm.

E così fu Easy, naturalmente, l’unica a rendersi conto dell’importanza della cosa. Prestò scarsa attenzione a quello che Mersereau disse o fece e scartò subito l’idea di riferire a Barlennan senza aver prima ottenuto maggiori dettagli su tutta la faccenda. Per prima cosa cambiò posto andando a sedersi sulle poltroncine che davano sugli schermi del ricognitore abbandonato e quindi relegò il resto dell’universo fuori dalla sua mente.

La chiamata di Barlennan non portò a grandi sviluppi. Easy, a cui alla fine la chiamata pervenne, chiarì subito che l’immagine sugli schermi era immobile come sempre quando lei aveva raggiunto la consolle della Esket. L’unico testimone oculare fu solo in grado di dire che aveva visto due oggetti, un pezzo di tubo e una gomena, rotolare sul pavimento del laboratorio. Poteva essere opera di qualche forma di vita, anche se erano mesi che il ricognitore pareva deserto, ma era più probabile che qualche cosa avesse fatto oscillare la Esket provocando la caduta di quegli oggetti sul pavimento. Come questo poteva esser successo però nessuno sapeva dirlo.

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