Leigh Brackett - La città proibita

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La città proibita: краткое содержание, описание и аннотация

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La storia di Len Colter e di suo cugino Esaù, può essere la storia dei nostri nipoti. Len Colter viveva in un piccolo paese rurale degli Stati Uniti, dove per legge, dopo la distruzione, era stata proibita la costruzione di città e la diffusione del sapere nelle sue forme piú avanzate. Due generazíoní prima era caduta sulle loro città la grande Distruzione, provocata dalla conoscenza scientifica dei segreti della natura. Lo spaventoso flagello era stato interpretato dalle coscienze terrorizzate come il castigo di Dio per l’orgoglio e i peccati dell’uomo. I due giovani, spinti dal desiderio delle «cose vecchie», delle quali sentivano parlare con nostalgia dai nonni: le automobili, gli aeroplani, le case con ogni comfort, le città in una fantasmagoria di luci, e ossessionati dai discorsi sentiti di nascosto sulla esistenza di una città sopravvissuta, si mettono su di un sentiero aspro e difficile. Incontreranno l’amicizia, e la delusione, l’amore e la morte, la fame e la sete, la lotta contro le intemperie e contro la propria coscienza: ma andranno alla ricerca della città del loro sogno. Len, dal carattere piú complesso, sostiene la lotta píú aspra ed è salvato piú volte, non solo materialmente dall’amicizia di Hostetter, il mercante, che rappresenta il legame ideale tra il mondo lasciato da Len e il mondo nuovo. E sarà Hostetter che ricondurrà Len di fronte alla realtà e lo costringerà a una decisione.

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Hostetter disse:

«Avevo detto a entrambi che ci sarebbero state delle cose spiacevoli, per voi. Cose che si scontrano con gli insegnamenti che avete ricevuto… quegli insegnamenti che pensavate di rinnegare, ma che hanno lasciato una traccia dentro di voi.»

«Ma voi non ne avete paura,» disse Esaù. Era stato intento a riflettere, camminando pesantemente sulla strada ciottolosa. Sopra di loro, il pendio orientale offriva la consueta visione della miniera, e davanti a loro il villaggio di Fall Creek sonnecchiava tranquillamente sotto il sole al tramonto, e quel villaggio sarebbe stato molto, molto simile a Piper’s Run, se non ci fosse stato un diavolo incatenato nelle montagne. «Voi siete andato là, avete toccato il muro con le vostre mani.»

«Sono nato e cresciuto qui. L’idea è stata con me fin dai primi tempi,» disse Hostetter. «Nessuno mi ha mai insegnato che si trattava di una cosa malvagia o proibita, o che Dio l’aveva maledetta, ed è questa la differenza. È per questo motivo che non accettiamo stranieri tra noi, se non in casi rarissimi. Il condizionamento è completamente sbagliato.»

«Non mi preoccupo delle maledizioni, io,» disse Esaù. «Mi preoccupo di sapere se quella… energia atomica… potrà farmi del male.»

«No, a meno che tu non riesca a entrare là, oltre i ripari.»

«Non mi può bruciare.»

«No.»

«E non può esplodere.»

«No. L’impianto a vapore potrebbe esplodere, ma non il reattore.»

«Be’, in questo caso…» disse Esaù, e continuò a camminare in silenzio, immerso nei suoi pensieri. Poi i suoi occhi s’illuminarono, ed egli si mise a ridere, e disse, «Mi piacerebbe sapere che cosa penserebbero quei vecchi stupidi di Piper’s Run, il vecchio Harkness, e Clute, e gli altri! Volevano frustarci pubblicamente solo perché avevamo una radio, e adesso abbiamo questo… un reattore atomico! Gesù. Scommetto che ci ammazzerebbero, Len.»

«No,» disse Hostetter, malinconicamente. « Loro non lo farebbero. Ma finireste ugualmente come Soames, sotto un mucchio di pietre.»

«Be’, non ho nessuna intenzione di offrire loro la possibilità di farlo. Gesù! L’energia atomica, quella vera, l’energia più grande del mondo!» Le sue dita si aprirono e chiusero, e i suoi occhi brillarono di eccitazione e cupidigia, e domandò di nuovo, lentamente, «Siete sicuro che non ci siano pericoli?»

«Non ci sono pericoli,» disse Hostetter, con una nota d’impazienza nella voce. «Abbiamo quel reattore da cento anni, e non ha ancora fatto del male a nessuno.»

«Suppongo,» disse Len, lentamente, alzando il capo per affrontare il vento freddo, il vento del tramonto, nella speranza che quell’aria soffiasse via un poco delle tenebre e del terrore del suo spirito. «Suppongo che non abbiamo nessun diritto di lamentarci.»

«Non l’avete certo.»

«E suppongo anche che il governo sapesse cosa stava facendo, quando costruì Bartorstown.»

Anche loro avevano paura , bisbigliava il vento freddo, Avevano un potere troppo grande per loro, e avevano paura, e avevano ragione d’averla.

«Lo sapeva, certo,» disse Hostetter, che non udiva le parole del vento.

«Gesù,» disse Esaù, «Pensate cosa sarebbe successo, se avessero trovato il sistema di fermare la bomba.»

«Ci ho pensato,» disse Hostetter. «Tutti noi ci abbiamo pensato. Penso che ogni abitante di Bartorstown abbia un enorme complesso di colpa, per averci pensato troppo. Ma non c’era tempo. Semplicemente, non c’era tempo.»

Tempo? O qualche altra ragione?

«Quanto tempo ci vorrà?» domandò Len. «Mi sembra che, in quasi cento anni, avrebbero dovuto trovare qualcosa.»

«Mio Dio,» disse Hostetter, «Lo sai, tu, quanto tempo ci è voluto per scoprire l’energia atomica? Fu un greco di nome Democrito ad avere la prima idea dell’atomo, diversi secoli prima di Cristo, puoi fare il conto tu stesso.»

«Ma adesso non ci vorrà tanto tempo!» esclamò Esaù. «Sherman ha detto che con quella macchina…»

«No, non ci vorrà altrettanto tempo.»

«Quanto, però? Altri cento anni?»

«Come faccio a saperlo?» domandò Hostetter, irato. «Altri cento anni, o un altro anno soltanto. Come faccio a saperlo?»

«Ma con quella macchina…»

«È solo una macchina, non è Dio Onnipotente! Non può tirar fuori una risposta dall’aria, solo perché noi la vogliamo.»

«A proposito di quella macchina,» disse Esaù, e i suoi occhi erano di nuovo ardenti di entusiasmo. «Mi piacerebbe vederla in funzione. È davvero capace di…» Esitò, e poi pronunciò l’incredibile parola, «…di pensare?»

«No,» disse Hostetter. «Non come tu lo intendi. Fattelo spiegare da Erdmann, un giorno o l’altro…» Improvvisamente, si rivolse a Len, e disse, «Tu pensi che soltanto Dio abbia il diritto di costruire dei cervelli.»

Len arrossì, ricordando come Sherman lo aveva chiamato, contadinello con la coscienza pigolante, e arrossì ancora di più pensando che lui si sentiva tale, di fronte a quegli uomini che sapevano tanto più di lui, eppure non poteva mentire a Hostetter, lui aveva capito che i suoi pensieri erano stati quelli.

«Penso che prima o poi mi ci abituerò.»

Esaù sbuffò.

«È sempre stato pieno di dubbi, ha sempre impiegato un’eternità per prendere una decisione.»

«Be’, maledizione, Esaù.» esclamò Len, provando un palpito d’ira che per un momento allentò la cappa nera del dubbio. «Se non fosse stato per me, saresti ancora a spalare letame nel fienile di tuo padre!»

«Va bene,» disse Esaù, fissandolo con risentimento, «Ricordalo anche tu. Ricorda di chi è stata la colpa, e non andare in giro a piagnucolare come un bambino!»

«Non sto piagnucolando!»

«Sì, invece. E se ti preoccupi, se hai paura di peccare, avresti dovuto obbedire prima a tuo padre, e restartene a casa, a Piper’s Run.»

«Qui non puoi dargli torto,» s’interpose Hostetter, in tono blando.

Len borbottò qualcosa d’inintelligibile, prendendo a calci i sassolini della strada polverosa.

«E va bene. Mi ha spaventato. Ma anche lui si è spaventato, e non sono stato io a voltarmi e a scappare.»

Esaù disse:

«Sarei scappato anche davanti a un orso, fino a quando non avessi saputo che non mi avrebbe assalito o ucciso. Ora non sto scappando. Ascolta, Len, questa è una cosa importante. In quale altro punto del mondo potresti trovare una cosa altrettanto importante?» Gonfiò il petto, e sollevò il capo, come se si sentisse già rivestito di quell’importanza, come da uno splendido, colorato mantello. «Io voglio sapere molte altre cose su quella macchina.»

«Importante,» ripeté Len. «Sì, è importante.»

È vero. Non c’è alcun dubbio, su questo. Oh, Dio, tu fai quelli come mio fratello James, che non fa mai domande, e fai quelli come Esaù, che non crede mai, e perché devi fare i tipi intermedi come me?

Ma Esaù ha ragione. È troppo tardi, adesso, per preoccuparsi dei peccati. Papà ha sempre detto che le vie del trasgressore sono dure, e penso che questo faccia parte delle asperità di questa via.

E così sia, allora.

Lasciarono Esaù alla casa di Sherman, per andare a prendere sua moglie, e Len e Hostetter proseguirono insieme verso la casa di Wepplo. Il rapido, limpido crepuscolo di quei luoghi stava calando, e le strade erano deserte, ed erano piene dell’odore di fumo e di cibo. Quando giunsero davanti alla casa di Wepplo, Hostetter si fermò, e si voltò per parlare a Len con uno strano tono quieto che non aveva mai usato prima.

«C’è qualcosa che devi ricordare, nello stesso modo in cui ricordavi la folla che ha ucciso Soames, e Burdette e i suoi contadini, e i Nuovi Ismaeliti. Si tratta di questo… anche noi siamo fanatici, Len. Dobbiamo esserlo, altrimenti ce ne saremmo andati a vivere altrove la nostra vita, lasciando che tutta questa faccenda andasse in malora. Anche noi abbiano un credo. Non urtarlo, non immischiarti, perché se lo facessi neppure io sarei più in grado di salvarti.»

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