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Leigh Brackett: La città proibita

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Leigh Brackett La città proibita

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La storia di Len Colter e di suo cugino Esaù, può essere la storia dei nostri nipoti. Len Colter viveva in un piccolo paese rurale degli Stati Uniti, dove per legge, dopo la distruzione, era stata proibita la costruzione di città e la diffusione del sapere nelle sue forme piú avanzate. Due generazíoní prima era caduta sulle loro città la grande Distruzione, provocata dalla conoscenza scientifica dei segreti della natura. Lo spaventoso flagello era stato interpretato dalle coscienze terrorizzate come il castigo di Dio per l’orgoglio e i peccati dell’uomo. I due giovani, spinti dal desiderio delle «cose vecchie», delle quali sentivano parlare con nostalgia dai nonni: le automobili, gli aeroplani, le case con ogni comfort, le città in una fantasmagoria di luci, e ossessionati dai discorsi sentiti di nascosto sulla esistenza di una città sopravvissuta, si mettono su di un sentiero aspro e difficile. Incontreranno l’amicizia, e la delusione, l’amore e la morte, la fame e la sete, la lotta contro le intemperie e contro la propria coscienza: ma andranno alla ricerca della città del loro sogno. Len, dal carattere piú complesso, sostiene la lotta píú aspra ed è salvato piú volte, non solo materialmente dall’amicizia di Hostetter, il mercante, che rappresenta il legame ideale tra il mondo lasciato da Len e il mondo nuovo. E sarà Hostetter che ricondurrà Len di fronte alla realtà e lo costringerà a una decisione.

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Un gemito e un ondeggiamento parvero attraversare la folla che sedeva sul terreno. Len impugnò saldamente due raggi delle ruote, e infilò la testa tra di essi, sporgendosi.

Il predicatore balzò fino all’orlo del carro. Il vento notturno agitava la sua lunga barba, e i lunghissimi capelli neri, e dietro di lui il fuoco bruciava e generava fumo e scintille, e anche gli occhi del predicatore parevano ardere dello stesso fuoco, enormi e neri. Egli tese avanti il braccio, puntandolo contro la folla, e disse, in uno strano, aspro bisbiglio che aveva la forza e l’intensità di un grido:

« Essi dimenticarono Dio!»

Di nuovo, l’ondeggiamento e il mugolio, un suono cupo, profondo, lamentoso. Questa volta il mugolio fu più forte, l’ondeggiamento più pronunciato. Il cuore di Len aveva cominciato a battere precipitosamente.

«Sì, fratelli! Essi dimenticarono. Ma Dio dimentica? No, io vi dico. Egli non dimentica! Egli li vedeva. Egli osservava le loro iniquità. Egli vedeva che il Diavolo si era impadronito di loro, e vedeva che essi ne erano contenti… sì, amici miei, essi amavano il vecchio Satana, il Traditore, e non volevano lasciare le sue vie per le vie del Signore. E perché? Perché le vie di Satana erano più facili e più comode, e c’era sempre un nuovo vizio, c’era sempre un nuovo piacere ad attenderli dietro l’angolo del sentiero che conduceva in basso…»

Len si accorse che Esaù, rannicchiato al suo fianco nella polvere, stava fissando il predicatore con gli occhi scintillanti, e la bocca spalancata. Anche il battito del cuore di Len si fece più tumultuoso. La voce del predicatore aveva l’effetto di una sferzata, una sferzata che agiva su nervi che lui non aveva mai saputo di avere. A un certo punto, dimenticò completamente la presenza di Esaù. Rimase aggrappato ai raggi delle ruote, e pensò, avidamente, «Va’ avanti, va’ avanti!»

«E così che cosa fece Iddio, quando Egli vide che i Suoi figli si erano allontanati da Lui? Voi sapete che cosa Egli fece, fratelli miei! Voi lo sapete!»

Il lamento e l’ondeggiamento, e il lamento diventò un cupo, basso, minaccioso ululato.

«Egli disse: "Essi hanno peccato! Hanno peccato contro le Mie leggi, e contro i Miei profeti, che li misero in guardia, già nell’antica Gerusalemme, dalle facili lusinghe dell’Egitto e di Babilonia! E si sono esaltati nel loro orgoglio. Si sono arrampicati fino ai cieli che sono il Mio trono, e hanno squarciato la terra che è lo sgabello dei Miei piedi, e hanno liberato il sacro fuoco che sta nel cuore stesso delle cose, e che Io soltanto, il Signore Geova, posso toccare!" E Dio disse ancora, "Malgrado tutte le loro nequizie, io sono un Dio pietoso, lento all’ira ed eterno nell’amore. Che essi si purifichino, dunque, dei loro peccati!"»

L’ululato si fece più alto, e per tutto il vasto campo aperto ci fu un tendere di braccia e un movimento di teste.

«"Che si purifichino dei loro peccati!"» gridò il predicatore. Il suo corpo era teso come la corda d’un arco, vibrante, e le scintille formavano come un’aureola, dietro di lui. «Dio parlò, ed essi furono mondati da ogni nequizia, fratelli! Con i loro stessi peccati vennero castigati. Vennero arsi col fuoco che essi avevano creato, sì, e le loro torri superbe svanirono nel grande fuoco della collera di Dio! E col fuoco e la fame e la sete e il terrore vennero scacciati dalle loro città, dai luoghi di nequizia e di lussuria, i nostri stessi padri, e i padri dei nostri padri, che avevano peccato, e i luoghi d’iniquità vennero distrutti, come fu per Sodoma e Gomorra».

In qualche parte della folla una donna gridò e cadde all’indietro, battendo la testa sul terreno. Len non se ne accorse neppure.

La voce del predicatore calò di nuovo in quel bisbiglio intenso e potente più di cento grida.

«E così noi venimmo risparmiati, per misericordia di Dio, perché potessimo trovare la sua via, e seguirla».

«Alleluia!» gridò la folla. «Alleluia!»

Il predicatore sollevò le mani. La folla si calmò. Len trattenne il respiro, in attesa. I suoi occhi fissavano i neri occhi ardenti dell’uomo sul carro. Li vide socchiudersi, come gli occhi di un gatto quando sta per balzare sulla preda, solo che quegli occhi non erano del colore giusto.

«Ma,» disse il predicatore. «Satana è ancora con noi».

Le file della folla si spinsero avanti, con un gemito ferale, e vennero tenute a freno, completamente soggiogate, dalle mani del predicatore.

«Lui vuole riprenderci. Sì, il Diavolo ricorda bene com’era quando aveva tutte quelle donne dolci e belle a servirlo, e tutti gli uomini ricchi e molli, e le città tutte risplendenti di luci, come suoi altari! Lui ricorda, e rivuole tutte queste cose! Così egli ci invia i suoi emissari… oh, fratelli miei, non sapreste mai distinguerli dalla brava gente timorata di Dio, con i loro modi suadenti e i loro abiti semplici e severi! Ma essi si aggirano in segreto facendo proseliti, insidiando con la tentazione i nostri ragazzi e i nostri giovani, facendo dondolare davanti ai loro occhi ingenui il frutto proibito del serpente, e sulla fronte di ognuno di essi c’è il marchio della bestia… il marchio di Bartorstown!»

Len trasalì, e tese ancor più le orecchie, nell’udire quel nome. In passato, aveva sentito il nome di Bartorstown solo una volta, dalla voce della nonna, e lo ricordava bene, per la durezza con cui papà le aveva imposto di tacere. La folla ululò, e alcuni balzarono in piedi. Esaù si fece più vicino a Len, vibrante di eccitazione:

«Non è grandioso?» bisbigliò. «Non è grandioso?»

Il predicatore si guardò intorno. Questa volta non calmò la folla, lasciò che tutti si calmassero da soli, per l’ansia di ascoltare ciò che egli aveva ancora da dire. E in quel momento Len avvertì la presenza di qualcosa di nuovo nell’aria. Non capì che cosa fosse, ma si trattava di qualcosa di eccitante, tanto eccitante da riempirlo del desiderio di balzare in piedi e urlare e saltare su e giù, e nello stesso tempo si trattava di una cosa che lo riempiva d’incertezza, d’inquietudine. Era una cosa che la folla e il predicatore comprendevano, una muta corrente d’intesa tra loro…

«Ora,» disse l’uomo in piedi sul carro, con calma, «Ci sono alcune sette, tutta gente timorata di Dio… non dico che non tentino di esserlo… che pensano che basti dire a uno di questi emissari di Satana: "Vattene, abbandona la nostra comunità, e non ritornare mai più". Ora, forse, costoro non si rendono conto che ciò che dicono, in verità, è, "Va’ a corrompere qualcun altro, noi vogliamo mantenere la nostra casa pulita"». Un secco, improvviso movimento delle sue mani soffocò un grido della folla, come se egli avesse messo un tappo nella bocca di tutti. «No, amici miei. Questo non è il nostro metodo. Noi pensiamo ai nostri vicini come pensiamo a noi stessi. Noi onoriamo la legge del governo che dice che non ci dovranno essere più città. E noi onoriamo soprattutto la Parola di Dio, che dice che se il nostro occhio destro ci è motivo di scandalo, dobbiamo cavarcelo e gettarlo, e che se la nostra mano destra ci è motivo di scandalo, noi dobbiamo tagliarcela, e che il giusto non avrà parte alcuna con gli operatori d’iniquità, no, neppure se costoro fossero i nostri fratelli, o i nostri padri, o perfino i nostri figli!»

Venne allora dalla folla un suono che infiammò Len, gli schiuse la gola, e gli riempì di bruciore gli occhi. Qualcuno gettò della nuova legna sul falò. Il fuoco sprizzò altissimo rugghiando in un torrente di scintille e in un bagliore giallo di fiamma, e ora c’era della gente che si rotolava per terra, uomini e donne, artigliando la terra con le dita e urlando. I loro occhi erano tutti bianchi, e non era affatto una cosa buffa. E sopra la folla e la luce del fuoco si levò la voce del predicatore, un ululato acuto e potente, come il grido di un grande animale nella notte.

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