Leigh Brackett - La città proibita

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La città proibita: краткое содержание, описание и аннотация

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La storia di Len Colter e di suo cugino Esaù, può essere la storia dei nostri nipoti. Len Colter viveva in un piccolo paese rurale degli Stati Uniti, dove per legge, dopo la distruzione, era stata proibita la costruzione di città e la diffusione del sapere nelle sue forme piú avanzate. Due generazíoní prima era caduta sulle loro città la grande Distruzione, provocata dalla conoscenza scientifica dei segreti della natura. Lo spaventoso flagello era stato interpretato dalle coscienze terrorizzate come il castigo di Dio per l’orgoglio e i peccati dell’uomo. I due giovani, spinti dal desiderio delle «cose vecchie», delle quali sentivano parlare con nostalgia dai nonni: le automobili, gli aeroplani, le case con ogni comfort, le città in una fantasmagoria di luci, e ossessionati dai discorsi sentiti di nascosto sulla esistenza di una città sopravvissuta, si mettono su di un sentiero aspro e difficile. Incontreranno l’amicizia, e la delusione, l’amore e la morte, la fame e la sete, la lotta contro le intemperie e contro la propria coscienza: ma andranno alla ricerca della città del loro sogno. Len, dal carattere piú complesso, sostiene la lotta píú aspra ed è salvato piú volte, non solo materialmente dall’amicizia di Hostetter, il mercante, che rappresenta il legame ideale tra il mondo lasciato da Len e il mondo nuovo. E sarà Hostetter che ricondurrà Len di fronte alla realtà e lo costringerà a una decisione.

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C’era buio, e silenzio, e solitudine, là tra gli alberi. Len pensò, Sarà così per molto, molto tempo, e dovrò abituarmi. Quando egli raggiunse la punta tra i due fiumi, sedette al solito posto, sul vecchio tronco rugoso sul quale era stato seduto tante volte, e ascoltò il concerto notturno delle rane e lo scorrere tranquillo del Pymatuning tra le rive. Il mondo sapeva d’immensità, e c’era freddo nella sua schiena, come se qualche corazza protettiva fosse stata sfilata d’un tratto dal suo corpo. Si chiese se Esaù sarebbe venuto.

L’oriente impallidiva di luna, ora, e il chiarore era più intenso a sud-est, un grigiore furtivo che lentamente si mutava in argento. Len aspettò. Non sarebbe venuto, pensava, aveva troppa paura, e lui avrebbe dovuto fare tutto da solo, quel buio e quella solitudine sarebbero stati solo per lui. Si alzò in piedi, tendendo l’orecchio, osservando il primo, minuscolo lembo di luna biancheggiare dietro gli alberi e la collina. E una voce furtiva, dentro di lui, diceva, Puoi ancora alzarti e correre a casa, e salire dalla finestra, e nessuno lo saprà mai. Si tenne stretto al vecchio ramo di un albero, per impedire al suo corpo di andarsene.

Ci fu un improvviso fruscio, e uno scalpiccio nell’oscurità degli alberi, ed Esaù apparve.

Si scrutarono l’un l’altro per un momento, come due gufi, e poi si presero per le mani, e si misero a ridere.

«Una fustigazione pubblica,» disse Esaù, un po’ ansante. «Una fustigazione pubblica, all’inferno. Vadano tutti all’inferno».

«Seguiremo il corso del fiume,» disse Len. «Fino a quando non troveremo una barca».

«E quando l’avremo trovata che faremo?»

«Continueremo. I fiumi incontrano altri fiumi. Ho visto la mappa, nel libro di storia. Se si percorre una distanza sufficiente, si arriva nell’Ohio, che è il fiume più grande che ci sia nei dintorni».

Esaù disse, ostinato:

«Ma perché l’Ohio? È a sud, e tutti sanno che Bartorstown si trova a ovest».

«A ovest, ma dove? L’ovest è un posto maledettamente grande. Ascolta, non ricordi le voci che abbiamo udito? La roba era sul fiume, pronta da caricare, non appena… non appena fosse accaduto qualcosa. Erano degli uomini di Bartorstown che parlavano tra loro, di cose che dovevano andare a Bartorstown. E l’Ohio scorre verso ovest. È la via principale. Dopo ci sono altri fiumi. E le barche devono andarci. Ed è per questo che anche noi andiamo da quella parte».

Esaù rifletté per qualche istante, e poi disse:

«Be’, d’accordo. In ogni caso, è un modo per cominciare. Inoltre, chissà? Continuo a pensare che avevamo ragione, su Hostetter, anche se lui ha mentito a quel proposito. Può darsi che lui informi gli altri, forse parleranno di noi attraverso le loro radio, diranno che siamo fuggiti da casa per trovarli. Forse ci aiuteranno, anche quando potranno farlo senza correre rischi. Chissà?»

«Sì,» disse Len. «Chissà?»

S’incamminarono insieme lungo la riva del Pymatuning, diretti a sud. La luna saliva nel cielo, dando loro la luce. L’acqua era un gorgogliare sommesso tra le rive, e le rane cantavano la loro monotona canzone, e nella mente di Len Colter il nome di Bartorstown suonava come il rintocco di una grande campana.

Libro Secondo

8.

Le scarse acque brune del Pymatuning si gettano nel Shenango, che va ad ingrossare il Mahoning, e i due fiumi, insieme, formano il Beaver. Il Beaver va a ingrossare le acque dell’Ohio, che scorre maestosamente verso ovest, per contribuire a rendere più possente il Padre delle Acque.

Anche il tempo scorre, come i fiumi. Piccole unità si raggruppano in grandi unità, i minuti in mesi e i mesi in anni. I ragazzi diventano uomini, e le pietre miliari di una lunga ricerca si moltiplicano e vengo lasciate indietro. Ma la leggenda rimane leggenda, e il sogno sogno, scintillante, sempre più debole, sempre più lontano verso il tramonto.

C’era una città chiamata Refuge, e c’era una ragazza dai capelli biondi; ed erano reali.

Refuge non era affatto simile a Piper’s Run. Era più grande, tanto più grande che i suoi confini premevano già contro i limiti imposti dalla legge, ma le dimensioni non costituivano l’unica differenza. Era una questione di mentalità. Len ed Esaù avevano notato la stessa mentalità in certi altri posti, durante il loro viaggio lungo le valli fluviali, in particolare nei luoghi dove, come a Refuge, le strade di terra e le vie d’acqua si incrociavano. Piper’s Run viveva e respirava con il ritmo lento e calmo delle stagioni, e anche i pensieri di coloro che vi abitavano erano calmi. Refuge ribolliva di attività e di vita. La gente si muoveva più in fretta, e pensava più in fretta, e parlava più forte, e le strade erano rumorose di notte, con un passare continuo di carrozze e carri e le voci degli scaricatori che risuonavano intorno ai moli.

Refuge sorgeva sulla riva settentrionale dell’Ohio. Il suo nome era venuto dal fatto che gli abitanti di una città più lontana lungo il fiume vi avevano trovato rifugio all’epoca della Distruzione. Ora era il punto d’incontro di due grandi rotte commerciali, che si stendeva fino ai Grandi Laghi, e i carri rombavano di giorno e di notte quando le strade erano praticabili, portando a sud balle di pelli, e ferro, e panni di lana, farina e formaggio. Da oriente e da occidente, lungo il fiume, scorreva dell’altro traffico, portando altre cose, rame e cuoio, sego e carne salata dalle grandi pianure, carbone e rottami metallici dalla Pennsylvania, pesce salato dall’Atlantico, barili di chiodi, fucili pregiati, carta. Il traffico fluviale si muoveva anch’esso continuamente, dalla primavera ai primi mesi d’inverno, barconi piatti, lance e rimorchiatori trascinavano lunghe file di chiatte cariche, sbuffando allegramente dai fumaioli, con un gran rumore dei motori a vapore. Erano quelli i primi motori di qualsiasi tipo che Len ed Esaù avessero visto in vita loro, e inizialmente erano stati spaventati a morte dal rumore, ma ben presto si erano abituati a essi. Durante un inverno avevano lavorato in una piccola fonderia vicino alla foce del Beaver, preparando delle pentole a vapore, e pensando già di dare un contributo essenziale alla meccanizzazione del mondo. I Nuovi Mennoniti si accigliavano, disapprovando l’uso di ogni tipo di energia artificiale, ma gli uomini dei battelli fluviali appartenevano a sette differenti, e avevano differenti problemi. Dovevano risalire il corso del fiume con pesanti carichi, lottando contro la corrente, e se potevano mettere le briglie al vapore, usandolo in motori semplici e di facile fabbricazione, questo era un grosso aiuto, ed erano disposti anche ad aggirare certi problemi etici per riuscirci.

Sul lato del fiume che dava nel Kentucky, proprio di fronte, c’era un posto che si chiamava Shadwell. Shadwell era molto più piccolo di Refuge, e molto più recente, ma si stava ingrandendo così in fretta che anche Len ed Esaù poterono vedere la differenza, dopo appena un anno di soggiorno. Gli abitanti di Refuge non apprezzavano molto Shadwell, che era nato solo perché i mercanti avevano cominciato a salire dal sud con zucchero e cotone e tabacco, attirati dal commercio intenso e fruttuoso che si svolgeva nei mercati di Refuge. Un paio di baracche provvisorie erano state erette dai mercanti, e poi un molo era sorto sulla riva del fiume, e due case di transito erano state frettolosamente costruite tra le baracche e il molo, e un grande capannone per depositare le merci… e così, prima che qualcuno avesse potuto rendersene conto, era diventato un villaggio, con magazzini e case e depositi, e un nome proprio, e una popolazione in costante aumento. E Refuge, che era già ai limiti di popolazione e di sviluppo permessi dalla legge, era rimasto a osservare acidamente tutto il commercio in sovrappiù, quello che per mancanza di strutture non poteva affrontare, incanalarsi nei mercati di Shadwell.

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