Hal Clement - Strisciava sulla sabbia
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«Qui c’è parecchio, ma forse è un po’ troppo tecnico. Puoi prenderlo, se vuoi. Ne avevo un altro migliore, più comprensibile, ma l’ho già prestato.»
«Ah, sì? Chi ve l’ha chiesto?»
«Uno dei tuoi amici, Norman Hay. Ultimamente ha cominciato a interessarsi di biologia. Forse sai anche tu che ha tentato di andare al Museo di Storia Naturale di Papeete. Non so se è attirato dalla professione di medico e dal laboratorio di Rance. Ormai sono alcuni mesi che ha il libro. Se riesci a fartelo dare, tienilo pure.»
«Grazie, dottore. Glielo chiederò. Ma adesso mi potete dire qualcosa degli esperimenti che hanno fatto gli studiosi?»
«Si è trattato per lo più di esami chimici. Sai che cos’è un siero?»
«Sì, mi pare. Non è quello che voi adoperate per immunizzare da una malattia?»
«Questo è l’uso più conosciuto. Ma io definirei i sieri una specie di impronte digitali chimiche. Se, ad esempio, abitui un animale al siero umano, dalla reazione tra il siero animale e una data sostanza sconosciuta puoi accertare se essa contiene o no tessuti umani. I particolari degli esperimenti variano, naturalmente ma con l’applicazione del siero si può determinare se una macchia di sangue o di altre sostanze organiche proviene da un uomo o da un animale diverso.»
«Il libro che mi avete dato parla di questi esperimenti?» s’informò il ragazzo.
«No. Se vuoi qualcosa sull’argomento posso darti un altro volume, però ti avverto che sarà difficile per te da capire, perché è un manuale di chimica in uso nelle Università. Ma mi vuoi spiegare questo tuo interesse? Stai decidendo la tua carriera?»
«Come? Oh, certo, penso anche a quello, ma non farò il vostro mestiere, dottore. Questa è una mia curiosità. Voglio cercare di capire una cosa da solo. Se non ci riesco tornerò da voi. Grazie, dottore.»
Il dottor Seever tornò a immergersi nel suo lavoro, e il ragazzo se ne andò. Più tardi, quello stesso pomeriggio, il medico disse al padre di Robert: «Se fossi in voi non mi preoccuperei affatto per il ragazzo, Art. Robert è soltanto preso dalla smania di risolvere un problema scientifico che ha stuzzicato la sua curiosità. Il giovane Hay ha fatto lo stesso qualche mese fa. Probabilmente vostro figlio ha in mente di sfidare il mondo!»
Bob non aveva nessuna intenzione di sfidare il mondo, né su vasta né su piccola scala. Appena lasciato il dottor Seever, si consigliò con il Cacciatore.
«Non ci servirebbe quel trucco del siero?»
Ne dubito. Conosco la tecnica per quegli esami, e so che il tuo siero sanguineo potrebbe andar bene, ma c’è un particolare: non sappiamo ancora su chi usarlo, e quando lo sapremo sarà molto più rapida una mia esplorazione personale.
«Forse hai ragione. Però se tu fossi in condizioni di lasciare il mio corpo, potrei fare io stesso l’esperimento.»
Questo è vero. Ricordiamoci quindi che abbiamo questa possibilità. Ma, a proposito, sai qualcosa di Teroa? Quando partirà?
«Il mercantile arriva ogni otto giorni, perciò sarà qui tra una settimana. Penso che Charles partirà con quello. Prima è impossibile. Non credo che ci sia in giro la Beam. »
Che cos’è?
«Una nave di una Compagnia privata. Qualche volta fa servizio tra le isole e il continente. Ho preso quella quando sono partito da qui. Ma lasciami pensare… Dunque, doveva andare in bacino di carenaggio a Seattle, dopo quel viaggio, per far qualcosa al motore. Dev’essere ancora là. Immagino che adesso mi chiederai chi è partito con la Beam quando siamo partiti noi. La risposta è: nessuno è partito.»
Grazie per aver afferrato con tanta prontezza e aver risposto così rapidamente , disse il Cacciatore. Se avesse potuto avrebbe sorriso.
Bob non aveva orologio, ma a occhio e croce giudicò che mancasse poco alla fine delle lezioni, perciò si diresse alla scuola. Era un po’ presto, e il ragazzo aspettò lì davanti. L’attesa non fu lunga.
«Non cominciate a dirmi che sono fortunato perché non ero a scuola come voi!» disse subito, interpretando le espressioni degli amici che gli si affollarono intorno appena usciti. «Propongo di andare ad aggiustare la barca. Lunedì comincerò anch’io le lezioni, e vorrei divertirmi un po’ in questi giorni.»
«Fortuna ne hai portata, comunque» disse Hay. «Per settimane abbiamo cercato un’asse, e non l’abbiamo trovata finché non sei arrivato tu! Ragazzi, andiamo ad aggiustare il fondo finché dura la fortuna.» Un coro di approvazioni salutò la proposta, e tutti andarono a prendere le biciclette. Bob venne portato in canna da Malmstrom, perché era andato a piedi dal dottore. All’altezza di casa sua smontò per andare a prendere alcuni arnesi, poi, insieme all’amico, raggiunse il corso d’acqua e lì si fermarono ad aspettare gli altri che erano andati a loro volta a rifornirsi di attrezzi. Quando furono di nuovo riuniti, depositarono le biciclette, rimboccarono i pantaloni, tolsero le scarpe e imboccarono il sentiero che portava al punto dove c’era la barca. Il sentiero faceva praticamente parte del corso d’acqua, e i ragazzi non si erano mai preoccupati di costruire dei ponti.
Guazzando e saltando tra l’acqua e i cespugli, finalmente arrivarono a posare il loro carico di attrezzi nel punto in cui il piccolo canale finiva nella baia. Lì c’era la barca in secca, e accanto alla barca la grossa tavola di legno.
I ragazzi tirarono un respiro di sollievo. Nessun pericolo che qualcuno si prendesse la barca, soprattutto in quelle condizioni, ma per il legname era un’altra faccenda. Il fondo dell’imbarcazione era veramente conciato male: c’era un bel buco, largo una decina di centimetri e lungo almeno sessanta.
I ragazzi non erano carpentieri, ma, rivoltata la barca, tolsero la striscia di legno rovinata a tempo di primato.
Sostituire l’asse fu più complicato. Il primo tentativo diede vita a una striscia troppo stretta e irregolare, per la loro incapacità di segare diritto dove c’erano i nodi del legno. La seconda striscia risultò troppo larga, ma finalmente, dopo una bella faticata, ottennero le dimensioni volute.
L’opera di sostituzione, con l’aiuto di qualche tassello ricavato dalle schegge, riuscì in modo soddisfacente.
Subito spinsero la barca in acqua, recuperando i remi nascosti fra i cespugli, e saltarono nell’imbarcazione. Pensarono per un attimo di aspettare un po’ perché la nuova tavola si gonfiasse e fosse possibile controllare che non imbarcasse troppa acqua, ma l’impazienza e il sapere di essere tutti eccellenti nuotatori giocò in favore di una partenza immediata. Effettivamente acqua ne entrava, ma in quantità tale da poter essere tolta facilmente con le apposite tazze. Se ne incaricarono i due più giovani, mentre Rice si metteva al timone e Bob e Kenneth Malmstrom remavano.
A un tratto, Bob si rese conto che mancava qualcuno: il cane che di solito li accompagnava, accucciandosi a poppa.
A ripensarci bene, non l’aveva visto affatto dopo il suo ritorno.
«Che fine ha fatto Tip?» chiese a Rice.
«È un mistero» rispose l’amico. «È scomparso parecchio tempo fa, prima di Natale. L’abbiamo cercato dappertutto… Forse ha tentato di raggiungere a nuoto l’isolotto dove Norman ha il suo serbatoio, ricordandosi di essere andato là qualche volta con noi, ed è stato preso da un pescecane. Però non ne sono molto convinto. Non si è mai visto un pescecane così vicino a riva! Comunque, è scomparso.»
«Che strano. L’avete cercato nella giungla?»
«Sì, per quanto non molto bene. Però l’abbiamo chiamato e se fosse stato là, vivo, ci avrebbe sentiti. Ma che cosa potrebbe averlo ucciso nella giungla?»
«Già» approvò Bob. «Serpenti non ce ne sono.» Poi cambiò discorso. «Cos’è la storia del serbatoio? Norman vuol fare concorrenza alla Compagnia dei Petroli?»
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